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Il via libera al decreto che autorizza il porto privato a Fiumicino preoccupa la Cgil Roma Centro Ovest Litoranea, soprattutto dopo il parere positivo firmato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Il sindacato sostiene che lo sviluppo di un territorio non può essere svincolato da due parametri “imprescindibili”: il rispetto delle norme e la sostenibilità ambientale. Le preoccupazioni principali sono dettate soprattutto dalla destinazione del porto a scalo crocieristico.
Alessandro Borgioni del settore Portuale e marittimi della Filt Roma e Lazio ci spiega i motivi per i quali il sindacato si sta occupando del progetto del porto, precisando che il sindacato non è contrario alla costruzione di infrastrutture, ma ritiene che lo si debba fare seguendo le regole e le procedure stabilite dalle norme in vigore. “Ci sono criticità e complessità, tra le quali quelle di carattere ambientale, paesaggistico, archeologico, affrontate con la valutazione di impatto ambientale che ha dato esito negativo, ma che potrebbe essere impugnata”.
“Come organizzazione sindacale – prosegue – siamo preoccupati della tenuta occupazionale che potrebbe esserci su Civitavecchia (a 67 km di distanza da Fiumicino), perché per noi i due porti sono in concorrenza. L’altro aspetto che ci interessa è il rispetto della normativa con cui si costruisce quello che è per definizione un porto commerciale. La legge 84/94 all’articolo 4 individua quelli che sono i porti commerciali e che per essere e costruiti, per essere infrastrutturali, per essere autorizzati, debbono quindi passare attraverso una procedura che sta all’interno dell’Autorità del sistema portuale a cui il lo Stato, il ministero dei Trasporti dà la gestione del demanio portuale.
Botta e risposta sulle norme
Borgioni ricorda che se si vuole fare un porto crocieristico, è necessario per legge presentare il progetto, aprire un procedimento, che deve essere valutato e messo a concorrenza: “In questo caso un porto commerciale, cioè una banchina crocieristica, è stato inserito all’interno di un progetto di porto turistico. Faccio un esempio banale, che può far capire meglio: io ho una baracca, butto giù la baracca, presento un progetto di nuova edilizia e poi ci metto un grattacielo. Più o meno è stato fatto così”.
Il porto turistico “fa riferimento a una normativa, un dpr, diversamente regolamentata ed è in capo ai Comuni e alle Regioni, diversamente dalla suddetta legge. In questo modo si esce dal controllo dell’Autorità portuale, che ha anche una sorta di pianificazione su indicazione del del ministero dei Trasporti, e si va a costruire un’anomalia nel sistema portuale”.
“A chi chiede come si possa procedere senza applicare la legge 84/94 – dice il sindacalista – i proponenti danno una risposta che noi abbiamo contestato anche con la lettera inviata al ministero. Sostengono infatti che il dpr afferma che si possono costruire infrastrutture che integralmente o precipuamente servono di supporto al progetto principale, quindi il porto turistico”.
Turismo e pesca a rischio
Tornando agli aspetti economici, vi sono rilievi secondo i quali il crocierismo è di ostacolo al turismo: “Quando arriva una nave – chiarisce Borgioni –, si paralizza tutta la zona circostante, dai movimenti a terra alle barche che devono uscire in mare. Inoltre il porto è collocato in una zona che è mal servita in termini di trasporti, quindi ci si chiede in che modo i turisti, che arrivano a 5000 per nave, possano giungere e partire per le operazioni di imbarco e sbarco”.
Dalla Flai Cgil l’allarme per le ripercussioni che il nuovo porto di Fiumicino avrà sul settore della pesca. “Quattro anni di attività per la realizzazione e il futuro traffico marittimo che ne deriverebbe – scrive la federazione – impatterà notevolmente sui pescatori soprattutto per la piccola pesca artigianale che solitamente pesca sottocosta e sulla possibilità di futuri allevamenti offshore. La pesca è un volano importante per il territorio sia sotto l’aspetto occupazionale e turistico che attualmente vive una enorme crisi”.
I danni ambientali: dragaggi di sabbia grandi due volte il Colosseo
Per analizzare le criticità ambientali citate da Borgioni, partiamo dalla morfologia della costa di Fiumicino che, con gli anni, ha visto la terra, la sabbia, mangiarsi il mare e non il contrario, come invece capita in buona parte del litorale. Ne sono dimostrazione i cosiddetti ‘bilancioni’, quelli che si vedono nella nostra copertina e che servono alla pesca: sino a pochi anni fa erano posizionati in acqua, ma ora si sono ritrovati a 20-30 metri dal mare, sulla sabbia.
La sabbia che avanza ha fatto sì che il fondale di Fiumicino si sia alzato, con una profondità ridotta a 4/5 metri, ma le gigantesche navi da crociera che si dovrebbero accostare necessitano di non meno di 12 metri. “Arriveranno tra le più grandi navi al mondo di decine di migliaia di tonnellate, quelle della Royal Caribbean, quindi ci sarà bisogno di fare dragaggi devastanti”, ci dice David Di Bianco, portavoce del comitato Tavoli del porto, una rete molto ampia di associazioni di tutto il litorale romano.
L’attivista ci parla di numeri da capogiro: “Oltre 3 milioni di metri cubi di sabbia, l'equivalente di due volte e mezzo il Colosseo, saranno asportate dai fondali di Fiumicino con l’effetto di una devastazione dell'ecosistema marino e alla foce del Tevere, un ambiente molto delicato che dovrebbe invece essere tutelato”. Proprio a causa della situazione alla foce del Tevere bisognerebbe poi compiere manutenzioni e dragaggi continui, un’operazione continua dagli altissimi costi e dalle elevate difficoltà.
L’antefatto
Di Bianco ripercorre rapidamente la genesi del caso e ci dice che “inizialmente per la realizzazione del porto compariva la società del gruppo Caltagirone, coinvolta poi in un’inchiesta giudiziaria che ha visto l’arresto di Francesco Bellavista Caltagirone proprio in relazione anche a questo progetto. Tutto si blocca. Nel 2018 però la vicenda si riapre in maniera abbastanza anomala: subentra un socio di minoranza di questa società, Invitalia, del ministero dell’Economia e delle Finanze, che coinvolge la Royal Caribbean.
Questa compagnia di crociere norvegese-statunitense fa sapere alla Regione Lazio di essere interessata, ma a patto che si cambi il progetto e si inserisca uno scalo per navi da crociera. Al tempo ero un collaboratore del sindaco per il Contratto di Fiume (Cdf), sono venuto a conoscenza di quanto stava accadendo e ho fatto scattare l’allarme”.
L’allarme
Il comitato nel lanciare l’allarme ha adottato per la sua campagna lo slogan “prigionieri dei porti”, perché “i danni che deriveranno dalla costruzione dello scalo saranno molteplici e, oltre a quelli già citati, c’è anche quello dell’inquinamento – afferma il portavoce –. Le navi da crociera, come le portacontainer, sono i manufatti che inquinano più di qualunque altra cosa. Usano olii combustibili di basso livello di raffinazione a elevate emissioni, motivo per il quale tutte le città portuali dove attraccano navi da crociera soffrono di un elevato inquinamento.
Esistono reti nazionali internazionali che si battono contro l’assenza di una vera regolamentazione dell'uso di questi carburanti. Le indagini epidemiologiche ci dicono che nelle città portuali c’è un’elevata incidenza di malattie respiratorie e cardiovascolari e di allergie che colpiscono i bambini. Non è un caso caso che molte delle grandi città portuali europee e mondiali stiano allontanando le navi da crociera. Inoltre a Fiumicino si aggiunge anche l’inquinamento degli aerei che decollano e atterrano all’aeroporto".
Di Bianco prosegue con un elenco di fattori che dovrebbero ostacolare il progetto: dall’enorme cementificazione sull’intera foce del Tevere alla costruzione di nuove strade in contrasto con il Piano paesaggistico territoriale, dalla necessità del nulla osta idraulico (Isola sacra, una delle aree coinvolte dal porto, è a rischio idraulico) ai rischi per la fauna, con la LiIpu che si mobilita per la sua oasi proprio tra Fiumicino e Ostia.
Parola d’ordine: sensibilizzare
Per portare avanti questa battaglia che non è un ‘no’ al porto, ma un ‘no’ alle navi da crociera, serve una massiccia mobilitazione della cittadinanza. Non sono mancati cortei e manifestazioni di piazza degli abitanti della zona e non solo. “Abbiamo fatto un lavoro comunicativo su più piani, allestimento di banchetti, volantinaggi, assemblee, manifestazioni, portando avanti anche un dialogo con le istituzioni. Quindi, rispetto a sette anni fa, c’è molta più consapevolezza dei problemi che non delle opportunità derivanti dal nuovo porto", ci dice il portavoce del Tavolo del porto.
Di Bianco ammette che “il grosso investimento messo sul piatto da un operatore internazionale può irretire perché dichiara di riqualificare il territorio e di dare nuova occupazione” ed è qui che sembra porsi il consueto dilemma tra protezione dell’ambiente e della salute e lavoro, ma che in realtà non sussiste: c’è sempre una terza via, proposta in questo caso sindacato e associazioni, che tutela il territorio e i cittadini da ogni punto di vista, economico e di sicurezza, ma che viene ostacolata in virtù della protezione dei grandi affari delle major e di chi le sostiene a ogni livello, con buona pace dell’ormai affossato New green deal.


























