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La guerra nella Striscia di Gaza sembra non conoscere stagione, ma con l’arrivo dell’inverno il conflitto assume una nuova forma. Dopo anni di bombardamenti, distruzioni e milioni di persone costrette a fuggire da case distrutte, ora la popolazione affronta tempeste violente, piogge torrenziali e gelo intenso che mettono a dura prova chi vive in tende o rifugi di fortuna. Le forti piogge della tempesta Byron hanno già provocato alluvioni nei campi profughi e nelle aree più vulnerabili, sommergendo centinaia di tende e costringendo le famiglie a lottare contro l’acqua gelida e il fango.
Le condizioni meteo estreme non colpiscono solo il paesaggio: purtroppo si contano vittime, tra cui bambini morti di ipotermia dopo essere rimasti esposti al freddo nelle tende allagate. L’assenza di ripari adeguati e l’insufficienza di materiali fondamentali come coperte, tende isolate e riscaldamento aggravano una situazione già drammatica. Secondo le Nazioni Unite, centinaia di migliaia di persone rischiano gravi conseguenze per la salute per l’esposizione prolungata a temperature sotto i dieci gradi e alle piogge incessanti.
Lo scorso venerdì, un neonato di 29 giorni è morto all'ospedale Nasser dopo due ore dal suo ricovero nel reparto pediatrico, supportato da Medici Senza Frontiere. Nonostante i tentativi di assisterlo, non è stato possibile salvarlo. Secondo il ministero della salute, è morto per ipotermia.
In questo scenario, anche ActionAid lancia un grido d’allarme: non si tratta più solo di sopravvivere alle bombe, ma di resistere alle intemperie con dignità. I blocchi ai valichi di frontiera e le restrizioni sugli aiuti umanitari significano che materiali per ripari sicuri arrivano con estrema lentezza o sono del tutto bloccati. Il risultato è che chi ha già perso tutto deve ora scavare canali per deviare l’acqua alla mano o avvolgere i propri figli in teli di plastica per proteggerli dal gelo.
Nonostante alcuni convogli umanitari stiano cercando di rispondere alla crisi – come quello recente dell’Egyptian Red Crescent con decine di migliaia di coperte e tende – la quantità di aiuti è ancora insufficiente rispetto alle necessità reali di oltre un milione e mezzo di persone sfollate. Ahram Online Organizzazioni come Save the Children sottolineano come l’accesso limitato ai valichi e alle forniture essenziali stia interrompendo gli sforzi per proteggere bambini e famiglie dal freddo più feroce.
Così l’inverno a Gaza non è solo una questione di clima. È un’altra frontiera della crisi umanitaria, un elemento che si somma alla fame, alla malnutrizione e alla distruzione, e che richiede risposte immediate e senza condizioni. Chi vive nei campi profughi non può aspettare: ogni giorno conta, ogni aiuto può salvare vite spazzate via dal gelo dopo che le bombe si sono fermate.





























