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Oltre 400 firme dal mondo della cultura e dello spettacolo per sostenere i cinque Sì ai referendum promossi dalla Cgil, per i quali si andrà a votare l’8 e il 9 giugno. Tra queste tanti volti noti, ma anche moltissimi artisti che quotidianamente lavorano sul palco, sui set, o portano il loro talento nei contesti più diversi. Sono proprio loro ad essersi fatti promotori, insieme alla Slc Cgil, dell’appello che ha girato l’Italia.
“Il nostro lavoro è fatto di splendore visibile e diritti invisibili. Per questo sentiamo nostro il disagio di tutti i lavoratori, visibili e invisibili” si legge nella lettera, che sottolinea come nella vicenda dei referendum sia in gioco il legame fra democrazia e lavoro. E per costruire questo ponte è indispensabile la forza propulsiva del mondo dell’arte e della cultura, che può e deve farsi megafono di un invito alla partecipazione attiva.
"È lo spirito stesso dei referendum ad essere fortemente legato alla situazione del mondo dello spettacolo – spiega Riccardo Saccone, segretario generale della Slc Cgil - e cioè riportare al centro un'idea di lavoro che sia dignitoso e meno precario. Dobbiamo partire dall'assunto che non tutti i lavori sono uguali e funzionano allo stesso modo. Ma ognuno deve essere tutelato e sicuro, per quelle che sono le condizioni specifiche in cui si svolge”.
Il segretario della Slc pone l’accento sul tema della flessibilità del lavoro nel mondo dello spettacolo come elemento peculiare di queste professionalità, che però non può significare assenza di regole. Porre dei limiti alla possibilità di instaurare contratti a tempo determinato, e alle condizioni per le proroghe, vuol dire fornire un argine a un fenomeno che nel mondo dello spettacolo e dell’audiovisivo è dilagante e senza regole. “Precarietà e discontinuità rendono la nostra vita e quella della maggior parte dei lavoratori sempre più difficile – prosegue l’appello - Ogni palco è un luogo di confronto e ogni lavoratore può trasformarsi in un cittadino che rivendica e conquista nuovi diritti”.
Da un lato la precarietà, l’assenza di ammortizzatori sociali efficaci (l’indennità di discontinuità sta mostrando tutte le sue lacune), il lavoro sommerso, le retribuzioni insufficienti. Dall’altra, l’assenza di tutele dal punto di vista della sicurezza: nello spettacolo e nel cinema si lavora quasi sempre con meccanismi di scatole cinesi, tra aziende in appalto e in subappalto. Diversi sono stati i casi morti sul lavoro perché precipitati da un’impalcatura durante il montaggio di un palco. Il caso di Matteo Armellini fu emblematico e, purtroppo, non l’unico. “Dall’essere flessibili a essere alla mercé di chiunque ce ne corre – osserva Saccone – e noi dobbiamo pretendere che i lavoratori di questo settore vengano tutelati”.
Ma c’è un altro tema che sta molto a cuore al sindacato che rappresenta i lavoratori della comunicazione, quello dell’informazione: “Che libertà può avere un giornalista totalmente precario – si chiede il segretario della Slc – se il suo posto è continuamente in bilico, se dipende dall’editore di turno?”. Qualità del lavoro e qualità dell’informazione sono due aspetti legati in maniera inscindibile. E la precarietà nel mondo dell’informazione, dunque, ci spiega in parte anche l’atteggiamento ostruzionista assunto dai media nei confronti dei referendum.
“La qualità di una democrazia, e il rapporto dei cittadini con gli strumenti della democrazia, si misura anche da come viene raccontato il paese. E da come funziona il servizio pubblico radiotelevisivo” commenta Saccone, in riferimento al presidio tenutosi davanti alla Rai nei giorni scorsi, per chiedere maggiore trasparenza e informazione sui referendum. “Penso che il paese abbia un’opportunità irripetibile con questa campagna referendaria – chiude Saccone – quella di riconnettersi con tutto il mondo del lavoro. E un paese che la perde, in cui le persone si allontanano dall’idea di partecipazione, non è un bel paese”.