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I salari restano al palo ma il carrello della spesa prende il volo. Lo dice l’Istat che per il mese di luglio conferma un tasso di inflazione stabile all’1,7 per cento, mentre registra una forte accelerazione dei prezzi nel settore alimentare: dal 4,2 al 5,1 per cento per i non lavorati e dal 2,7 al 3,1 per cento per i lavorati. Questi trascinano all’insù il tasso relativo al carrello della spesa, che cresce del 3,4 per cento (variazione tendenziale), mentre a fine giugno era al 3,1.
535 euro in più all’anno
L’osservatorio nazionale Federconsumatori ha fatto due conti e ha stimato ricadute per una famiglia media pari a 535,50 euro all’anno, di cui 190,40 solo per gli acquisti nel settore alimentare.
“Un dato che preoccupa doppiamente – scrive l’associazione consumatori in una nota -. Non solo perché registra una nuova spinta al rialzo dei prezzi, ma perché gli aumenti maggiori si registrano in settori vitali come l’alimentazione. Crescita che incide in maniera più pesante e spesso insostenibile sulle famiglie meno abbienti”.
Se si guardano i dati più nel dettaglio, si scopre che l’andamento vede aumentare la flessione su base annua dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da meno 4,2 a meno 5,8 per cento), ma crescere fortemente quelli regolamentati (da più 22,6 a più 16,7 per cento). E con l’estate sono in salita anche quelli dei servizi relativi ai trasporti che, come ogni anno in questo periodo, registrano incrementi non sempre giustificati: da 2,9 a 3,4 per cento.
Famiglie meno abbienti penalizzate
“L'indice dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, il cosiddetto carrello della spesa, a luglio 2025 registra un’inflazione acquisita del più 2,4 per cento - commenta Nicolò Giangrande, responsabile dell’Ufficio economia della Cgil nazionale -. Si tratta di una crescita nettamente superiore rispetto a quella osservata per l’inflazione generale, calcolata tramite l’indice nazionale per l’intera collettività (Nic), che si attesta, invece, a più 1,7 per cento. Non solo i prezzi continuano ad aumentare, ma questo si sente molto di più proprio mentre si fa la spesa di tutti i giorni”.
“Se poi guardiamo l’andamento dei prezzi nel quadriennio 2021-2024 – prosegue Giangrande -, a fronte di un’inflazione cumulata, misurata tramite l’Ipca, del più 18,6 per cento, si osserva un impatto marcatamente più pesante per le famiglie con una minore capacità di spesa rispetto a quelle più abbienti: più 22,4 contro il più 17,0 per cento”.
Tagli e rinunce
E questa è una delle principali cause del drammatico impoverimento di lavoratori e pensionati. Da tempo le associazioni dei consumatori denunciano che le famiglie sono costrette a tagli e rinunce: secondo Federconsumatori, si rileva una riduzione del consumo di carne e pesce (meno 16,9 per cento, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati), e l’incremento della tendenza a ricercare offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 51 per cento dei cittadini), oltre all’aumento della spesa nei discount (più 12,1 per cento).
Aumentare il potere d’acquisto
“Quindi è fondamentale aumentare il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni - prosegue l’economista della Cgil - per migliorare le condizioni di vita e per far ripartire la domanda interna, soprattutto in un contesto caratterizzato da un export in forte difficoltà anche a causa dei dazi”.
Per Federconsumatori è improrogabile l’avvio di alcuni interventi immediati che darebbero ossigeno alle famiglie e all’intero sistema economico, come la rimodulazione dell’Iva sui generi di largo consumo, che consentirebbe un risparmio di oltre 516 euro annui a famiglia, e la creazione di un fondo di contrasto alla povertà energetica e una determinata azione di contrasto alla povertà alimentare.