Alternanza scuola lavoro, edilizia scolastica, diritto allo studio: sono i temi principali della mobilitazione lanciata per il 13 ottobre dagli studenti. In migliaia scenderanno nelle piazze di tutta Italia perché, si legge in un comunicato della Rete degli studenti medi, "stanchi di una politica che non li ascolta e per riscrivere i paradigmi di una scuola diversa più equa e giusta".

“Si parla di rilancio del paese, di Pil e di crescita. Il dato che rimane costante è il sottofinanziamento della scuola pubblica – così Giammarco Manfreda, coordinatore nazionale della Rete –. Si va  da un diritto allo studio completamente insoddisfacente, la cui assenza di fronte agli alti costi della scuola, alimenta i tassi di dispersione scolastica, a una condizione mortificata degli studenti che li vede ogni giorno andare a scuola in condizioni di estrema difficoltà e trovarsi in edifici pericolanti e fatiscenti. Vogliamo una scuola gratuita, accessibile a tutti, che ci stimoli nel nostro percorso di crescita e non siamo più disposti a scendere a compromessi”. 

In tutto questo, continua Manfreda "l’alternanza scuola lavoro continua a presentare le criticità che denunciamo da ormai due anni e alle quali il ministero tarda a dare risposte concrete". Gli studenti non sono contrari a questa modalità didattica, ma reclamano un’alternanza scuola lavoro che sia una vera forma di didattica alternativa, di qualità per tutti: "ad oggi continuano a mancare regole che permettano che questo avvenga, criteri che definiscano chi può e chi non può ospitare queste esperienze e siamo stanchi di dover sentire di nostri compagni umiliati in esperienze che di formativi non hanno nulla. Vogliamo subito una Carta dei diritti degli studenti e delle studentesse in alternanza scuola lavoro, siamo già troppo in ritardo”.

“Vogliamo guardare avanti e ripensare il senso e l’idea di scuola: una scuola dove costruire la società più giusta ed equa di domani, dove educare alla convivenza e all’integrazione, dove combattere le violenze e le ingiustizie che ogni giorno diventano fatti di cronaca. Oggi siamo in piazza anche per i nostri compagni e amici italiani che il nostro stato non riconosce come tali. Siamo in piazza perché tocca a noi cambiare scuola per cambiare questo Paese”, conclude il coordinatore della Rete degli studenti medi.