L’importante è partecipare, ma anche il merito dei quesiti referendari è rilevante. Questa la sintesi dell’intervento di monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana. Quello dell’8 e 9 giugno è un appuntamento che “ci interpella come cittadini ma anche, per chi vive la fede cristiana, come custodi del bene comune e responsabili della speranza che ci è affidata”.

Sono rilevanti le parole pronunciate: bene comune e responsabilità, sono alcune dei termini cardine della Costituzione e non a caso il vicepresidente ha aggiunto: “La partecipazione consapevole al voto non è mai un gesto neutro: è espressione di civiltà matura, atto di fedeltà al progetto condiviso di società, forma alta e concreta di quella carità sociale che si fa impegno per tutti”.

Ancora parole importanti: partecipazione consapevole e progetto condiviso di società. Un invito ad informarsi, dunque, ma anche un richiamo al diritto ad essere informati magari da quella Rai che dovrebbe fornire il servizio pubblico, cuore della propria missione. Ma è proprio la Rai che non solo non informa, ma prova a non far lavorare quanti hanno una opinione. E poi progetto condiviso di società, magari – sempre come dice la Costituzione – fondata sul lavoro, quello dignitoso, sicuro e non precario al centro dei primi quattro quesiti referendari.

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"Andare a votare, informati e consapevoli – ha proseguito monsignor Savinio - è una forma concreta di carità che costruisce. I cinque quesiti referendari interrogano le fondamenta stesse della nostra convivenza civile e il modello di società che intendiamo costruire insieme”. Ritorna la questione di quale società vogliamo, fondata sul lavoro, appunto, ma anche inclusiva e solidale con chi arriva da lontano e si ritiene cittadina e cittadino, visto che qui magari è nato e ha studiato, parla non solo la nostra lingua ma magari anche i magnifici dialetti che caratterizzano le nostre regioni. Si ritiene cittadino e cittadina ma non lo è.

“Non spetta a noi, né è opportuno, indicare come votare - ha aggiunto - ma è nostro dovere morale, come pastori e come cittadini, esortare ciascuno a non sottrarsi all'appuntamento con la propria coscienza e con la comunità”. La partecipazione al voto come appuntamento con la comunità, non come fatto individuale, dunque, ma come fatto collettivo, quel dall’io al noi di cui tanto ha parlato Papa Francesco.

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Ma monsignor Savinio fa di più, ragionando attorno ad un’altra parola: astensionismo. “In un tempo in cui cresce la tentazione dell'astensione strategica, occorre dire con chiarezza che l'astensione non è mai neutra. È un gesto che, pur legittimo dal punto di vista formale, può diventare una forma di 'impotenza deliberata', un silenzio che svuota la democrazia del suo significato partecipativo".

Ecco allora il senso delle parole iniziali, partecipazione e responsabilità: “Non si tratta di sostenere una parte politica, ma di custodire una visione alta e generosa della democrazia, come spazio comune di corresponsabilità e come bene fragile da proteggere ogni giorno. Oggi più che mai è necessario riattivare la consapevolezza che la vita pubblica non è un bene garantito dall'alto, ma una pratica quotidiana che si nutre del coinvolgimento di ciascun cittadino”.

E come ricordava il costituzionalista Michele Ainis sulle nostre pagine, affermando che il referendum è una delle tre fondamentali gambe sulle quali si legge quell’animale fantastico che è la democrazia, anche per il vicepresidente della Cei: “Il referendum, proprio perché ci chiama a esprimerci direttamente su disposizioni legislative che toccano nodi vitali della nostra coesistenza civile, come il diritto al reintegro per i lavoratori licenziati ingiustamente, la tutela nelle piccole imprese, il contenimento della precarietà contrattuale, la sicurezza negli appalti e, non da ultimo, l'accesso alla cittadinanza per chi vive stabilmente nel nostro Paese, rappresenta uno dei rari momenti in cui la sovranità popolare si manifesta senza intermediazioni”.

La sovranità popolare, altra parola importante anch’essa fondamento della Costituzione che si esalta e invera proprio nell’esercizio del diritto-dovere del voto. Allora non resta che accogliere l’invito dei vescovi italiani. Difendiamo la nostra fragile democrazia che, come ha ricordato il presidente della Repubblica Mattarella, non può essere a bassa intensità, utilizzando un potere straordinario: votare per contare, votare per cambiare.

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