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Lo scorso 13 maggio l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha richiamato le tv e le radio della Rai a un’informazione corretta nei confronti dei referendum dell’8-9 giugno. Daniele Macheda, segretario Usigrai, sostiene che la Rai debba adempiere ai compiti di servizio pubblico, che i giornalisti e le giornaliste possono e debbono impegnarsi all’interno delle proprie redazioni affinché l’informazione sia completa e corretta.
Partecipare, per Macheda, è importante, significa esercitare il potere che la Costituzione assegna ai cittadini e alle cittadine. L’invito a non recarsi alle urne equivale a lavorare per quella democrazia a bassa intensità paventata e denunciata dal presidente Mattarella.
C'è voluto un richiamo dell’AgCom per far alzare il velo dell'indifferenza e del silenzio della Rai rispetto ai referendum. Qual è la considerazione di un giornalista Rai?
Il servizio pubblico deve adempiere ai propri doveri e nessuna ragione può impedire che questo avvenga. Grave che ci sia voluto addirittura un richiamo per fare in modo che qualcosa si muovesse rispetto a un silenzio inaccettabile. Come giornalista Rai e come dirigente Usigrai rilevo che, per ragioni interne all’azienda, le trasmissioni di approfondimento che di solito popolavano le prime serate sulle diverse reti, dal martedì al giovedì e al venerdì, sono sparite dai palinsesti. Sono proprio quelle trasmissioni che hanno consentito nel tempo di approfondire temi come quelli dei referendum.
Perché non ci sono più le trasmissioni di approfondimento che ormai sono rimaste appannaggio esclusivamente delle reti private, da Mediaset alla 7?
Siamo di fronte a un cambio di prospettiva della programmazione Rai che, però, ha portato a un impoverimento sul piano informativo dell’offerta dell’azienda: è rimasta la mattina di Agorà, ma è sparito tutto l'approfondimento serale.
Il ruolo del servizio pubblico in questo modo dove sta?
È una domanda che dobbiamo porci tutti, che si devono fare la politica e il Paese: che ruolo deve avere il servizio pubblico in Italia? E occorre avere estrema attenzione a un appuntamento: nel 2027 scadrà la convenzione che affida in esclusiva il servizio pubblico alla Rai. Ovviamente noi auspichiamo che questa convenzione venga rinnovata, ma è chiaro che serve un rilancio del ruolo e dei compiti del servizio pubblico che vada ben oltre la Carta del contratto di servizio.
Torniamo ai referendum. Dopo il richiamo di Agcom, cosa possono fare i giornalisti e le giornaliste affinché la Rai informi riguardo le scadenze dell’8-9 giugno?
Le giornaliste e i giornalisti dentro le proprie redazioni possono chiedere, e hanno gli strumenti per farlo, che le direzioni affrontino i temi del referendum negli spazi d’informazione. E anche noi di Usigrai stiamo studiando come intervenire per rompere questo muro di silenzio, perché il ruolo dei giornalisti è centrale.
Tra i quesiti ce ne sono alcuni che mirano a ridurre la precarietà, ormai così diffusa nel nostro Paese. Precarietà diffusa tra i giornalisti e le giornaliste anche in Rai...
Fin da quando è entrato in vigore il Jobs act, noi abbiamo detto che si trattava di una norma in contrasto con la nostra professione. Ridurre le tutele contro i licenziamenti senza giusta causa è lesivo della dignità dei lavoratori, della libertà di chi fa informazione. Oggi ribadiamo questa posizione, anche perché è l'occasione nella quale i cittadini potranno esprimere la loro preferenza e ribaltare le norme del Jobs act.
Quanto sono importanti questi referendum?
Sono cruciali, servono a contrastare la precarietà e a garantire salute e sicurezza. Vorrei ricordare anche il quesito che mira a cambiare il sistema degli appalti, che oggi permette alle imprese di eludere responsabilità in caso di infortunio e malattia. Ricordo che molte produzioni, anche le riprese video per le testate giornalistiche, vengono realizzate in appalto. Quindi c’è una ragione in più per andare a votare, è una questione che riguarda anche il mondo del giornalismo. Il nostro invito, quindi, è di andare a votare.
E poi c’è il quinto referendum, quello sulla cittadinanza.
Anche questo è estremamente importante per il nostro Paese. È totalmente ingiusto far aspettare dieci anni le persone che sono nate, cresciute, si sono formate nel nostro Paese, fanno parte delle nostre comunità e collettività, per decidere se avranno o meno la cittadinanza italiana. Abbattere questo muro è fondamentale, chi dice il contrario vuole condannare l’Italia alla povertà e alla solitudine.
Vorrei, in conclusione, che facessimo un ragionamento più generale sul valore della partecipazione al voto. C’è chi invita all'astensione, ma è questo il momento di astenersi?
Assolutamente no. Abbiamo lo strumento più potente per affermare i valori della Costituzione, per affermare quegli articoli che dicono che il potere del popolo si esercita nelle forme e nei modi previsti dalla Costituzione. Che scelta è quella di invitare a non votare? Se si è contrari all’abrogazione di queste norme basta barrare la casella con il “no”. Questa è la democrazia. Chi oggi dice “state a casa”, come chi lo disse in passato, propina quella democrazia a bassa intensità che il presidente della Repubblica Mattarella sostiene essere un male da combattere. Non è quella la strada della democrazia. La democrazia si rafforza esprimendosi, utilizzando quello strumento fortissimo di potere popolare che è il voto.