Sono passati 411 giorni dalla scomparsa di Alberto Trentini. Un numero che pesa come una condanna senza processo. Alla Marcia nazionale per la pace di Catania, promossa dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, Luigi Ciotti rompe il silenzio e chiama le cose con il loro nome. “È rapimento la parola giusta, non possiamo parlare di arresto”, afferma il presidente di Libera e del Gruppo Abele. Trentini non è accusato di nulla, non ha commesso reati. È “a tutti gli effetti un prigioniero politico”, ostaggio di interessi che lo sovrastano.

Don Ciotti richiama lo Stato alle proprie responsabilità. “Alberto è un cittadino italiano e l’Italia deve sentirsi responsabile di riportarlo a casa”, dice dal palco. Un dovere che non può restare confinato alle dichiarazioni ufficiali. Trentini, sottolinea, è “ostaggio di una situazione geopolitica sempre più spinosa”, ma questo non assolve chi, nelle sedi internazionali, siede accanto ai potenti del mondo. La credibilità di un Paese si misura anche nella capacità di proteggere i propri cittadini.

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Nel suo intervento, il fondatore di Libera smonta la retorica diplomatica. Da un lato “le passerelle dei politici, i sorrisi, le promesse e le strette di mano”, dall’altro la necessità di una sostanza vera. “Un dialogo serrato che mobilita qualsiasi risorsa per la vita di Alberto Trentini”. Nessuna strada va esclusa, nessun canale lasciato cadere. “Nessuna risorsa materiale e immateriale risparmiata”, perché Trentini non ha risparmiato se stesso.

Ciotti ricorda che altri ostaggi sono tornati liberi, anche provenienti da Paesi apertamente ostili al governo venezuelano. Un precedente che rende ancora più stringente l’appello. “È il momento di dimostrare che l’Italia ha una credibilità internazionale e sa farla valere”. Non una battaglia individuale, ma una questione che riguarda il senso stesso della libertà come diritto universale.

“La libertà di Alberto riguarda tutti”, insiste Ciotti. “Significa lottare perché chiunque possa essere libero, in Venezuela, in Italia e nel resto del mondo”. Trentini è definito “figlio dell’Italia migliore”, quella che studia, lavora, si mette al servizio e porta nel mondo i valori costituzionali. Per questo l’invito finale è alla mobilitazione quotidiana. “Restiamo tutti dalla parte di Alberto, dalla parte della libertà e della dignità della vita umana”.

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