I dati Istat sulla povertà assoluta e sulla spesa per consumi delle famiglie relativi al 2021 evidenziano che nell’anno della crescita del Pil al +6,6%, le famiglie in povertà assoluta sono quasi 2 milioni e restano sostanzialmente quelle del 2020, così come gli individui in povertà assoluta, pari a 5,6 milioni. Chi sostiene, quindi, che con la ripresa economica il sostegno alla povertà vada ridimensionato viene, almeno per il 2021, smentito.

Questo risultato è determinato in gran parte dall’inflazione. Nel 2021, la crescita dei prezzi al consumo è stata del +1,9%, meno della metà se confrontata con i dati di questi primi mesi del 2022, ma sufficiente per evitare il calo della povertà delle famiglie che senza questo aumento inflattivo sarebbe stato del 7,0% (-0,7%  sul 2020). Sono indicazioni molto interessanti per avanzare alcune prime ipotesi, preoccupate, sugli effetti dell’aumento inflattivo intuibile per il 2022, peraltro con una stima della crescita del Pil più bassa. I dati Istat segnalano, anche per chi fosse disattento, l’importanza dell’occupazione.

L’incidenza della povertà assoluta è stabile tra le famiglie con una persona di riferimento occupata, mentre aumenta se la persona di riferimento è non occupata o in cerca di lavoro. L’inflazione colpisce maggiormente i nuclei familiari meno abbienti. Dopo molti anni di inflazione prossima allo zero, ce ne eravamo dimenticati, ma i dati sulla crescita dei prezzi al consumo sono espliciti: nel 2021, l’indice Ipca è stato pari a +2,4% per le famiglie con minore capacità di spesa mentre del +1,6% per quelle più abbienti.

Come è noto, il rimbalzo del Pil nel 2021 ha avuto una spinta forte dall’aumento dei consumi delle famiglie. La stima preliminare della spesa media delle famiglie è pari a 2.439 euro mensili nel 2021; in crescita di +111 euro/mese rispetto all’anno precedente. In relazione al crollo del 2020 si tratta di una buona crescita ma che si attesta ancora sotto il livello del 2019. Questa crescita era prevedibile soprattutto dove il lockdown aveva comportato più restrizioni: rimane sostanzialmente stabile la spesa per alimentari, energetici, abitazione ecc.; cresce quella per altri capitoli trainati in particolare dalle spese sanitarie e per la salute.

Si conferma, e anzi si accentua, anche per i consumi, la differenza tra famiglie più ricche e povere. Come detto, l’inflazione è percentualmente più alta per i meno abbienti e questo ha indebolito la condizione delle famiglie più disagiate, la cui variazione della spesa in termini reali risulta negativa (-0,7%) mentre quella delle più abbienti registra un incremento (+4,6%). Da questi dati Istat, vengono alcune indicazioni molto esplicite in prospettiva 2022 per combattere la povertà: anzitutto, più lavoro in quantità e meno lavoro povero a partire dagli effetti della precarietà; interventi a compensazione della crescita inflattiva, inversamente proporzionali, a favore delle famiglie più povere; riforma fiscale, fortemente progressiva, che valorizzi le fasce dei contribuenti più deboli; rinnovo rapido e adeguato alla nuova fase inflattiva dei Ccnl scaduti o di prossima scadenza.

Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio