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La premier Meloni, tutta Dio, Patria e Famiglia, si è svegliata che bombardano le chiese. Non si accontentano più di colpire scuole, ospedali, panifici, pozzi, campi profughi, ambulanze. Ieri Israele ha centrato la chiesa della Sacra Famiglia a Gaza. Un nome che dovrebbe evocare protezione, rifugio, sacralità. Ma a quanto pare, nemmeno Dio è neutrale abbastanza da salvarsi. Per l’esercito più morale del mondo ogni muro è un bersaglio, ogni bambino un potenziale terrorista, ogni preghiera un’intelligenza ostile.
Non è più una guerra è macelleria con copertura diplomatica. I corpi si ammassano, le cifre non fanno più notizia e i portavoce occidentali, con la bava del gas naturale ancora sulle labbra, continuano a parlare di “diritto alla sicurezza”. Ma esattamente sicurezza da chi? Dai neonati disidratati, dagli amputati senza anestesia, dalle madri che tengono in braccio resti? Israele non si difende, Israele punisce. Gaza è la punizione perpetua di un popolo che ha osato esistere.
E mentre i bulldozer spianano l’ultima chiesa, i nostri governi si spellano le mani per la democrazia, così viva che imprigiona obiettori, censura giornalisti e bombarda le madonne. Nessuna condanna, nessuna sanzione. Solo carezze, armi, memorandum d’intesa. Perché quando il sangue lo versa un alleato è geopolitica, quando viene sparso da un oppresso è antisemitismo.
A montare non è l’odio contro una fede religiosa ma l’indecenza. È la viltà di chi guarda altrove mentre si consuma un genocidio in diretta. Alla prossima commemorazione dei giusti, si verserà la solita lacrimuccia d’ordinanza. Basta che nessuno nomini Gaza, altrimenti l’ambasciatore si offende.
Non si salverà dunque nessuno, a cominciare da chi oggi tace. La storia è una trappola più lenta, ma prima o poi si richiude. E quando lo farà, chiederà conto non solo ai carnefici, ma ai complici col sorriso da moderati.