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Anche i componenti della maggioranza meloniana avrebbero davvero poco da festeggiare, se solo fossero coerenti con il giuramento che ministre, ministri e la presidente del Consiglio hanno fatto sulla Costituzione del 1948. Se solo chi pro tempore siede a Palazzo Chigi avesse l’idea che governare è cosa assai diversa da prendere il potere. Se solo chi si fa forte del voto popolare avesse consapevolezza che quella percentuale di voti che ha consentito il Governo corrisponde a poco più del 25% del corpo elettorale.
Il Senato ha approvato il disegno di legge di riforma costituzionale della magistratura, peraltro con voto di fiducia mai utilizzato per riforme costituzionali, con 106 voti a favore 61 contrari e 11 astenuti. Si arriva così solo a metà del cammino parlamentare di approvazione di quel testo, che dovrà passare di nuovo al vaglio di Camera e Senato. E poi, necessariamente, si andrà al referendum confermativo, così come Costituzione impone.
La preoccupazione è forte
“L’approvazione, da parte del Senato, della riforma Nordio sulla giustizia è l’ennesimo attacco della maggioranza parlamentare all’equilibrio e alla divisione dei poteri dello Stato sanciti dalla Carta costituzionale”. È quanto si legge in una nota della Cgil nazionale. Per la Confederazione: “Si vuole colpire l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura. E non certo in nome del garantismo, un principio estraneo alla cultura politica del Governo, che approva provvedimenti liberticidi come la legge sulla sicurezza, e che moltiplica i reati a esclusivo scopo propagandistico”.
Già, perché invece di rispettare il dettato costituzionale che la legge è uguale per tutti e l’obbligo, sempre costituzionale, della magistratura di sottoporre a controllo di legalità tutte e tutti i cittadini, anche quelli che vestono colletti bianchi o ricoprono temporaneamente ruoli politici o istituzionali, cercano di indebolire la magistratura e di minarne l’autonomia. Ed è proprio a questo controllo di legalità che Nordio, Meloni e quanti “tengono” alla riforma voglio sottrarsi. E la stessa riforma non farà bene ai cittadini e alle cittadine per i quali si dice di volerla.
“La riforma toglierà garanzie ai cittadini. Questa è la nostra preoccupazione''. Così il presidente della Anm, Cesare Parodi collegato con Skytg24.
Deriva antidemocratica
Siamo in piena deriva antidemocratica: le leggi securitarie, dal decreto rave a quello Cutro, dal decreto Caivano a quello sulla sicurezza, passando per l’abolizione del reato di abuso di ufficio e alla riduzione dell’utilizzo delle intercettazioni, stano lì a dimostrarlo. “Le cittadine e i cittadini comuni - sottolinea la Cgil - non hanno nulla da guadagnare da un’impostazione che punta ad accentrare e verticalizzare il potere, da esercitare senza alcun controllo né bilanciamento”.
Dello stesso avviso è il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, che in una lettera inviata al presidente e al segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati, per esplicitare sin da ora che nel futuro referendum sulle modifiche costituzionali volute dal Governo in materia di giustizia si schiererà per il No, sostiene: “Questi stravolgimenti della Costituzione sono accompagnati da misure legislative che vogliono restringere le libertà democratiche, aumentare le fattispecie di reato e aggravare le pene. Queste modifiche della Costituzione sono la conferma di un’insofferenza del governo Meloni verso i poteri di controllo, che sono invece elementi essenziali del funzionamento della democrazia”.
Tempismo non casuale
Perché oggi questa fretta nell’approvare la riforma? Innanzitutto, e su questo c’è coerenza, perché scritto nel programma della destra che governa il Paese. Poi perché le altre due riforme costituzionali indicate dal programma, autonomia differenziata e presidenzialismo, al momento segnano il passo. E perché la tentazione dei pieni poteri e l’insofferenza per i controlli di legalità è forte. Ma c’è di più, è lo stesso presidente Parodi a sottolineare che la riforma della magistratura: “avviene in un momento storico in cui i magistrati non riescono a lavorare come vorrebbero per una grave carenza di mezzi e strumenti. Io non voglio dire che ci sia un disegno, altri lo direbbero, io rilevo un dato oggettivo: nel momento in cui la giustizia funziona male perché non siamo messi nelle condizioni di lavorare al meglio si chiede ai cittadini di dare un giudizio sulla giustizia stessa, presentando la riforma come qualcosa che dovrebbe far funzionare meglio tutto l'apparato. Invece serve solo a riscrivere determinate etichette, a ridefinire i rapporti di forza, di potere, di ordinamento. Tutto questo ci preoccupa molto''.
Il monito della Cgil
“La Cgil ribadisce il suo No a questa ennesima controriforma istituzionale e si impegnerà, insieme a tutte le forze politiche e sociali che si oppongono al tentativo di indebolire irrimediabilmente la nostra democrazia, a contrastarla con gli strumenti che la Costituzione mette a disposizione”, conclude il sindacato di corso d’Italia.