Dopo “Ventotto. Trent’anni di condotta antisindacale a Bologna”, che tratta un periodo storico-giuridico trentennale (1975-2005), un nuovo libro si occupa della storia e dell’efficacia dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, coprendo gli ultimi vent’anni sempre nel capoluogo felsineo con un titolo ancor più incisivo, Condotta antisindacale! Gli ultimi vent’anni di giurisprudenza a Bologna (Futura editrice, pp.120 euro 19), arricchito in appendice da un corposo numero di allegati contenenti i testi integrali dei provvedimenti commentati nella prima parte.

Con l’introduzione del Segretario generale della Camera del lavoro di Bologna Michele Bulgarelli, e la presentazione di Maurizio Landini (la postfazione è affidata a Carlo Coco), tra i curatori del volume insieme Franco Focareta e Stefania Magione l’avvocato Alberto Piccinini, che abbiamo raggiunto per entrare con strumenti adeguati nel percorso vitale nella tutela dei diritti dei lavoratori, e dei rappresentanti sindacali nei luoghi di lavoro.

Il libro ripercorre gli ultimi vent’anni di giurisprudenza a difesa dei lavoratori, riprendendo una pubblicazione precedente che si era fermata al 2005. Cosa è cambiato in questi vent’anni sul tema?

Diciamo che la condotta antisindacale in questo mezzo secolo si è modificata, come si erano viste nei primi trent’anni delle modifiche rispetto alle tematiche. Negli ultimi vent’anni il contenzioso forse è un po’ calato, salvo il fatto che sono accadute situazioni emblematiche, come l’ondata di articoli 28 che abbiamo trattato agli inizi degli anni 10 contro la Fiat-Fca, di Marchionne, oggetto di alcune specifiche problematiche.

Quali?

Beh, al tempo la Fiat non riconosceva le rappresentanze sindacali della Fiom perché l’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori prevedeva che queste rappresentanze fossero riconosciute solo ai sindacati firmatari dei contratti collettivi; mentre la Fiat, uscita Federmeccanica, non riconosceva valido il Contratto collettivo specifico. Da qui sono partite cause in tutta Italia, anche a Bologna, dove il giudice ha ritenuto di dare interpretazione estensiva dell’art. 19, riconoscendo il diritto alle rappresentanze sindacali anche alla Fiom, anticipando la decisione della Corte Costituzionale a cui si erano rivolti 4 giudici. In sintesi, si doveva applicare l’art.19 non solo ai sindacati firmatari, ma anche a chi aveva partecipato alle trattative.

Quando si dice “fare giurisprudenza”…

In questo senso c’è un’altra pronuncia importante relativa alle deleghe sindacali, anche qui un contratto declinato sul contratto collettivo, dopo che un referendum promosso allora dal Partito radicale aveva abolito l’articolo dello statuto che lo disciplinava per legge. In pratica si tratta delle trattenute sulle buste paga, che la Fiat rifiutava per la Fiom-Cgil. Ma dopo tanti articoli 28 il Tribunale di Bologna ne ha riconosciuto il diritto, applicando una norma del codice civile sulla gestione del credito che non necessita del consenso del “debitore ceduto”. Insomma, se il lavoratore è d’accordo, non si ha bisogno del consenso del datore di lavoro.

E si è conclusa così?

No. Un’altra sentenza del tribunale di Parma, aveva preteso che il sindacato pagasse due euro per ogni lavoratore da versare all’azienda, richiesta discutibile. Ma per fortuna con una ulteriore sentenza della Corte d’Appello questa “tassa” è stata eliminata. E anche per questo ha avuto rilevanza nazionale l’incremento dell’art.28 sugli obblighi d’informazione, con un precedente a Bologna per una causa individuale che richiamava l’art. 9 in merito al Contratto collettivo dei metalmeccanici e il processo di riorganizzazione di un’azienda, di cui il sindacato deve essere informato, se occupa più di 50 dipendenti. Da questo punto di vista si può considerare una sentenza capostipite “Fiom contro Sele”, del luglio 2019, il ricorso vinto dalla Fiom per comportamento antisindacale. Una tematica che ha riguardato anche molte realtà degli ultimi anni: penso a Gkn, a Caterpillar, per fare due esempi.

Nel terzo capitolo lei affronta il tema del potere, o dell’abuso di potere, di alcuni dirigenti ai danni di dipendenti che ricoprono ruoli sindacali all’interno del loro luogo di lavoro. Qui a che punto siamo?

Direi che il punto è rimasto invariato, nel senso che le caratteristiche che si presentano ai giudici sono quelle, e quando viene colpito un sindacalista si deve valutare se il suo ruolo abbia influito sul provvedimento, anche se nessuno lo ammetterà mai… Ma si può portare avanti la causa individuale e la causa che tutela l’interesse collettivo, che si promuove con l’articolo 28.

Anche qui il volume riporta alcuni esempi.

Nel libro si ricorda il caso di un lavoratore licenziato perché aveva testimoniato contro l’azienda, una causa individuale vinta in prima e secondo grado; poi con l’articolo 28 ci sono state altre 3 pronunce, quindi 5 provvedimenti giudiziari sullo stesso fatto..

Oltre il corposo e utilissimo materiale giuridico, il libro propone però anche tante storie comuni di lavoratori, e di relative aziende.

Certo. Sono storie di persone, e il mio mestiere è bello proprio perché affronta delle storie umane in ogni causa riguardante il mondo del lavoro. Perché nel lavoro c’è la vita delle persone, con l’opportunità di ottenere dei risultati che possono migliorare la loro storia personale. Ecco perché credo, anche ora che sono pensionato da anni, che sia uno delle poche professioni che ti consenta di dire “ho vinto”, oppure “ho perso”, con conseguente soddisfazione per chi hai assistito, e per te stesso.