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Siamo alla violazione costante e reiterata della Costituzione e dei regolamenti parlamentari. Si è arrivati al punto che la maggioranza ha addirittura contingentato i tempi dell’esame in Senato della riforma costituzionale della giustizia, ma sarebbe meglio chiamarla della magistratura. Già contingentare i tempi della discussione parlamentare è di per sé una stortura nel libero confronto che dovrebbe sovrintendere alla formazione delle norme, ma addirittura applicare strumenti come il “canguro” – l’assemblaggio di tutti gli emendamenti che riguardano lo stesso argomento per tagliare i tempi – a norme di modifica costituzionale è davvero un obbrobrio giuridico oltre che politico. Ma coerente con l’idea del governo del Paese di Meloni, che ritiene di doverlo fare con pieni poteri e senza impacci, questo il senso del premierato e anche della riforma della giustizia che come fine ultimo ha proprio quello di sottoporre all’esecutivo l’attività dei pubblici ministeri.
Le prime volte
“È la prima volta che una riforma costituzionale nell'Italia repubblicana viene fatta senza recepire alcun emendamento”. Lo afferma preoccupato Rocco Maruotti segretario della Associazione Nazionale dei Magistrati che da mesi si batte riuscire ad aprire almeno un canale di confronto con il governo. E per contrastare una riforma che, invece di rendere più efficiente l’esercizio della giustizia per cittadini e cittadine, di cui vi sarebbe un gran bisogno, sembra avere come unico obiettivo quello di “incidere sull'autonomia e l'indipendenza della magistratura”.
Le preoccupazioni
“L'indipendenza di magistrate e magistrati è fondamentale per garantire a tutti i cittadini il principio di eguaglianza rispetto alla legge”. Questa la prima preoccupazione espressa da Lara Ghiglione, segretaria nazionale della Cgil, che aggiunge: “La Cgil guarda con grande preoccupazione alla riforma della magistratura proposta dal governo. Una riforma che, sotto la veste di un riassetto dell’ordinamento giudiziario, rischia in realtà di compromettere l’equilibrio tra i poteri dello Stato, minando l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, capisaldi irrinunciabili di ogni democrazia”.
Due organismi sorteggiati, anzi tre
La riforma prevede due Csm, uno per la magistratura requirente, uno per quella giudicante, e poi un super organismo che dovrebbe provvedere all’azione disciplinare. Già questa moltiplicazione di Csm rompe l’unitarietà della magistratura, ma per di più se ne prevede la composizione per sorteggio. Maruotti, criticando la lotteria istituzionale, ricorda: “Una delle prime cose che fece il regime fascista fu chiedere giuramento di fedeltà alla magistratura. Molti magistrati si dimisero pur di non fare quel giuramento e la magistratura, fino al 1945, fu controllata dal ministro della Giustizia. Solo dopo, con la previsione del Consiglio Superiore e poi con la sua istituzione, si è liberata la magistratura dal controllo del governo. Ovviamente – aggiunge - se si modifica la composizione, il funzionamento, le prerogative del Csm, inevitabilmente si incide sull'autonomia e indipendenza”.
Indebolire per controllare
“La separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, - afferma ancora Ghiglione - così come immaginata, indebolisce la funzione costituzionale del pubblico ministero e introduce una pericolosa gerarchizzazione, che rende più vulnerabili i magistrati alle pressioni del potere esecutivo. In un tempo in cui il nostro Paese ha ancora ferite aperte per le connivenze tra politica, criminalità organizzata ed economia illegale, la giustizia deve essere rafforzata, non piegata”. Cosa occorrerebbe, allora, per ottenere efficienza ed efficacia? “La giustizia avrebbe bisogno di risorse, di superare il precariato, di investimenti sul personale. Di tutto ciò non c'è purtroppo traccia”.
Presidio di legalità
“Una magistratura indipendente è presidio di legalità - afferma ancora Ghiglione -, strumento essenziale nella lotta alle mafie, alla corruzione, alla criminalità economica e al caporalato. È alleata del mondo del lavoro, delle vittime di sfruttamento, dei cittadini che cercano giustizia e diritti. Ogni tentativo di indebolirla è un attacco alla democrazia e alla Costituzione”. Proprio questo è il punto, autonomia e indipendenza non sono compatibili con un’idea che vuole nelle mani del capo tutto il potere o quasi, con l’idea che occorra non disturbare il manovratore e che la divisione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario non vada più bene perché nell’esecutivo tutto debba esser ricompreso.
Il fastidio del controllo
Ed è per questa ragione che secondo il segretario di Anm arrivano da presidente del Consiglio e ministri critiche scomposte a magistrati, massimario e sezioni unite di Cassazione: “C’è un'insofferenza della politica quando il controllo di legalità che la Costituzione affida ai magistrati viene esercitato nei loro confronti. Abbiamo avuto segnali in questo senso già dal settembre 2023 con gli attacchi alla giudice Apostolico fino ad arrivare al ministro Nordio che criticò la sentenza sulla Diciotti, affermando che ‘i magistrati devono collaborare con il governo’. Non è così, la Costituzione ci affida un controllo di legalità, non ci chiede di collaborare col governo alla realizzazione del suo programma, perché questo vuol dire proprio confondere i piani, non avere proprio una cultura costituzionale”.
Correnti e correntismo
Una delle ragioni addotte dal governo per giustificare la riforma è che con essa si sconfiggerebbe il correntismo. È scettico Maruotti, che sottolinea come le correnti siano proprie di ogni aggregazione umana – dalla magistratura ai cardinali riuniti in conclave: “È il pluralismo che la Costituzione tende a garantire in ogni organo di rappresentanza”.
Populismo neanche troppo strisciante
“Non è un caso che le due riforme che questo governo ha proposto, oltre l'autonomia differenziata, siano quelle del premierato e della magistratura, due riforme che tendono ad ampliare i poteri dell’esecutivo a scapito da un lato della magistratura e dall'altro addirittura del Parlamento”. È netto il giudizio, preoccupato, del magistrato che avrebbe auspicato una riforma della giustizia, non della magistratura, condivisa dal Parlamento tutto e anche dalla magistratura. Così non è stato. Necessariamente, una volta che il testo, ora in via di approvazione al Senato, supererà anche la seconda lettura delle due Camere, si dovrà andare a referendum, visto che la riforma non sarà approvata con il voto favorevole dei due terzi del Parlamento. “La scelta di non trovare soluzioni condivise è del governo, ed è coerente con quella deriva populistica di cui parlavo, il referendum rischia di essere divisivo ma non ci sottrarremo e continueremo a girare l’Italia per spiegare le ragioni della nostra contrarietà alla riforma. Penso che le cose difficili in una democrazia rappresentativa debbano essere fatte nel Parlamento, non si deve chiedere ai cittadini di risolvere queste questioni”.
Al fianco della Costituzione
La Cgil non può che essere con e insieme a quanti sono schierati con la Costituzione. Conclude infatti la segretaria confederale Ghiglione: “Come Cgil ribadiamo il nostro pieno sostegno a un sistema giudiziario autonomo, trasparente e vicino ai bisogni reali delle persone. Una giustizia giusta e accessibile è un diritto di tutti, non un privilegio di pochi. Per questo saremo, ancora una volta, al fianco di chi difende la Costituzione repubblicana e antifascista, nata dalla Resistenza. E continueremo a batterci, in ogni luogo, per un Paese più giusto, più libero e più uguale”.