Maurizio Landini arriva nella Sala Verde alle 15 in punto. L’incontro con il segretario generale Cgil apre il programma pomeridiano della sezione Impact di #Giffoni55. Al suo fianco Stefano Milani, direttore di Collettiva, giornale online del sindacato. Il tema di quest’anno è Becoming Human, Diventare Umani.
E lui, 64 anni il prossimo sette agosto, natali emiliani a Castelnovo ne’ Monti, entra subito nel vivo parlando di dignità del lavoro, precarietà generazionale, salari da adeguare, disuguaglianze da eliminare e diritti da affermare, di redistribuzione della ricchezza e di democrazia da difendere con la pratica. Di giovani, soprattutto di loro.
Cambiare si può
“La fascia 18-34 anni è quella che ha votato di più all’ultimo referendum. Su nove milioni di giovani, oltre cinque milioni l’hanno fatto. Il quorum, loro, lo hanno raggiunto. È un dato importante. Ci dice che esistono una volontà di cambiamento e una domanda di partecipazione che interpella anche il sindacato”. Landini parte da qui per leggere la crisi democratica del presente. Una crisi profonda che si misura anche con l’astensione crescente.
“C’è l’idea ormai diffusa che con il voto non si risolvano i problemi”, prosegue: “Come sindacato, e lo stesso vale per la politica, dobbiamo tornare a confrontarci con le questioni reali che riguardano la vita delle persone”. Poi il nodo del lavoro, oggi non più uno strumento di emancipazione: “Il lavoro non basta a uscire dalla povertà”, ammette il segretario.
Combattiamo la precarietà
“La colpa è della precarietà, di un modello d’impresa che punta tutto sul massimo ribasso. Quando la concorrenza si fa sui costi e non sulla qualità, i salari non bastano a vivere con dignità”. Un sistema, secondo il leader Cgil, non solo in crisi ma strutturalmente ingiusto: “La ricchezza è sempre più concentrata nelle mani di pochi. Questo processo è iniziato alla fine degli anni Novanta, frutto di un pensiero che ha messo il mercato davanti alla persona. Le leggi lo permettono. Ma non per questo sono giuste”.
L’affondo sulla politica: “Le leggi le fa il Parlamento. Se una norma consente lo sfruttamento, anche se è legale, resta sbagliata. Per questo – e può sembrare un paradosso – a volte bisognerebbe non applicare la legge. Noi continueremo a batterci per l’abolizione di leggi sbagliate”. Ancora sulla politica, e sui politici: “Il sistema elettorale va cambiato. Gli eletti non rispondono a chi li ha votati, ma a chi li ha inseriti nelle liste. Questo consolida la crisi della politica”.
La Consulta dà ragione alla Cgil
L’attualità chiama, Landini risponde: “Mi è appena arrivata un’Ansa. La Consulta ha stabilito che il tetto di sei mensilità per il licenziamento, relativamente alle piccole imprese, è illegittimo. Era uno dei quesiti referendari che avevamo proposto. È un primo passo. Avevamo ragione”.
Sulla precarietà, poi, non fa sconti a nessuno. “Voglio essere chiaro: leggi sbagliate ne sono state fatte a destra e a sinistra. E chi è precario, vedendo che il colore dei governi cambia ma la sua condizione resta la stessa, finisce per pensare che siano tutti uguali“.
Voglia di rappresentanza
È la volta della rappresentanza sindacale: “Serve una legge. Tutti i lavoratori, iscritti o meno, devono poter votare per approvare le piattaforme e gli accordi, che valgono per tutti”. Un principio che si lega anche alla battaglia sul salario minimo: “Se c’è un contratto collettivo, nessuno può scendere sotto quei diritti. Monte ore, ferie, formazione. Il lavoro senza diritti e senza tutele è sfruttamento”.
È netto, Landini. "La democrazia si difende praticandola”, afferma prima di citare l’articolo 39: “Nel mondo sindacale non c’è ancora accordo. I sindacati devono essere misurati sulla base di quanti iscritti hanno e quanti voti prendono”.
Il discorso si fa più personale quando si parla di futuro. “Ho iniziato a lavorare da operaio”, ricorda: “Avevo uno stipendio che non mi rendeva ricco, ma mi permetteva di vivere. Quei diritti non li ho conquistati io. Li ho trovati, sono stati conquistati da chi c’era prima. Ora mi chiedo cosa fare per chi verrà dopo di me”.
E sulla questione del reddito universale ammette una revisione del proprio pensiero. “Sono cresciuto con l’idea che per avere un reddito bisogna lavorare. Ma oggi, con la precarietà dilagante e le disuguaglianze crescenti, dobbiamo pensare a un sistema che eviti il ricatto dello sfruttamento. Certo, dobbiamo chiederci anche chi lo finanzia. Ma il tema va affrontato”.
Contro ogni forma di sfruttamento
Una battuta sul lavoro autonomo e sulle nuove forme di impiego. “Penso ai rider, che non vengono considerati lavoratori subordinati. È una follia”. E ancora: il diritto di sciopero. “È uno strumento democratico. A volte anche un blocco stradale può esserlo, purché senza violenza”, sottolinea: “Ma con gli ultimi decreti si rischia che diventi un reato penale. Questo lo abbiamo contestato con forza”.
Il pubblico della Impact applaude. Landini si concede un’ultima considerazione sul contesto che lo circonda. “Giffoni è un esempio concreto di partecipazione democratica. Qui i giovani si riprendono la parola. Ed è così che si riappropriano, anche, del loro futuro”.
(grazie a giffoni.it)