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È certamente una di quelle notizie che fa tirare un sospiro di sollievo a quanti e quante sono affetti da malattie gravi o patologie croniche che portano con sé disabilità. Dal 1° gennaio entra in vigore la legge 106 del 18 luglio 2025, recante “Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche”.
La nuova normativa integra la famosa “legge 104” che assegna a malati e portatori di disabilità, o ai loro familiari, una serie di permessi per curarsi od occuparsi della cura del proprio caro. Secondo la Cgil, però, si poteva e si doveva fare di più o semplicemente meglio.
Cosa prevede la legge?
Il provvedimento più rilevante, in caso di malattia grave, è la possibilità di assentarsi dal lavoro per ulteriori 24 mesi, una volta che si sono esauriti gli altri (pari a sei mesi) per assenza giustificata da malattia. In sostanza: conclusi i 180 giorni di malattia, si può stare a casa altri due anni. Ma c’è un “però”: in questi due anni si mantiene il posto di lavoro ma non si riceve la retribuzione, non si matura l’anzianità e non vengono versati i contributi previdenziali.
A questi 24 mesi di “malattia aggiuntiva”, in presenza del riconoscimento di un’invalidità superiore al 74 per cento o di congedo parentale per chi abbia un figlio nella stessa condizione, si aggiungono ulteriori dieci ore all’anno, oltre a quelle previste dalla 104, per visite, esami e cure mediche. Queste dieci ore saranno retribuite secondo le regole previste dalla normativa vigente in materia di malattia. Ovviamente, per sapere come accedere a questo diritto, occorre attendere la nota esplicativa dell’Inps.
Allarme risorse, manca la copertura economica
La nuove legge 106 prevede un finanziamento di 20,9 milioni di euro per il 2026, con un graduale aumento di anno in anno fino al 2035, quando il finanziamento entrerà a regime con 25,2 milioni l’anno (dal 2035 in poi). Davvero un po’ poco, considerando sia quante sono le persone che si ammalano di cancro ogni anno, cui si aggiungono quelle cui la diagnosi è stata fatta negli anni precedenti, sia quanti sono le donne e gli uomini portatori di disabilità e patologie croniche.
Ma ancora più grave è non aver previsto almeno la copertura dei contributi previdenziali per i 24 mesi aggiuntivi di congedo. “Si è voluta restringere la platea dei destinatari”, spiega il responsabile Ufficio Politiche per il lavoro e inclusione delle persone con disabilità della Cgil nazionale Valerio Serino.
“Per i due anni di congedo – spiega il dirigente sindacale – l’assenza di una previsione per la copertura figurativa dal computo dell’anzianità di servizio rappresenta un punto di criticità. Così si limita quell’avanzamento di tutele che la legge avrebbe dovuto realizzare, soprattutto per chi, a causa della patologia, è costretto ad assentarsi dal lavoro”.
Un percorso a ostacoli
Passi avanti sempre a metà. Uno è quello che introduce, per la lavoratrice o il lavoratore che ha utilizzato i 24 mesi di congedo aggiuntivo, di accedere in via prioritaria al lavoro a distanza. Peccato, però, che deve essere il datore di lavoro ad autorizzarlo: non esistono prescrizioni di legge, il datore può dire di no e così rimane.
Il secondo è che, per accedere ai benefici della 106/2025, occorre vedersi riconosciuto almeno il 74 per cento di invalidità: questa soglia in realtà potrebbe essere discriminante, poiché esclude un numero considerevole di persone con una percentuale d’invalidità di poco inferiore, ma comunque affette da malattie oncologiche, invalidanti o croniche.
Cgil: “Si doveva fare di più”
“Questa legge non deve essere un punto di arrivo, ma un primo passo per un sistema di tutele che deve e può essere costruito intorno alla persona, soprattutto quando si parla dei più fragili”, riprende Serino: “Per farlo sarà importante il supporto delle organizzazioni sindacali, che troppo spesso sono tenute al di fuori dalle scelte del governo”.
È il governo degli annunci, ma anche della chiusura al confronto. Questa legge è stata approvata con la mancata condivisione del testo da parte dei sindacati, fatta salva un’audizione informale risalente al 2023, che di fatto ha escluso quei contributi in itinere al lungo percorso legislativo che avrebbero potuto incidere positivamente in favore e a tutela di lavoratrici e lavoratori. Si sarebbero potute evitare mancanze ed errori.
“Sarebbe utile – sottolinea il dirigente Cgil – un intervento che andasse verso la piena tutela di tutte le lavoratrici e i lavoratori con disabilità, sia incentivando lo strumento degli accomodamenti ragionevoli, che tanto potrebbero essere di supporto, sia intervenendo sulle mansioni, l’organizzazione del lavoro, i tempi, i permessi, il lavoro agile e l’allungamento del periodo di comporto”.
Valerio Serino così conclude: “Proprio perché siamo convinti della necessità di un provvedimento volto a rafforzare le tutele nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti o croniche, riteniamo che quest’intervento avrebbe dovuto essere molto più incisivo. Ci sono voluti anni per costruire una norma davvero troppo debole”.


























