Si torna a parlare di pensioni e questa volta tocca ai giovani, con la convocazione del tavolo tecnico prevista per oggi (martedì 11 luglio). Tra i sindacati non trapela molto ottimismo. Dopo le promesse in campagna elettorale di mettere mano alla Fornero è seguito solo silenzio. Neanche l’ultimo tavolo, quello del 26 giugno, ha portato novità. 

Solo slogan

“Si è proseguito con gli slogan senza nessun impegno concreto”, dichiara Lara Ghiglione, segretaria confederale Cgil con delega alla previdenza: “Anzi, abbiamo registrato solo passi indietro”. Il futuro pensionistico dei giovani è strettamente collegato al lavoro ed è proprio qui che il governo sta dando il peggio di sé.

“Con il decreto lavoro si aumenta la precarietà”, attacca la sindacalista: “Vanno in questa direzione l’innalzamento del tetto per l’utilizzo dei voucher a 15 mila euro e la liberalizzazione dei contratti a termine. Il tema della precarietà del lavoro e dei bassi salari è direttamente collegato a quello della previdenza, non solo perché il lavoro precario non potrà garantire in futuro una pensione dignitosa, ma anche perché un allargamento della base contributiva potrà determinare in prospettiva maggiore equilibrio e sostenibilità al nostro sistema pensionistico".

Giovani: un po’ di numeri

La situazione dei giovani in Italia è sotto gli occhi di tutti. A scorrere i dati Istat riferiti al 2022 c’è da rabbrividire. Quasi la metà dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive in condizioni di deprivazione sotto il profilo sociale, dell’istruzione, della salute, del lavoro e del benessere. Sono ben 1.670.000 i Neet, cioè i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano.

Ancora: il tasso italiano di occupazione giovanile è inferiore di oltre 15 punti alla media dell’Unione Europea. Anche nella classe 30-34 anni – quando si possono considerare conclusi i percorsi post-laurea - il 12,1% dichiara di non aver mai lavorato. Inoltre, spesso quando i giovani trovano un’occupazione si tratta di un “lavoro povero”, in un Paese in cui già si guadagna poco.

Cosa chiedono i sindacati

Le richieste dei sindacati sono note. Oltre, come detto, alla necessità di sconfiggere la precarietà, a coloro che svolgono lavori instabili e discontinui, con retribuzioni basse, bisogna garantire una pensione contributiva di garanzia valorizzando tutti quei periodi degni di tutela: i periodi di inoccupazione legati a politiche attive, di formazione, di stage, di tirocinio, di studi universitari, di lavoro di cura. Questa misura, tra l’altro, incentiverebbe il versamento contributivo e il sistema pubblico, dando garanzia di sostenibilità al nostro sistema previdenziale a ripartizione.

“È infatti necessario - spiega Ezio Cigna, responsabile previdenza della Cgil nazionale - rafforzare il patto intergenerazionale, soprattutto in un sistema previdenziale a ripartizione come il nostro, dove i contributi dei lavoratori attivi servono a pagare le pensioni di chi si trova già in pensione”.

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Se questa sfida non verrà colta, continua Cigna, si potrebbe “determinare una crisi profonda dell’attuale sistema, visto che proprio i giovani saranno disincentivati a rimanere nel mercato del lavoro e a versare i contributi, se non avranno in cambio certezze sulla loro futura pensione”.

Insomma, conclude Ghiglione, “se ogni occasione di confronto e di discussione è importante, la sensazione è che questi tavoli non portino da nessuna parte. Se vogliamo veramente uscire dalla trappola della povertà, sia per i giovani sia per gli anziani, bisogna invertire decisamente la rotta delle politiche di questo governo”.

Questi, comunque, i prossimi tavoli: flessibilità in uscita ed esodi (martedì 18 luglio), lavori gravosi e tutela previdenziale delle donne (martedì 5 settembre), previdenza complementare (lunedì 18 settembre). Sperando che i confronti siano veri.