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Coltivano e raccolgono la qualità più pregiata della cipolla rossa, quella di Tropea. La intrecciano e la confezionano per essere spedita nelle grandi catene di supermercati e nei mercati di tutta Italia. A Campora San Giovanni, frazione di Amantea, nel Tirreno Cosentino, in Calabria, a un palmo di naso dal mare, circa 1200 lavoratori di origine straniera tengono in piedi con il loro lavoro il distretto agricolo di uno degli ortaggi più ricercati. L’80 per cento della cipolla rossa di Tropea viene, infatti, coltivata in quest’area, nei campi sparsi tra Nocera e Campora.
Ma se fino a quattro anni fa Campora era stata inserita come zona a rischio caporalato e sfruttamento nel Report Agromafie e Caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, oggi la cittadina ha cambiato volto e parla un linguaggio fatto di lavoro dignitoso e inclusione sociale. Una svolta positiva a cui il sindacato ha dato un importante contributo avvicinando lavoratori e aziende.
La Cgil Amantea, con Flai e Alpaa, ha aperto la “Casa dei Popoli” per dare assistenza agli stranieri, lavora a stretto contatto con i lavoratori e ne monitora le condizioni di lavoro e non solo.
Hanno regolari contratti di fitto, qualcuno ha anche comprato casa, sono in aumento i ricongiungimenti familiari e qualcuno di loro ha anche piccoli incarichi di responsabilità all’interno delle aziende.
I contratti di lavoro sono dignitosi, fino ad ora non sono emersi casi di sfruttamento – spiega la Cgil - e le aziende sono collaborative. Alcune mettono a disposizione dei furgoncini per portare i lavoratori in azienda e farli ritornare a casa in sicurezza. Troppi sono stati, infatti, i casi di lavoratori rimasti vittime di incidenti mentre percorrevano la statale che costeggia i campi. In diverse aziende sono state create aree di culto.
Campora non fa notizia per sfruttamento o baraccopoli, ma per dignità, rispetto e integrazione. I lavoratori pagano regolarmente le tasse e gli affitti e hanno aperto piccole attività. Nella piazza i bimbi stranieri giocano con quelli italiani, frequentano le stesse scuole, vanno allo stesso mare e insieme costruiscono mattoncino dopo mattoncino una comunità che non si ferma all’accoglienza ma è inclusiva.
“Siamo abituati purtroppo a una narrazione che mostra la Calabria solo come terra di sfruttamento: ghetti, lavoro nero, violazione dei diritti. Queste realtà esistono e vanno combattute senza tregua. Ma proprio per questo è importante valorizzare quelle realtà in cui tutto questo non esiste”, afferma Alessia Costabile, la responsabile del progetto Alpaa Flai di Campora.
“Molti dei ragazzi che oggi lavorano nei campi vengono da paesi distrutti da guerre, dittature e fame. Hanno attraversato il deserto, il mare, l'inferno. E qui, in Calabria, trovano un frammento di pace. Una pace - aggiunge - fatta di documenti in regola, di contratti che liberano il lavoratore dal ricatto di non poter rinnovare il permesso di soggiorno. Una pace fatta di gesti quotidiani, di normalità riconquistata. Allora diciamolo chiaramente: ogni campo coltivato legalmente è un pezzo di pace costruita. Ogni azienda agricola che rispetta i lavoratori è una diga contro il degrado. Ogni contratto firmato è un muro contro il pregiudizio”.
“Non descriviamo il Paradiso in terra – sottolinea il segretario generale Flai Cgil Cosenza Giovambattista Nicoletti -, il lavoro nei campi è un lavoro molto faticoso, specie in estate. A Campora l’ordinanza sul caldo è stata rispettata e il lavoro riorganizzato per tutelare la salute dei lavoratori. Non ci sono fenomeni di caporalato, ma non abbassiamo l’asticella dell’attenzione e siamo pronti ad accogliere segnalazioni e denunce”.
“Il fatto che questo territorio sia scomparso dal rapporto Agrimafie e sia diventato un modello di inclusione positivo racconta di come integrazione, inclusione e lavoro dignitoso allontanino le infiltrazioni criminali” dice il capo dipartimento Politiche migratorie Flai Cgil nazionale Matteo Bellegoni, mentre per il segretario generale Cgil Calabria Gianfranco Trotta è necessario tenere a mente quanto accaduto con il referendum. “Il quesito che ha portato più giovani al voto è stato proprio quello sull’abbreviamento dei tempi per la cittadinanza agli stranieri. Da qui dobbiamo ripartire. E poi, è necessario che la politica non si fermi all’accoglienza ma punti all’inclusione. In Calabria abbiamo ottimi esempi di questa pratica, tra i quali i casi di Acquaformosa e Camini. Guardiamo avanti”.