PHOTO
La toppa è peggiore del buco. Passate 48 ore di silenzio del management e di titoli di giornale sulla storia di Rosaria Ferro, una lavoratrice in somministrazione alla Recuperator di Rescaldina, provincia di Milano, che è tornata in produzione dopo un tumore al seno per ricevere la notizia che il 4 novembre il suo contratto di staff leasing sarebbe stato interrotto, l’azienda prova a giustificarsi. Ma il Nidil Cgil, che ha seguito la vicenda fin dai primi sviluppi, ribatte colpo su colpo spazzando via con un soffio il castello di carte delle spiegazioni fornite in una nota.
Nidil Cgil Ticino Olona: “Interrompere la missione il 4 novembre? Scelta autonoma di Recuperator”
Il primo inciampo nella fragile ricostruzione dell’azienda arriva al secondo paragrafo del comunicato, dove la Recuperator scrive: “La Sig.ra Ferro presta attualmente servizio presso il reparto sigillatura di Recuperator S.p.A. dal gennaio 2022, con un contratto di staff leasing fornito da un’agenzia per il lavoro terza. Tale contratto giungerà a scadenza il prossimo 4 novembre 2025”. In realtà, ribatte il Nidil, “constatiamo che l’azienda riconosce lo stato della lavoratrice come impiegata dal gennaio 2022 con un contratto di staff leasing. Non viene però precisato che, nella somministrazione, il contratto di staff leasing non prevede una scadenza temporale: la decisione di interrompere la missione il 4 novembre è stata dunque una scelta autonoma della società utilizzatrice, che ha deciso di concludere un rapporto di lavoro che avrebbe potuto tranquillamente proseguire”.
Nidil Cgil: “Poco credibile che l’azienda non conoscesse lo stato di salute della lavoratrice”
“Si precisa inoltre – prosegue l’azienda nella nota – che quando Recuperator S.p.A. effettuò le proprie valutazioni organizzative a livello di investimenti e successiva ripianificazione della forza lavoro, non poteva conoscere lo stato di salute della lavoratrice, né prevederne l’aggravamento, secondo quanto previsto dalle normative vigenti in materia di privacy e tutela dei dati personali”. “Poco credibile” è il giudizio del Nidil su questa affermazione. Un giudizio suffragato dalla logica, visto che “Rosaria era stata visitata dal medico competente l’11 giugno 2025, e dal suo rientro usufruiva di due ore giornaliere di permesso Inps per la Legge 104/1992, regolarmente retribuite dall’Inps. L’azienda ne era quindi pienamente a conoscenza, anche perché la lavoratrice svolgeva turni di sei ore anziché otto, proprio in applicazione di tali permessi”. E la stessa lavoratrice, in una intervista a Collettiva, ha raccontato di aver parlato più volte con la responsabile del personale che, per altro, non le ha mai chiesto “come stava”, neanche dopo l’operazione per la rimozione del tumore.
Ndili Cgil: “Recuperator si uniformi ai principi etici del gruppo Carel e torni sui suoi passi”
“Oggi la direzione di Recuperator e del gruppo Carel, proprietario al 100%, conoscono ufficialmente le condizioni di salute della lavoratrice. Se volessero davvero uniformarsi ai principi etici di Carel (il gruppo che li ha acquisiti) e al riconoscimento del premio Italy’s Best Employers 2026 ricevuto due settimane fa, avrebbero la possibilità di ripensare la loro decisione”. È ciò che auspicano il Nidil e la Fiom Cgil Ticino Olona e, pensiamo con convinzione, chiunque abbia letto i dettagli di questa brutta storia di diritti calpestati.
Intanto lunedì 27 ottobre, dalle 10 alle 11 e dalle 14 alle 15, si svolgerà un’assemblea presso lo stabilimento di Recuperator di Rescaldina con tutto il personale per parlare della questione.