Operaio è morto nella tarda mattinata di oggi (16 settembre) a Leini, nel Torinese, a seguito di un incidente sul lavoro. È successo nella zona industriale della cittadina, in una ditta che si occupa di autodemolizioni. Da una prima ricostruzione dell'accaduto, l'uomo sarebbe stato schiacciato da un camion. A dare l'allarme sono stati alcuni colleghi che hanno immediatamente chiamato il 112. Sono stati inutili però tutti i soccorsi.

La Cgil di Torino chiede “interventi urgenti perché il lavoro non sia una roulette russa”. “Ancora una volta – si legge in un comunicato – un lavoratore perde la vita della nostra provincia. Quanto sta accadendo nel nostro territorio, come nel resto d’Italia, delinea la gravità di un problema, quello della insicurezza dei luoghi di lavoro, che deve essere affrontato con urgenza e determinazione, perché non è più sufficiente parlare di fatalità”.

Il sindacato ci ta i dati: nei primi sette mesi del 2025 in Italia gli infortuni mortali denunciati sono stati circa 600, con un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. In Piemonte la situazione è ancora più grave con +22% nello stesso periodo, 44 morti. “Numeri che mostrano una tendenza drammatica, che non accenna a fermarsi”.

Inoltre la mancanza di controlli si delinea come un problema strutturale: “Gli Ispettorati del avoro e gli Spresal sono sotto organico, al punto che molte aziende non vedono un’ispezione neppure una volta ogni vent’annidichiara Sarah Pantò, segretaria della CgilTorino, la quale sottolinea quanto “la mancanza di controlli produca impunità e alimenta una cultura che continua a mettere la produttività davanti alla sicurezza”.

“Quando la sicurezza resta confinata a un adempimento burocratico, a un corso fatto solo per obbligo o a un documento da archiviare, diventa rischio quotidiano. Non si tratta di fatalità, ma di un modello d’impresa che considera la fretta e il risparmio più importanti delle persone. La sicurezza, invece, significa attrezzature manutenute, dispositivi di protezione adeguati, formazione reale, ritmi sostenibili e diritto a fermarsi quando le condizioni non sono garantite” conclude Pantò.