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Il lavoro dei cittadini stranieri in Italia è sempre più fondamentale: nel 2024 vale 177 miliardi di euro, ovvero il 9% del Pil nazionale. Nel 2023 si fermava all’8,8%. Una realtà, certificata dai numeri, che per l’ennesima volta smonta tutte le posizioni politiche che demonizzano i migranti, confermandoli anzi come un valore essenziale. Ma che svela anche uno scenario di retribuzioni basse e scarse tutele.
A dirlo è il XV Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione realizzato dalla Fondazione Leone Moressa, dal titolo “Da stranieri a nuovi italiani: come cambia l’immigrazione”, anticipato oggi in parte dal Sole 24 Ore. Il risultato è chiaro: la presenza straniera nel nostro mondo del lavoro è decisiva per il mantenimento e lo sviluppo di numerosi settori produttivi, soprattutto – secondo la Fondazione – i comparti che richiedono manodopera non specializzata o che hanno difficoltà a reperire personale italiano.
Agricoltura e costruzioni ai primi posti
L’apporto dei migranti si concentra principalmente nei servizi. Particolarmente rilevante è anche in agricoltura (18%) e nel settore delle costruzioni (16,4%). I problemi arrivano però quando si guarda alle condizioni di lavoro e al salario. Gli stranieri, rivela il Rapporto, si occupano in larga parte di mansioni a bassa qualifica, spesso caratterizzate da instabilità contrattuale e condizioni lavorative precarie.
Quasi tutti a tempo determinato con stipendi bassi
A livello nazionale, la maggioranza dei contratti stipulati con cittadini stranieri è a tempo determinato, con solo l'8% dei rapporti a tempo indeterminato, soprattutto concentrati in settori come assistenza agli anziani, costruzioni, sanità, cave e miniere, e servizi di informazione e comunicazione.
Il contributo riveste una doppia funzione: da un lato sostiene le attività quotidiane delle imprese, dall’altro rivela la crescente disaffezione degli italiani verso alcune tipologie di impiego, ritenute faticose, poco qualificate o scarsamente retribuite.
Uno scenario che, va da sé, solleva interrogativi importanti sul futuro del mercato del lavoro italiano: in assenza di interventi strutturali volti a formare nuovi lavoratori, garantire contratti e salari adeguati, il rischio sempre maggiore è che aumenti il lavoro straniero ma senza integrazione, giusta paga e stabilità.
Incidenza superiore al Nord
Qualche anticipazione viene poi fornita sui dati regionali. L'analisi territoriale evidenzia una polarizzazione geografica, con un'incidenza nettamente superiore nelle Regioni del Nord-Italia. Scorrendo le cifre, l'incidenza dei migranti nel Sud e nelle isole è pari a 19,2 miliardi di euro, inferiore al valore registrato nel solo Veneto che tocca quota 19,8 miliardi.
Insomma, si impone sempre più la necessità di ripensare il mercato del lavoro italiano, in termini di diritti, per evitare che i migranti siano “sfruttati” e portarli a una condizione di lavoro dignitoso senza limitarsi a svolgere le mansioni poco pagate che vengono rifiutate dalla popolazione italiana.