“È una manovra contro lavoratori e pensionati”. Il giudizio del segretario generale Cgil Maurizio Landini, oggi (lunedì 22 dicembre) sulle pagine di Repubblica, su legge di bilancio ed esecutivo è netto: “Un governo che agisce contro i lavoratori e usa i pensionati per fare cassa da girare a imprese, armi e per far quadrare i conti, non può che rafforzare le nostre ragioni”.

Per Landini questo è “un governo che fa male al Paese. Per loro viene prima e solo la difesa del potere. E intanto: povertà in aumento, produzione industriale in calo da tre anni, 25 miliardi di tasse in più pagate da lavoratori e pensionati, mentre si tutelano rendite e grandi patrimoni”.

Fisco, salari, pensioni e precarietà restano le priorità della Cgil. “Lavoriamo a una legge di iniziativa popolare per rilanciare la sanità pubblica”, aggiunge: “E proseguiamo la trattativa con Confindustria e le altre associazioni su rappresentanza, sicurezza e superamento dei contratti pirata. Non è il momento di investire in armi, ma in politiche industriali, lavoro e futuro”.

La legge di bilancio

“Lo spettacolo indegno di queste ore sul maxi emendamento alla manovra conferma che c’era una ragione di più per scioperare”, spiega il leader sindacale: “Questo governo non vuole discutere con nessuno, né con il Parlamento né con le parti sociali. Regge solo per il potere, non per rispondere ai bisogni delle persone. E porta il Paese al declino e alla recessione”.

Il segretario generale Cgil evidenzia che con questa legge di bilancio “si taglia sui più deboli mentre si sta dalla parte dei forti. Quale messaggio passa dal penalizzare lavoratori precoci e usuranti per spostare risorse anche a quelle imprese che non rispettano i contratti e risparmiano sulla sicurezza? Che si può anche morire di lavoro. Una logica inaccettabile”.

Landini stigmatizza anche il ripristino dell’emendamento Pogliese, già bocciato a luglio e spuntato all’ultimo in legge di bilancio: “L’ennesima cattiveria contro i lavoratori che perdono il diritto agli arretrati quando un giudice stabilisce che la loro retribuzione è troppo bassa. Una norma che non c’entra nulla con la finanziaria, ha un profilo di incostituzionalità e di cui chiediamo il ritiro immediato”.

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Giovani e previdenza

“Il problema dei giovani è la precarietà senza fine”, argomenta il dirigente sindacale: “Quando sei precario spesso non arrivi neanche alla pensione integrativa. Prima servono salari dignitosi e lavoro stabile. E resta una questione enorme: come e dove vengono investiti dai fondi i soldi dei lavoratori e delle imprese? Oggi finiscono spesso fuori dal Paese, invece dovrebbero essere messi al servizio della crescita».

Riguardo il tema delle pensioni, il segretario generale rimarca che “si fa solo cassa, puntando a favorire la privatizzazione del sistema previdenziale. Ai giovani, invece, serve una pensione di garanzia. E va riconosciuto che l’aspettativa di vita non è uguale per tutti. Si va verso un’uscita a 70 anni o con 45 di contributi, sono riusciti persino a peggiorare la legge Fornero”.

Le politiche per il lavoro

“I salari non permettono di arrivare a fine mese e la tassazione su lavoratori e pensionati aumenta”, sottolinea Landini: “Gli investimenti pubblici calano, il Pnrr finisce l’anno prossimo e molte risorse non sono state spese. Giovani e donne restano ai margini”.

Il leader Cgil rileva che “la Ragioneria dello Stato certifica che il 90 per cento della spesa per investimenti è trasferito alle imprese senza condizioni. La detassazione dei rinnovi è parziale e vale persino per i contratti pirata, intanto si taglia su sanità, casa, istruzione, Comuni e Regioni. E non si rispettano gli impegni su salute e sicurezza, mentre in questo Paese si continua a morire sul lavoro”.

Industria

Alle accuse della premier Meloni di non occuparsi delle crisi industriali, a partire da Stellantis, Landini risponde ricordando che “nel 2010, quando partì l’operazione Marchionne-Fiat, loro erano al governo e sostennero le scelte degli azionisti di cui oggi si vedono i frutti. Non possono dare lezioni alla Cgil né alla Fiom, che in solitudine e per anni hanno chiesto una politica industriale diversa. Senza intervento pubblico rischiamo di perdere settori strategici, a partire dall’ex Ilva”.

Il fiscal drag

“Il fiscal drag non dovrebbe proprio esistere”, conclude il segretario generale: “Non è che se ti restituisco una parte ti sto facendo un favore: quei soldi non andavano tolti. Lavoratori e pensionati continuano a pagare quel meccanismo, mentre profitti e rendite crescono. La domanda è semplice: se i salari non aumentano quando salgono i profitti, quando dovrebbero farlo?”.