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Per i licenziamenti nelle piccole imprese è incostituzionale il “tetto” di sei mensilità imposto all'indennità risarcitoria. Lo afferma la Corte costituzionale nel pronunciamento di oggi, con riferimento all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo numero 23 del 2015. La cancellazione del tetto era inclusa nei quesiti referendari dello scorso 8 e 9 giugno.
La Consulta smentisce proprio il decreto. Il testo stabiliva che, nel caso di licenziamenti illegittimi intimati da un datore di lavoro che non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, dello Statuto dei lavoratori – cioè non occupi più di quindici lavoratori – l'ammontare delle indennità risarcitorie “non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità” dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
Per la Corte, invece, l’imposizione di un simile limite massimo, fisso e insuperabile, a prescindere dalla gravità del vizio di licenziamento non è costituzionale.
Non c’è adeguatezza e congruità del risarcimento
Il limite imposto, spiega, fa sì che l'ammontare dell'indennità sia circoscritto entro una forbice così esigua da non consentire al giudice di rispettare i criteri di “personalizzazione, adeguatezza e congruità del risarcimento” del danno sofferto dal lavoratore illegittimamente licenziato. Allo stesso tempo non viene assicurata la funzione deterrente dell’indennità nei confronti del datore di lavoro.
Serve un intervento legislativo
La Corte esprime quindi l’auspicio di un intervento legislativo sul tema dei licenziamenti di dipendenti. Infine ricorda che, nella legislazione europea e in quella nazionale, anche riguardante altri comparti, il criterio del numero dei dipendenti non costituisce l’esclusivo indice rivelatore della forza economica dell'impresa: non può dunque attestare in automatico la sostenibilità dei costi connessi ai licenziamenti illegittimi.