Proprio non vuol sentire. La multinazionale svedese del mobile sembra davvero quel sordo che non vuol sentire: per l’ennesima volta ha fatto saltare il tavolo per il rinnovo del contratto integrativo aziendale che è scaduto dal 2019.

Stiamo parlando di ben 7.400 lavoratrici e lavoratori, che consentono l’apertura di tutti i punti vendita Ikea ogni giorno dell’anno, nei grandi centri commerciali della capitale: erano l’unica struttura aperta anche il giorno di ferragosto. Dopo un nuovo tentativo messo in campo dai sindacati per riaprire la trattativa, la direzione aziendale ha nuovamente respinto le proposte avanzate, ignorando le legittime richieste delle lavoratrici e dei lavoratori.

“Con senso di responsabilità – recita un comunicato firmato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs – abbiamo cercato di riportare l’azienda a un confronto di merito, con l’auspicio di giungere a risposte concrete alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori. Tuttavia, nonostante gli sforzi sindacali, la situazione delle relazioni a livello territoriale che di punto vendita registrano criticità al punto tale che ormai l’azienda decide e successivamente comunica senza attivare confronti finalizzati ad esaminare e a definire eventuali intese anche di materie decentrate, così come previste dal Ccnl, su organizzazione del lavoro, turni e mansioni”.

“Ikea, infatti – prosegue la nota - ha continuato ad agire unilateralmente nei confronti dei propri dipendenti, adottando una serie di iniziative che non contribuiscono certo a rasserenare il clima aziendale”. “Emblematico - sottolineano i sindacati - è il recente provvedimento con cui l’azienda nega l’accesso al servizio mensa ai lavoratori part-time con pause ridotte, disattendendo accordi e prassi consolidate da oltre trent’anni”. Un atto che “disconosce il valore delle persone che ogni giorno garantiscono con la loro professionalità il successo del marchio Ikea”.

Si è arrivati al paradosso che l’azienda ha inoltre respinto la proposta sindacale di procedere al confronto almeno sulla parte economica, riconoscendo le parziali convergenze già raggiunte su maggiorazioni domenicali e pagamento della malattia, rinviando ogni discussione. Perché? La ragione è semplice, dopo anni di crescita consistente, le vendite si sono stabilizzate ad un livello, si potrebbe definire, standard. Peraltro come si pensa sia possibile che italiane e italiani unici in Europa, che hanno visto diminuire il potere di acquisto delle proprie buste paga, possano comprare arredi di casa a cuor leggero?

Secondo i sindacati: “Non possono essere una giustificazione le presunte difficoltà economiche legate al mancato raggiungimento di alcuni obiettivi di budget, circostanza che comporterà, tra l’altro, il mancato pagamento del premio in alcuni punti vendita, arrivando addirittura a considerare come aggravio di costi il rinnovo del Ccnl della Distribuzione moderna organizzata”. È bene ricordare, qui sta il paradosso, che gli ultimi anni - lo dicevamo – Ikea ha registrato risultati assai positivi.

“Ikea dimentica che nei momenti di reale difficoltà – osservano Filcams, Fisascat e Uiltucs – le organizzazioni sindacali hanno sempre dimostrato senso di responsabilità, accettando anche scelte difficili. Oggi, di fronte a un progressivo peggioramento delle condizioni economiche dei lavoratori, l’azienda rifiuta di riconoscere quanto era già previsto a budget se il Cia fosse stato sottoscritto a inizio anno”.

Per queste ragioni, le tre organizzazioni sindacali confermano la prosecuzione dello stato di agitazione e annunciano una nuova fase di mobilitazione, dopo le azioni di sciopero nazionale e protesta dei mesi scorsi, con assemblee in tutti i punti vendita per condividere con le lavoratrici e i lavoratori le prossime iniziative di azione sindacale.