Oggi Firenze diventa il centro della protesta del settore tessile. In piazza degli Antinori si tiene la manifestazione unitaria promossa da Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil, Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm. La Cgil nazionale partecipa al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori per respingere lo scudo penale inserito nella legge per le Pmi. Una scelta giudicata pericolosa perché riduce la responsabilità delle imprese committenti nella filiera della moda.

Alessandro Genovesi, responsabile del contrasto al lavoro nero della Cgil nazionale, denuncia “un arretramento che rischia di colpire chi già vive condizioni fragili”. La nuova impostazione assolverebbe i grandi marchi dalle mancate verifiche lungo gli appalti e le forniture. Una sorta di paratia che copre omissioni e lascia scoperti migliaia di lavoratori. La filiera continuerebbe così a produrre zone grigie dove proliferano irregolarità e abusi.

Il fenomeno è noto. Le inchieste hanno messo in luce sistemi di sfruttamento diffusi, con paghe basse, orari pesanti e contratti elusi. Una dinamica che danneggia le persone coinvolte ma anche gli artigiani che rispettano la legge. La concorrenza sleale diventa infatti un elemento corrosivo. Riduce la qualità del lavoro e altera il mercato. È una realtà che il sindacato non intende accettare.

Le categorie del tessile hanno già definito una proposta. Indici di coerenza mirati. Rafforzamento della responsabilità dei committenti. Certificazioni pubbliche, accessibili e trasparenti. Strumenti pensati per garantire legalità e qualità. Servono per difendere la filiera e tutelare chi produce valore con professionalità e rispetto delle norme.

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Il testo in discussione in Parlamento va invece in un’altra direzione. Introduce una certificazione privata e a pagamento, fondata su criteri deboli. Un sistema che, osserva Genovesi, “finisce per svuotare la legge 231 sulla responsabilità d’impresa. Diventa un dispositivo di copertura. Rischia di trasformarsi in una formalità che non incide sul controllo reale della filiera”. Un favore ai committenti che non intendono assumersi i propri obblighi.

La richiesta avanzata oggi a Firenze è chiara. Ritiro immediato della norma e apertura di un tavolo di confronto. Il settore ha bisogno di responsabilità condivisa e di controlli efficaci sul territorio. La moda italiana vive del lavoro di migliaia di persone che ogni giorno garantiscono qualità riconosciuta nel mondo. Tutelare queste lavoratrici e questi lavoratori significa tutelare l’intero sistema produttivo. Una scelta che non può essere sacrificata in nome di scorciatoie legislative.

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