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La Puglia si avvia al voto per il rinnovo della giunta regionale. Nell’ora più buia. Con il disastro dell’ex Ilva di Taranto che incombe e minaccia un terremoto sociale. In un tessuto già fragile, come hanno svelato anche i dati del recente sondaggio sui salari commissionato dalla Cgil Puglia all’Osservatorio Futura, dal quale si evince che sei pugliesi su dieci arrivano tra mille difficoltà alla fine del mese e più della metà del campione intervistato ha dichiarato uno stipendio che non supera i 1400 euro al mese. Ne abbiamo parlato con Gigia Bucci, segretaria generale della Cgil regionale.
Segretaria, queste elezioni regionali cadono a poche ore dal terremoto dell’Ilva a Taranto. Che luce getta lo stato dell’acciaieria su questo voto?
Il segnale è devastante. Le scelte del governo vanno in senso opposto a ciò che servirebbe, la decarbonizzazione e la riqualificazione del sito. La realtà è che il governo non vuole rilanciare l’Ilva, ma celebrarne la morte. Siamo molto preoccupati, Taranto senza Ilva è una città che non esiste. E questa, considerate le dimensioni della fabbrica e il peso della siderurgia nel quadro della produzione industriale, è una condizione pericolosa non solo per la Puglia, ma nella dimensione nazionale e persino europea. Eppure la volontà di questo governo è quella di liberarsene.
Pochi giorni fa avete presentato ai candidati alla guida della Regione le vostre priorità. Quali sono?
In Puglia il manifatturiero è attraversato da una profonda crisi che rischia di far perdere la vocazione industriale della regione. Prevalgono settori a basso valore aggiunto dove prolifera il lavoro dequalificato, precario e intermittente. Questo genera una condizione di povertà generale persino dove c’è occupazione. Si abbassa il livello dei consumi, esplode la crisi demografica. E queste condizioni, unite al fatto che non ci sono interventi da parte del governo che tentino di migliorare il quadro o almeno di rallentare la caduta, determinano una situazione di generale arretramento.
Non c’è niente in manovra che possa rivelarsi di aiuto?
Niente. Nella manovra in discussione non c’è niente che possa cambiare le cose. Non c’è un euro investito sul lavoro di qualità, sulla condizione del Mezzogiorno, anzi, questa finanziaria, così com’è, cronicizza la crisi che qui da noi ormai non è solo industriale, ma anche sociale.
Eppure in Puglia da vent’anni governa il centrosinistra. Nonostante i passi avanti in questo lungo periodo, il territorio, come detto, è in forte sofferenza. Che cosa si può fare?
La Puglia è cambiata tantissimo in questi vent’anni, ha scalato le classifiche nazionali e internazionali su molti fronti: ambiente, clima, arte, turismo. Il punto dolente resta sempre lo stesso: si è disinvestito sul lavoro di qualità e questo ha impoverito la regione. Per questo la nostra principale richiesta ai candidati è di rimettere al centro la buona occupazione e concentrare le risorse su settori e filiere strategiche. Non basta attrarre investimenti di imprese, che pure ci sono stati: bisogna rimettere al centro la qualità del lavoro che questi investimenti creano. La Puglia non deve più essere solo terreno di espansione delle multinazionali. Sul nostro territorio l’occupazione che crei prospettive di vita deve tornare la priorità. Altrimenti succede quel che sta accadendo da anni, pur avendo importanti università e il politecnico: i nostri giovani continuano a emigrare. Questo significa che la politica regionale sugli investimenti delle imprese non ha funzionato. Abbiamo bisogno di una politica che si riconnetta al valore del lavoro, fatto di salari e diritti.






















