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I tifosi del Barcelona Fútbol Club saranno contenti. Sabato 22 novembre riapre il loro stadio. Il Camp Nou, in ristrutturazione ormai da due anni, ospiterà una gara di Liga tra i padroni di casa e l’Athletic Club. Riapre a metà, con una capienza consentita per sole 45 mila persone. Ma comunque riapre, e i culés potranno, beati loro, tornare a godersi gli slalom di Lamine Yamal, la stella nascente blaugrana, il ragazzo “fortissimo sia nello scatto repentino sia in progressione”, “delicato nel tocco ma squassante nel tiro laddove predilige i colpi con effetto a rientrare”, come ha scritto Massimo Raffaeli in un bel pezzo recente sul Manifesto.
La protesta degli operai turchi e le accuse a Ekstreme Works
Tanta gioia risulterà però indigesta per chi quello stadio lo sta ricostruendo. C’è infatti un grosso problema che da settimane affligge quello che ama definirsi “più che un club”. L’azienda che sta rinnovando il Camp Nou ha infatti licenziato o lasciato senza salario molti suoi addetti che, il 19 novembre, hanno nuovamente manifestato davanti allo stadio. Sono operai di nazionalità turca. Sostenuti dalle CCOO catalane (la confederazione sindacale), si sono riuniti per contestare quasi cinquanta licenziamenti ritenuti “ingiustificati” e il mancato pagamento puntuale degli stipendi.
Carlos del Barrio, sindacalista delle CCOO, ha spiegato ai giornalisti che i lavoratori turchi della ditta Ekstreme Works “non ricevono lo stipendio e lavorano qui senza documenti”. Secondo Del Barrio, l’azienda “sta facendo pressione su di loro, trattenendo loro lo stipendio, con l'intenzione di fargli firmare un accordo senza alcun tipo di garanzia per farli tornare nel loro Paese”.
La responsabilità di Limak e la filiera del subappalto
Ekstreme Works è un subappaltatore di Limak, la grande impresa edile turca. Questi cinquanta operai sono stati arruolati in condizioni irregolari, e ora rischiano l’espulsione. “Vogliono rimandarli nel loro Paese senza alcuna garanzia”, denuncia il sindacato. Del Barrio ha avvertito che “nel momento in cui metteranno piede sul suolo turco, la loro capacità di difendersi sarà ridotta”. Il sindacato richiede l’iscrizione formale di questi lavoratori alla previdenza sociale, la “regolarizzazione” delle loro retribuzioni e che sia attivato “il meccanismo previsto dalla normativa sull'immigrazione per la regolarizzazione straordinaria attraverso la cooperazione con le autorità del lavoro”.
La rete transnazionale dei sindacati CCOO e Disk
Le CCOO hanno segnalato le irregolarità all'Ispettorato del Lavoro, e hanno avviato una campagna transnazionale in coordinamento con il sindacato turco Disk. Inoltre denunciano che “tutto ciò avviene con la permissività del Barça, che, in quanto promotore dei lavori, dovrebbe garantire che tutte le aziende subappaltatrici rispettino scrupolosamente la legge”. La segretaria generale della CCOO della Catalogna, Belén López, ha inviato una lettera al presidente del Barcellona, Joan Laporta, per chiedergli di impegnarsi personalmente nella risoluzione della vertenza.
L’Ispettorato del lavoro entra in scena
Il quotidiano El Confidencial riporta che lo scorso 25 settembre una ventina di ispettori del lavoro hanno visitato il cantiere, e hanno accertato che diversi operai lavoravano senza i permessi richiesti . "L'Ispettorato del lavoro sta emettendo contravvenzioni per ogni persona in situazione irregolare e l'indagine è in corso", scrive il quotidiano. Già nel luglio 2024 l'Ispettorato catalano aveva “regolarizzato” circa 1,5 milioni di euro di salari non pagati o sottopagati per quasi 1.100 lavoratori in subappalto nel cantiere.
“Più che un club”? Quando lo slogan si scontra con la realtà del cantiere
Come ha ricostruito Kivanc Eliacik, responsabile delle relazioni internazionali del sindacato turco Disk e scrittore, la filiera del reclutamento e del subappalto sotto l’ombrello di Limak passa per un’agenzia interinale turca con sede in Lituania. Il personale viene selezionato direttamente in Turchia a condizioni salariali locali e successivamente trasferito passando per Paesi come Romania o Ungheria.
Una volta arrivati, gli operai finiscono in abitazioni estremamente affollate. Le loro settimane lavorative oscillano tra le 50 e le 60 ore, con stipendi inferiori agli standard spagnoli. Alcuni raccontano di essere stati presenti sul cantiere da sei fino a dodici mesi; altri sostengono di essere stati allontanati dopo essersi iscritti alle CCOO.
Finora il Barcellona Fc si è difeso scaricando ogni responsabilità sull’azienda edile in subappalto. Ma per Eliacik “non si può coprire una recinzione di cantiere con la scritta ‘più che un club’ quando gli uomini dietro di essa valgono meno di un contratto. Dare la colpa ai subappaltatori non è sufficiente. Se il Barça fosse sincero, dovrebbe rendere pubblica l'intera catena di controllo, rivelare le condizioni di sicurezza dei lavoratori e accettare la responsabilità congiunta di tutti i subappaltatori”.
Migranti e lavoro in Europa: il quadro più ampio
Conclude il sindacalista e scrittore turco: “Questa non è solo una storia di Barcellona. Per un decennio, il profilo dell'Europa è stato caratterizzato da manodopera migrante razzializzata. Dietro le quinte, gli intermediari trasformano i lavoratori in merce di scambio”.























