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I sindacati si aspettano una proroga della cassa integrazione nel siderurgico di Taranto. Alla ripresa, dopo le ferie, si prevedono insomma tempi difficili per lo stabilimento, ora gestito da ArcelorMittal dopo essere stato nelle mani della gestione commissariale Ilva. La cassa integrazione scadrà a fine settembre, ma i segnali non paiono affatto positivi. L'azienda, infatti, non ha ancora comunicato ufficialmente nulla, e secondo Antonio Talò, segretario della Uilm di Taranto, si prospetta una proroga della cassa integrazione, se non “un suo appesantimento”.
Attualmente sono 1.400 i lavoratori di ArcelorMittal in cassa ordinaria dal primo luglio scorso. A fine settembre, tra l’altro, è prevista la fermata dell'altoforno 2 a seguito del sequestro senza facoltà d'uso disposto dalla magistratura. E se non si muoverà nulla sul fronte giudiziario l'altoforno dovrà essere spento, con conseguente ulteriore cassa integrazione.
Negli incontri di giugno, Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm hanno ripetutamente chiesto ad ArcelorMittal di soprassedere alla cassa o, quantomeno, di rivederla nei numeri, riducendoli, ma nessuna risposta è arrivata dall'azienda. E c’è anche il problema dell'indotto, tra ristrutturazioni, taglio di costi e nuovi appalti. Sull'indotto-appalto, osserva Francesco Brigati, segretario della Fiom di Taranto, “abbiamo chiesto ad ArcelorMittal un confronto specifico. Rilanceremo la richiesta con la ripresa di settembre. Vogliamo sapere quanti e quali sono le aziende, che tipo di attività svolgono e con quanti addetti. Abbiamo inoltre avanzato delle richieste come la tutela occupazionale dei lavoratori a fronte di cambi di appalto e di subentro di nuove imprese e la necessita' di evitare ogni forma di dumping contrattuale".
"Il clima feriale e l'assenza di molti dirigenti non ci consente, per ora, di fare un aggiornamento di situazione - sostiene Biagio Prisciano, segretario della Fim - ma da lunedì prossimo si rientra e con la ripresa ricominceremo a discutere dei vari temi in sospeso. Per esempio, c'è da attuare, e controllare nell'attuazione, tutta la parte di investimenti, lavori e rifacimenti che nelle scorse settimane abbiamo concordato con ArcelorMittal nella task force specifica voluta dal Mise".
La crisi di governo, poi, non aiuta di certo. Il futuro della fabbrica dipende anche dal Dl Imprese che, modificando il Dl Crescita, dovrebbe parzialmente ripristinare, e con una diversa finalizzazione, l'immunità penale collegata all'attuazione del piano ambientale dell'acciaieria abolita il 6 settembre prossimo. Il provvedimento è stato approvato il 6 agosto con la formula del "salvo intese", quindi ufficialmente ancora non c'è. Se non sarà modificata la norma sull'immunità, ArcelorMittal ha già dichiarato da settimane l’intenzione di lasciare Taranto. Penso che il nuovo decreto prima o poi ci sarà anche perché non contiene solo misure per l'ex Ilva ma anche per le altre crisi aziendali – commenta ancora Brigati –. Certo ora l'immunità termina il 6 settembre ma non sarei drastico e ultimativo su questa data. La nuova norma può anche arrivare qualche giorno dopo”. Intanto i lavoratori in cassa di Taranto non possono far altro che aspettare.