Quanto costa l’università italiana? Certamente troppo. Ma non solo: almeno 11 atenei hanno una tassazione fuorilegge. E questo, confrontato al panorama europeo è sconfortante e tocca un tema più generale che va oltre le tasse: e cioè il fatto che in Italia il diritto allo studio non è garantito. 

Sono le amare considerazioni che possono farsi a una lettura della ricerca  "Università, quanto mi costi", un'analisi dettagliata sulla situazione delle tasse universitarie in Italia realizzata dall’Udu (l’Unione degli universitari e presentata oggi (4 giugno) presso la Sala Truffi a Roma. 

Partiamo dai costi. In Italia la tassa media per gli studenti iscritti agli atenei pubblici oscilli tra i 900 e i 1000 euro, mentre per gli atenei privati si arriva a una media di 3.408 euro. Invece, un master presso un ateneo pubblico viene in media 3.543 all’anno.

Il gettito complessivo derivante dalla contribuzione studentesca per gli atenei pubblici italiani si attesta intorno a 1,5 miliardi di euro che diventano 1,8 miliardi considerando tutti i proventi per la didattica.  “Questo dato – sottolinea Simone Agutoli dell’esecutivo nazionale dell’Udu – dimostra come le università dipendono in maniera preoccupante dalle tasse degli studenti per il proprio sostentamento finanziario. È inaccettabile che il governo non intervenga per garantire un'adeguata copertura finanziaria degli atenei tramite fondi pubblici”.

Sulla stessa lunghezza d’onda la Cgil. Così la segretaria confederale Lara Ghiglione: “Bisogna garantire a tutte e tutti il pieno accesso allo studio e ai saperi. La conoscenza è il motore dell’ascensore sociale, se si inceppa ciò rappresenta un problema per lo sviluppo dell’intero Paese”.

Per la sindacalista “sono tante e tanti a lasciare gli studi perché non possono sostenerne i costi: ciò porta a disperdere un enorme patrimonio di conoscenze e intelligenze di cui il nostro Paese avrebbe enorme bisogno per affrontare le sfide del presente e del futuro: transizioni ecologica e digitale, innovazione, ricerca”.  

L’Europa è lontana

Il rapporto prosegue con un confronto con il resto dell’Europa che è impietoso: "La tassazione universitaria italiana è tra le più alte d'Europa, nonostante dal 2017 al 2021 ci siano stati alcuni interventi calmieranti che hanno innalzato l’esonero totale a 22 mila punti Isee. Ci preoccupa però che il governo Meloni abbia fermato qualsiasi progresso nella riduzione delle tasse, esponendo gli studenti al rischio di un ulteriore aumento". dichiara sempre Agutoli. 

Ed è certamente una fake news quella della ministra Bernini che recentemente ha parlato di un 40% di studenti che non pagano le tasse. “Tale percentuale – puntualizza Agutoli – è valida solo per gli studenti che frequentano gli atenei statali, non per la totalità degli studenti universitari italiani. Ad oggi, meno di un universitario su tre non paga le tasse universitarie”.

In più molti atenei non ricevono adeguati rimborsi dal ministero per gli esoneri concessi, creando un'ulteriore disparità finanziaria. Si tratta di uno squilibrio colpisce soprattutto gli atenei del Sud Italia, dove il numero di studenti esonerati è molto elevato. Per l’Udi dunque “è essenziale che il ministero garantisca un'entrata media uniforme per tutti gli iscritti".

Sud penalizzato

La ricerca evidenzia poi enormi divari territoriali nella tassazione media tra gli atenei italiani. Le università del Nord Italia tendono a ottenere un gettito estremamente più elevato rispetto a quelle del Sud, aggravando ulteriormente le disuguaglianze regionali. Si passa da una tassa media per iscritto pari a 400-500 euro per Sassari, Foggia, Napoli Orientale e Calabria fino a un massimo di 1400-1600 euro per Insubria, Politecnico di Milano e i due atenei di Venezia. L’ateneo con il gettito più alto percepisce una tassa media che è superiore di tre volte e mezzo quella dell’ateneo con il gettito più basso.

E poi c’è un tema centrale. Almeno 11 atenei superano il limite massimo della tassazione stabilito dalla legge. Il Dpr n. 306/1997 impone infatti che le università possano chiedere al massimo il 20% di contribuzione studentesca rispetto al finanziamento ordinario statale. Recentemente, riprende il dirigente dell’Udu, il Consiglio di Stato che ci ha dato ragione in occasione di un importante ricorso contro l’Università di Torino, condannandola a rimborsare 39 milioni di euro”.

Secondo una prima rilevazione dell’Udu sono infatti 11 gli atenei fuorilegge (Insubria, Politecnico di Milano, Venezia Ca’ Foscari, Milano Bicocca, Milano Statale, Verona, Bologna, Piemonte Orientale, Modena-Reggio Emilia, Padova e probabilmente Venezia IUAV) che superano il limite di legge, raccogliendo illegalmente 68 milioni di euro. Con una seconda rilevazione, altri 3 atenei (Udine, Pavia e Torino) si aggiungono alla lista, portando il totale dello sforamento a 92 milioni di euro. “È gravissimo che questo accada e che il Governo faccia finta di nulla”, commenta Agutoli.

Per un’università gratuita

Su questo tema l’Udu ha le sue proposte per un modello più equo e accessibile per la contribuzione studentesca. L’obiettivo finale è quello di rendere l'istruzione universitaria completamente gratuita, finanziata dalla fiscalità generale, operazione per la quale servirebbe uno stanziamento aggiunto pari a 2,2 miliardi.

"Solo così potremo eliminare qualsiasi barriera all’accesso e favorire un accesso alla conoscenza diffuso e democratico. Ancora oggi, se non sei esonerato per motivi reddituali o di merito, per studiare all’università subisci una tassazione molto pesante; mentre i master risultano quasi sempre inaccessibili. Chiediamo alla ministra Bernini di garantire adeguati finanziamenti e impedire gli aumenti delle tasse universitarie che stiamo vedendo in alcuni atenei”, sottolinea Agutoli.

“Sosteniamo l’Udu nelle sue richieste e pensiamo che questo sostegno stia pienamente dentro il nostro percorso in difesa della Via Maestra tracciata dalla Costituzione, che passa anche per la liberazione del lavoro di tutte e tutti, giovani compresi, dallo sfruttamento, dalla precarietà e dalla povertà salariale: è questo l’obiettivo dei quattro referendum e della proposta di legge che stiamo promuovendo”, conclude Ghiglione.