I rider rischiano quando ci sono le ondate di calore. Rischiano quando ci sono le alluvioni e le bombe d’acqua. Ma rischiano anche perché sono iperconnessi e sono sovra-reperibili. In una parola, rischiano perché sono sfruttati in un modo che rasenta lo schiavismo digitale: l’organizzazione del lavoro determinata dall’algoritmo incide sui diritti fondamentali e l’abuso si consuma sempre, con condizioni climatiche estreme come quando c’è una fresca arietta primaverile.

L’hanno chiamato caporalato digitale: l’algoritmo non fa altro che peggiorare le condizioni lavorative dei ciclofattorini. “Ma forse sarebbe più giusto chiamarlo padronato digitale – afferma Marco Omizzolo, sociologo, docente e ricercatore Eurispes, membro della consulta legalità della Cgil -; non c’è l’intermediazione di un caporale: qui lo sfruttamento è diretto, viene da un padrone, che è la piattaforma. E le situazioni meteo che intervengono sull’attività del rider si intersecano con le modalità di reclutamento e di impiego mediante algoritmo”.

Stop nelle ore più calde

Sono tante le Regioni che hanno adottato provvedimenti che vietano d’estate il lavoro all’aperto nelle ore più calde della giornata per alcune categorie: oltre ai rider, per chi lavora nei cantieri, nei vivai, nell’agricoltura, nelle cave. Finora Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sicilia, Toscana, Lombardia, Abruzzo, Emilia Romagna e Sardegna. Si prendono a riferimento i dati del sito worklimate.it di Inail e Cnr e scatta o dovrebbe scattare il divieto dalle 12.30 alle 16.30. Nel caso dei rider, l’emergenza caldo è finita sotto i riflettori e all’attenzione dei giudici.

Gli obblighi (disattesi) di Glovo

Un’ordinanza del tribunale di Milano dell’8 luglio scorso, frutto di un ricorso promosso da Filcams e Nidil Cgil, aveva imposto a Glovo di distribuire dispositivi di protezione, abbigliamento idoneo, acqua, sali minerali e creme protettive e di avviare un confronto e una consultazione preventiva con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sui rischi.

Per tutta risposta, Glovo ha annunciato misure come corsi online, bonus da 10 centesimi per ogni consegna con oltre 32 gradi, bonus di 50 centesimi per ogni giorno in cui viene completata almeno una consegna con temperature superiori o uguali ai 32 gradi per l’acquisto di sali minerali e un rimborso una tantum di 5 euro per una borraccia termica. Provvedimenti del tutto unilaterali e insufficienti, ha denunciato il Nidil Cgil, perché inadeguati rispetto ai reali rischi per la salute.

Sfruttamento a 360°

“Ma oltre alla variabile caldo estremo, ci sono i fattori subordinazione, sfruttamento e ricattabilità, accertati anche dalle procure – prosegue Omizzolo -. In un Paese dove la Costituzione è fondata sul lavoro e su una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto, che sia sufficiente per assicurare un’esistenza libera e dignitosa, non ci possiamo concentrare solo sulle condizioni meteorologiche ma anche sulle caratteristiche specifiche legate alle modalità di reclutamento e impiego”.

Quindi, non solo colpi di calore, cadute improvvise, svenimenti o rischio di incidenti per stress eccessivo. “Queste problematiche vanno inserite in un ambito più ampio – prosegue il ricercatore -, quale l'inadeguato governo dell'interazione tra digitalizzazione e lavoro, responsabile della compromissione ricorrente del processo, peraltro costituzionalmente previsto, dell'inclusività sociale delle persone così impiegate”.

Digitalizzazione senza regole

A questo proposito, Maria Barberio nel saggio Sfruttamento del lavoro e digitalizzazione: condizioni di lavoro, obbligo di reperibilità, predominio dell'algoritmo e ruolo degli enti locali (Rubbettino 2024) spiega come “la digitalizzazione deregolamentata può diventare uno strumento per la proliferazione di fenomeni di lavoro povero, irregolare e insicuro, con una specifica prevalenza in tal senso, per via del carattere imprevedibile del meteo di questa estate, di danni irreparabili per coloro che sono impiegati in questo genere di attività”.

Non solo meteo

L’algoritmo e il suo funzionamento concorrono a determinare una forma di sfruttamento opaco dei rider: per essere affidabile, il lavoratore deve rispondere sempre positivamente alla sua chiamata, da cui deriva l’obbligo di subappaltare la consegna.

“I provvedimenti emanati dalle Regioni quindi, sebbene fondamentali ai fini della tutela della salute dei rider, bypassano le condizioni specifiche che fanno di questi lavoratori degli sfruttati della gig economy – prosegue Omizzolo -, che solo una riorganizzazione per via normativa e dunque politica della relativa filiera e settore potrebbe, probabilmente, arginare”.

Il dito e la luna

E qui toniamo ai rischi per la salute, come estreme conseguenze della digitalizzazione, a pericoli nuovi frutto di modelli organizzativi di lavoro complessi e parcellizzati, in cui la titolarità degli obblighi di prevenzione finisce per essere messa in discussione.

Tutti rischi che devono essere trattati dal legislatore insieme al pericolo meteo. In definitiva, conclude il ricercatore, “concentrarsi solo sulla variabile meteo, isolandola dal contesto lavorativo dei rider e dalla sua organizzazione specifica, è un po' come guardare il dito quando esso indica la luna”.