Questo reportage fa parte di Collettiva Academy, il progetto di collaborazione tra la redazione di Collettiva e gli studenti del corso di laurea in Media, comunicazione digitale e giornalismo dell’Università La Sapienza di Roma. Gli autori sono studenti che hanno partecipato al nostro laboratorio di giornalismo narrativo.


“Quando ho iniziato ad avere dei dubbi sull’identità di genere è arrivato un momento in cui ho chiesto a chi mi stava intorno di provare a darmi pronomi maschili. È andata a finire che la prova non è mai finita.” Elia David, ragazzo trans di 22 anni sorride timidamente, mentre in sottofondo Roma scorre caotica. Il cielo è azzurro, terso, tipico delle ottobrate romane. Mentre parla gli si illuminano gli occhi, come se il sole ci creasse giochi di colore. Con le dita si sfiora la barba, aggrappandocisi per sfuggire all’imbarazzo del momento. Ci racconta delle prime fasi della transizione. È stato difficile arrivare alla consapevolezza di essere una persona trans quando si è cresciuti rispettando determinati costrutti sociali: “Mi ricordo dei momenti strazianti di mia mamma mentre mi metteva le calze lunghe che io evitavo in tutti i modi di alzarle. Oppure dovevo indossare per forza gonne, io le ho sempre odiate”.

Elia anche dopo essere arrivato alla consapevolezza di essere una persona trans ha dovuto fare i conti con l’accettazione da parte dei familiari. Dalla sua voce arriva una nota di malinconia per tutte le volte in cui aveva bisogno di un appoggio ma non ha trovato comprensione. Seguendo il suo flusso di pensieri ci ritroviamo nella sua casa, ormai priva delle sue foto da piccolo, riposte in cassetti e mai più mostrate. “Mia madre piangeva perché non volevo che tenesse le mie foto appese in casa, mi dava fastidio.” Solo il tempo ha aiutato i due a capirsi e a riavvicinarsi, ammettendo le reciproche colpe e spianando il terreno per un rapporto più saldo e profondo.

Una ricerca invisibile

Elia sorride. Confessa di come non veda l’ora che arrivi la data della mastectomia. Il 4 dicembre ha la prima visita con la chirurga, dopo entrerà in lista d’attesa. I tempi sono molto lunghi, in particolar modo se ci si rivolge a specialisti molto richiesti. A livello medico è seguito dal Policlinico di Bari, presso cui ha dovuto svolgere tutto l’iter necessario per iniziare ad assumere il testosterone. Prima di rivolgersi al centro, però, ha trovato molta difficoltà a trovare informazioni: “Noi tutt’ora siamo invisibilizzati nel mondo. Una persona esterna al mondo queer spesso non sa che esistono anche gli uomini trans e i media non aiutano in questo”.

Sono davvero poche le rappresentazioni di personaggi trans all’interno di serie tv e film. Le poche riguardano solo donne trans, stigmatizzate e con stereotipi. Quando non sono implicate nel sex work, si ritrovano comunque in contesti drammatici e svilenti. Ellis Mulazzani, attivista trans ci racconta come durante la sua adolescenza abbia più volte riflettuto sulla possibilità di essere una persona trans. Tuttavia, l'immagine delle donne trans proposta dai media le ha trasmesso una visione negativa, portandola a rifiutare la propria identità pur di non conformarsi a quel modello di donna transgender. Questo stereotipo è talmente radicato nel modo di pensare della nostra società che, durante la scrittura di un suo romanzo, la stessa Ellis si è trovata inconsapevolmente a creare un personaggio di donna trans costretta, per ragioni fortuite, alla prostituzione.

Una rappresentazione autentica

“Se ci fosse stata più informazione quando ero piccolo, avrei capito anche prima di essere un ragazzo trans". Elia mentre riflette sulla scarsità di risorse riscontrabili sui mass media: “Comunque sono arrivato a questa consapevolezza grazie alla poca rappresentazione che iniziava ad esserci sui social”.

Sulla rappresentatività le fonti disponibili sono scarse, incomplete, di provenienza estera e datate. Per colmare queste lacune e ottenere un quadro più esaustivo sulla questione, è necessario fare da sé. Magari creando un sondaggio indirizzato alle persone trans.

Ebbene, la metà degli utenti coinvolti nel sondaggio ha segnalato come principale problema la presenza di attori cisgender nell'interpretazione di personaggi trans. "Il problema è che quando un personaggio trans viene interpretato da un attore cisgender, nonostante sia un buon attore, mi suscita un po' di tristezza vedere come viene rappresentato il mio personaggio preferito", dice una delle persone interpellate.


C’è, inoltre, una forte esigenza di rappresentazioni positive, che cambino il modo comune di pensare e forniscano visioni differenti e valorizzanti. 

“Mi piacerebbe assistere a più notizie positive che contengano la parola trans. Sono stanco di sentire: 'la trans camminava lungo la strada di notte', voglio sentire: 'donna trans ha fatto uscire la sua nuova campagna di moda', e ancora: 'Vorrei che anche noi fossimo un bellissimo personaggio amato sul grande schermo'”.

Bisogna però riconoscere che negli ultimi anni si sono registrati esempi cinematografici positivi, soprattutto a livello internazionale, come le serie TV Sex Education, Heartstopper e Pose. Anche nel panorama cinematografico italiano si stanno facendo alcuni progressi, sebbene ancora limitati. Un esempio è la serie tv Prisma che, nonostante sia stata cancellata dopo la seconda stagione, ha comunque offerto una rappresentazione pertinente del processo di scoperta della propria identità, anche grazie all’inclusione di persone trans durante la scrittura e le riprese.

Corpi diversi, storie condivise

Durante il nostro ultimo incontro, Elia ci presenta Edoardo Vincent, anche lui ragazzo trans. Ha iniziato il percorso di affermazione nel 2022 a Roma. Ci racconta che sta preparando la sua valigia. È emozionato. Tra due settimane parte per Barcellona, dove lo aspetta un tappa importante: la mastectomia. Con aria soddisfatta, Edoardo ci mostra un suo tatuaggio, emblema del suo percorso. “Così volli che fosse”, recita la piccola scritta appena sopra il ginocchio. Ha voluto raffigurare un bruco e delle ali da farfalla, corredate con la data in cui ha iniziato il testosterone.

“Instagram e i social in generale sono stati molto utili nel momento della scoperta, perché seguivo dei ragazzi che hanno smontato l’idea che avevo della donna trans prostituta e invece mi hanno arricchito di conoscenze utili per iniziare il mio percorso”.

Edoardo, come Elia, si sente un ragazzo fortunato a essere nato nell’epoca dei social: “Probabilmente in un altro periodo storico non avrei neanche iniziato, senza informazioni al riguardo”.

Instagram è il social più utilizzato dai ragazzi trans per reperire informazioni necessarie al percorso. Grande contributo arriva da numerosi attivisti che negli ultimi anni sono emersi, esponendosi e raccontando la loro storia. Un esempio è Francesco Cicconetti, che grazie alla sua risonanza mediatica è riuscito a raggiungere anche le bacheche di persone non appartenenti alla comunità trans.

La testimonianza di Elia David

OLTRE L’ISOLAMENTO

“I giovani che intraprendono un percorso di affermazione stanno beneficiando in modo significativo della maggiore rappresentatività offerta dai social media e dalla cinematografia”, conferma l* psicolog* Serena Degli Angeli, che si occupa principalmente di questioni legate all'autodeterminazione di genere.

“Questo accade perché è fondamentale per loro poter interagire con persone simili. Quando ciò non è possibile, si sente l'esigenza di rispecchiarsi in personaggi sugli schermi”.

L'assenza di questa rappresentazione può infatti portare a un senso di isolamento rispetto al resto della società. “Nel momento in cui la persona trans non ci si rivede, è molto più probabile che faccia fatica a sentirsi tranquill* nel suo corpo e nella sua identità”.

E ancora: "I grandissimi problemi di stigma, a mio avviso, scomparirebbero rapidamente se, a partire dalla pubblicità e dall'immagine di conduttori e giornalisti, ci fosse maggiore creatività di genere. In altre parole, se iniziassimo a mostrare corpi diversi, corpi meno conformi, corpi più devianti”.

Academy 6 trans
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