Un sistema, rigido e farraginoso, che non solo continua a essere insufficiente rispetto alle richieste del mondo produttivo, ma che conserva storture e criticità profonde che finiscono, paradossalmente, per creare irregolarità e precarietà. È quanto emerge dal monitoraggio avviato e pubblicato dalla campagna “Ero Straniero” sul sistema di ingresso per lavoro dei migranti in Italia negli anni 2023 e 2022.

Il dossier, dal titolo “I veri numeri del decreto flussi: un sistema che continua a creare irregolarità”, fornisce dati alla luce degli interventi normativi intervenuti rispetto al decreto flussi. Interventi dettati principalmente dalla necessità di soddisfare le richieste di manodopera del mondo produttivo e dalla presa d’atto dei limiti e dell’inadeguatezza di tale procedura, pensata e introdotta in un momento storico, economico e sociale profondamente diverso dall’attuale.

I dati sono stati ottenuti tramite accesso civico ai ministeri dell’Interno, degli Affari esteri e del Lavoro e politiche sociali sugli esiti dei decreti flussi relativi agli anni 2022 e 2023. 

I numeri reali

Nel dossier si evidenzia che nel 2023 le domande pervenute nei click day sono 6 volte più numerose delle quote di ingressi stabilite: 462.422 istanze inviate a fronte di 82.705 posti disponibili. Per l’anno 2022 le domande invece erano state 209.839, più del triplo delle quote messe a disposizione (69.700). Le decine di migliaia di domande extra-quota corrispondono ad altrettante lavoratrici e lavoratori che sarebbero entrati in Italia regolarmente, in sicurezza, e che non hanno nessun altro modo per venire a lavorare nel nostro Paese.

Nel passaggio successivo alla domanda, il rilascio del nulla osta all’ingresso, risulta che migliaia di quote non vengono utilizzate. Nel 2022 i nulla osta rilasciati sono stati solo 55.084 a fronte di 69.700 quote disponibili (il 79,03%).

Il terzo passaggio è il rilascio dei visti per l’ingresso da parte delle rappresentanze italiane nei Paesi di origine. Dai dati del ministero degli Affari esteri emerge che al 31 gennaio 2024, rispetto ai 74.105 ingressi previsti per l’anno 2023, risultavano 57.967 visti rilasciati e 10.718 visti rifiutati.

Solamente il 67,15 per cento delle persone che hanno ottenuto il visto risultavano ancora nello step “attesa convocazione”. È qui che il meccanismo si inceppa. Inoltre i numeri sui visti pendenti confermano una pesante dilatazione dei tempi, ben oltre i limiti di legge, per questo passaggio della procedura.

Il dato allarmante 

A preoccupare è la finalizzazione della procedura, con l’assunzione e il rilascio dei documenti: nell’indagine si vede bene che nel 2023 solamente il 23,5% delle domande sono state finalizzate con la sottoscrizione del contratto e la richiesta di permesso di soggiorno per lavoro. Nel 2022, il tasso è stato un po’ più alto, il 35,2%, ma rispetto a un numero di quote inferiore.

Solo una piccola parte di migranti che entrano in Italia con il decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica, ottenendo un’occupazione e documenti. "Che fine fa il resto delle persone?” si chiedono dalla campagna “Ero straniero”. Purtroppo la risposta è semplice: sono destinate “a scivolare in una condizione di irregolarità e quindi di estrema precarietà e ricattabilità. Un paradosso drammatico per un sistema che dovrebbe garantire l’ingresso legale di manodopera e contribuire alla crescita al Paese”.

I danni si potrebbero ridurre

“Di fronte a questo quadro estremamente preoccupante – spiegano –, uno strumento per evitare che un numero consistente di persone diventi irregolare c’è già, visto che la legge prevede che, in caso di indisponibilità all’assunzione da parte del datore, al lavoratore venga concesso un permesso di soggiorno per attesa occupazione.

Tuttavia, dai dati emerge che solo 146 permessi per attesa occupazione sono stati rilasciati rispetto agli ingressi stabiliti per il 2022, mentre per il 2023, ne risultano 84: “Sono interventi del tutto insufficienti – prosegue il rapporto – rispetto alle decine di migliaia di persone che avrebbero necessità di poter rimanere legalmente in Italia e cercare un nuovo lavoro. Perché tanta rigidità nel ricorso a uno strumento che ridurrebbe significativamente irregolarità, precarietà e lavoro nero?".

Gli elementi positivi consistono nel coinvolgimento delle associazioni datoriali nella procedura, che rappresenta un elemento di semplificazione e determina un incremento (anche se minimo) dell’efficacia.

Nel decreto flussi 2022, poi, sono state ben 6.702 le domande inoltrate da chi ha partecipato a programmi di formazione nel Paese d’origine a fronte dei 1.000 posti inizialmente a disposizione: un dato significativo che dimostra l’interesse del mondo produttivo e indica che la strada della formazione nei Paesi di origine da parte di aziende ed enti italiani può rivelarsi proficua in termini di incontro tra domanda e offerta, come da tempo sostiene la campagna “Ero straniero”.

Il dossier riporta anche testimonianze di persone coinvolte nella procedura, lavoratrici e lavoratori, datori di lavoro, patronati e associazioni di categoria, raccolte presso il patronato Cna e nell’ambito del progetto di ricerca "Aspire" finanziato dall'Unione europea, curato da Paola Bonizzoni e Fabio De Blasis, del dipartimento di Scienze sociali e politiche dell’Università Statale di Milano.

Le richieste

La campagna “Ero straniero” ha nuovamente avanzato la richiesta al ministro dell’Interno di intervenire con urgenza e prevedere il ricorso al permesso di soggiorno per attesa occupazione in tutti quei casi a rischio irregolarità, quando la procedura di assunzione non va a buon fine per motivi che non dipendono da lavoratrici e lavoratori.

Più a lungo termine, la campagna ha ribadito “la necessità di una più generale riforma del sistema di ingresso per lavoro, a partire dalle proposte di ‘Ero straniero’: canali diversificati e flessibili, con l’introduzione della figura dello sponsor o di un permesso per ricerca lavoro, e un meccanismo di emersione su base individuale, sempre accessibile, senza bisogno di sanatorie, che dia la possibilità a chi rimane senza documenti di mettersi in regola a fronte della disponibilità di un contratto di lavoro o di un effettivo radicamento nel territorio”.