Gravissimo che il Parlamento non abbia potuto cambiare nemmeno una virgola del testo voluto dal governo. Gravissimo che la riforma riduca il potere della magistratura rompendo l’equilibrio tra i diversi poteri dello Stato previsto dalla Costituzione italiana. Gravissimo che questo favorisca i potenti che non sopportano il controllo di legalità imposto dalle norme. Questa la valutazione di Gaetano Azzariti, professore ordinario di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Molti costituzionalisti, e non solo, affermano che la riforma della magistratura – non si tratta infatti di una riforma della giustizi –  appena varata dal Parlamento  lede alcuni princìpi della Costituzione del ‘48. È così?
È così per due ordini di ragioni. Anzitutto vorrei sottolineare un aspetto di carattere formale, ed è bene ricordare che la forma è sostanza. Le modalità di approvazione di questa riforma costituzionale sono contrarie ai princìpi di libero mandato dei singoli parlamentari e allo spirito dell'articolo 138, quello che prevede le procedure per modificare la Costituzione. Per la prima volta nella storia repubblicana è stata approvata una legge costituzionale senza il cambiamento di una virgola, dico di una virgola, al testo presentato dal governo. Abbiamo assistito alla tacitazione del Parlamento e dei singoli parlamentari, a cominciare da quelli di maggioranza, e già questa è una involuzione, è un vulnus alla Costituzione.

E per quanto riguarda la sostanza?
Il racconto di questa legge è basato su una falsa notizia. Si parla di legge sulla separazione delle carriere, ma la realtà è che la separazione delle funzioni - se non delle carriere - è già operante in Italia: è stata introdotta anni fa con una legge ordinaria che ha messo una pietra potenzialmente tombale sul passaggio dalla magistratura requirente a quella giudicante. Si tratta della cosiddetta legge Cartabia che ha ridotto quasi a nulla le possibilità di questo passaggio. Tanto è vero che le statistiche degli ultimi 5 anni dimostrano come il passaggio da un ruolo all'altro è sotto all’1%. Per di più una sentenza della Corte Costituzionale ha specificamente detto che, ove si volesse impedire totalmente questo passaggio di funzioni, non c'è bisogno di cambiare la Costituzione. E infatti la legge Cartabia è costituzionale e operante.

Leggi anche

E allora perché una riforma della Costituzione?
Evidentemente non è quello l'obiettivo della legge di riforma costituzionale che viene spacciata per tale solo per fomentare l’ostilità nei confronti della magistratura, l'ostilità nei confronti dei pubblici ministeri. In realtà, il vero oggetto della riforma costituzionale è il potere della magistratura nel suo complesso, non solo dei pubblici ministeri, ma anche dei giudici. Questa tesi è dimostrata dal fatto che il cuore della legge è la divisione del Csm e l'estrazione a sorte dei suoi membri. Due Csm composti a sorteggio equivale all’indebolimento del potere della magistratura, seguendo il principio del divide et impera. Dividi la magistratura ed eserciti maggiore potere su di essa. Il potere politico avrà infatti di fronte a sé un potere organizzato da un organo diviso e indebolito (due Csm), con consiglieri che non rappresentano nulla (estratti a sorte). E non ultima è la sottrazione del potere disciplinare: la creazione di un'Alta corte di giustizia, tra l'altro anch’essa composta con il metodo dell’estrazione a sorte, è un ulteriore indebolimento della magistratura.


I sostenitori della riforma sostengono che l’indipendenza della magistratura rimane scritta in Costituzione
È vero che questa norma rimarrà, ma anche in questo caso c’è una questione di forma e una di sostanza: una cosa è avere un potere indipendente e forte, altra è avere un potere indipendente e fragile. Secondo l'Associazione Nazionale Magistrati questa riforma è il presupposto per poter arrivare alla soggezione dei pubblici ministeri al potere esecutivo. Io non faccio previsioni, ma constato che in tutti gli Stati in cui c'è la separazione tra giudici e pubblici ministeri, quest’ultimi sono soggetti al governo. In Portogallo, che molti indicano come un’eccezione che coniuga separazione e indipendenza dei pubblici ministeri, è vero che questi non sono soggetti al governo, però è anche vero che il procuratore generale è nominato dal governo. D’altra parte, lasciare la pubblica accusa autonoma e indipendente, non più controllata dal Csm così come lo conosciamo, ma organizzato da un organo separato, scollegata da quella che si chiama la cultura della giurisdizione, è un rischio che nessuno vuole correre. E quindi l’ipotesi che vi sia un seguito “naturale” che porrà i pm sotto il potere esecutivo è più che reale.


Allora si può affermare che questa riforma costituzionale in realtà lede uno dei principi cardine della nostra Costituzione, quello dell'equilibrio tra i diversi poteri dello Stato riducendo quello della magistratura. È questo l'attacco alla Costituzione che viene fatto da questa legge?
Ma certo, la riforma introduce una disarticolazione dell'equilibrio tra poteri. Su questo non vi è dubbio. Un indebolimento che non avviene nei confronti di altri soggetti deboli, ma opera solo nei confronti del potere politico; quindi, sarà il potere politico ad essere meno controllato e controllabile da parte della magistratura nel suo complesso. Inoltre, è da dire che questa riforma non incide per nulla sulle vere e importanti difficoltà che il nostro sistema giudiziario ha, non incide sulla farraginosità e lentezza dei processi, non prevede una migliore determinazione dei reati, non assicura un giusto processo, non interviene per nulla sulle procedure di rilievo, non rafforza i diritti dei soggetti deboli. In fondo a testimoniare quel che dico appare significativa l’affermazione di due giorni fa della presidente del Consiglio dei ministri. Come reazione a un atto di controllo della Corte dei Conti sul ponte di Messina, Meloni ha affermato che la riforma costituzionale della giustizia, nonché quella che è in discussione attualmente in Parlamento sulla modifica della Corte dei Conti, impedirà questa invasione di competenze. In sostanza l’idea è che i giudici non possono limitare governo e Parlamento anche quando questi compiono atti illegittimi, contabili o penali che siano.

Si tratta di un’idea preoccupante…
Proprio così: un’idea preoccupante. È il fastidio nei confronti di sentenze che accertano o condannano soggetti politici o l'attività del governo. Questo è insopportabile e pericoloso, e non perché le sentenze non possono essere sbagliate, ma se si ritiene che lo siano, c'è un modo molto semplice per ripristinare il diritto: fare ricorso, non urlare all'invasione della politica da parte della magistratura. Abbiamo tre gradi di giudizio e tranquillamente il governo o i soggetti politici possono utilizzarli. Invece questa fuga dalla giurisdizione è in qualche modo alla base di questa riforma costituzionale, e preoccupa molto.

Infine, nelle nostre aule di tribunale c'è scritto "La legge è uguale per tutti". Da domani sarà ancora così?
Sarà uguale per tutti, ma rimessa alle interpretazioni di soggetti più deboli. Si potrebbe cambiare quella scritta così: “La legge è uguale per tutti, ma i giudici hanno più difficoltà a farla rispettare in modo indipendente ai sensi dei principi costituzionali”.

Leggi anche