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Amnesty International Italia esprime forti preoccupazioni circa il moltiplicarsi dell’uso di strumenti repressivi da parte delle Forze dell’ordine e, in particolare, denuncia quanto accaduto lo scorso 14 ottobre, in occasione della partita di calcio Italia-Israele svoltasi a Udine.
Durante il discusso incontro calcistico ha avuto luogo la manifestazione nazionale “Show Israel the red card” contro la normalizzazione del genocidio nella Striscia di Gaza da parte di Israele e contro la partecipazione della nazionale di calcio israeliana alle qualificazioni per la prossima Coppa del mondo.
"Viminale e prefettura avevano disposto un importante dispositivo di sicurezza, visibile già dai giorni precedenti”, si legge in un comunicato di Amnesty, sottolineando che era previsto l’arrivo a Udine di numerosi manifestanti da diverse città italiane.
Durante la manifestazione, sei osservatori di Amnesty International Italia specializzati nel monitoraggio di situazioni pubbliche a rischio hanno monitorato lo svolgimento della protesta per verificare che l’operato delle forze di polizia rispettasse gli standard internazionali su diritto di raduno pacifico, libertà di espressione e uso della forza da parte delle forze di polizia. Sono state inoltre intervistate 18 persone: 15 che avevano partecipato alla manifestazione, un avvocato, un esponente del “Comitato per la Palestina di Udine” (uno dei gruppi organizzatori) e un giornalista.
I fatti
Debora Del Pistoia, ricercatrice di Amnesty International Italia, ci dice che a Udine hanno monitorato e documentato “diverse violazioni dei diritti umani, in particolare un utilizzo spropositato ed eccessivo della forza per disperdere un piccolo gruppo di persone che stava cercando di difendere il cordone di protezione, mentre la manifestazione si era svolta in modo assolutamente pacifico fino al raduno nella piazza Primo maggio, dove era previsto si svolgessero gli interventi finali.
C’è stato un lancio di tantissime granate di gas lacrimogeni, i manifestanti che si trovavano in piazza raccontano di un’aria completamente irrespirabile. Poi il comitato organizzatore è stato obbligato a interrompere la manifestazione con largo anticipo proprio perché non c'erano più le condizioni di sicurezza.
La piazza ormai era piena di gas anche laddove c'erano famiglie, persone anziane, persone che stavano manifestando pacificamente. È stato un miracolo che non ci siano stati feriti, perché tante granate di gas sono state lanciate ad altezza uomo, in tanti se le sono viste cadere addosso. Sono state coinvolte anche persone che stavano manifestando pacificamente".
Del Pistoia prosegue raccontando che tredici persone che stavano tornando verso la stazione o verso la propria auto sono state “chiuse da dietro e dal davanti della strada dove camminavano, le Forze dell’ordine hanno bloccato tutte le entrate e le uscite della via con un numero ingente di mezzi e decine di agenti in tenuta antisommossa.
Alcune di queste persone sono strattonate e costrette a terra, nonostante avessero le mani alzate e non ci fossero le ragioni per questo tipo di azione. Sono circolate numerose immagini purtroppo anche utilizzate dai media per dare un’idea distorta dell’accaduto”.
E ancora: “Due persone non italiane, che non parlano la nostra lingua, sono state bloccate violentemente dalle forze dell'ordine, messe contro un muro per essere perquisite e poi portate in questura e trattenute per molte ore. Ancora una volta è una pratica che sta ricorrendo abbastanza frequentemente.
In Questura gli uomini sono stati chiusi in una stanza a chiave, le donne sono rimaste nel corridoio e, nonostante chiedessero incessantemente di avere spiegazioni, non venivano date loro risposte.
Non solo Udine
Il punto che Amnesty Italia sottolinea è che quanto accaduto a Udine rientra in una tendenza che è stata riscontrata su scala nazionale, con “l'utilizzo sempre più ingente di questo tipo di armi meno letali anche quando non ci sono le ragioni per utilizzarli e senza preavviso”, armi che se utilizzate in maniera impropria purtroppo hanno effetti deleteri e anche dei rischi.
“Avevamo denunciato, tra le varie volte, anche quanto accaduto in occasione della manifestazione di Roma del 5 ottobre, proprio relativamente al Foglio di via – aggiunge la ricercayrice di Amnesty Italia – , perché quell’occasione ci è sembrata un laboratorio di identificazione di massa in cui sono state colpite fermate addirittura prima della manifestazione. C’è una sorta di presunzione di colpevolezza preventiva prima che le persone commettano atti”.
Del Pistoia ha parlato personalmente con 10 persone di quelle che sono state fermate e nella maggior parte dei casi quasi tutti sono sono persone molto giovani, molte di loro nemmeno avvezze alle proteste, alle manifestazioni di piazza, quindi “chiaramente questo tipo di atti è estremamente intimidatorio”.
Il Foglio di via
Alla fine della manifestazione a Udine “sono state applicate misure di prevenzione personale e in particolare il ‘foglio di via’ a persone che sono state fermate in maniera assolutamente casuale. Anche questa purtroppo è una tendenza progressiva in Italia – continua nel suo racconto l’attivista –.
Abbiamo visionato attentamente i ‘fogli di via’ e abbiamo visto che sono tutti fatti con il “copia e incolla”, quindi in maniera indiscriminata. Noi li abbiamo definiti illegittimi. In ogni caso è una misura che lascia un ampissimo margine di discrezionalità alle autorità, in questo caso al questore, senza vaglio”.
La nostra interlocutrice ci ricorda che per “il foglio di via” non è necessario alcun giudice, tribunale, garanzia del processo penale, è il questore che lo firma sulla base di una presunta valutazione della pericolosità sociale delle persone: “Noi crediamo che siano stati dati in maniera molto frettolosa e quindi siano illegittimi perché non c'è stata una valutazione chiara della pericolosità sociale di queste persone. Inoltre nel decreto legislativo che dispone questa misura si parla di azioni che devono essere reiterate nel tempo, quindi sicuramente non ci sono i presupposti per queste persone che sono state colpite da questa misura”.
Che fare?
“Quello che cerchiamo sempre più di fare è di interloquire e di spingere, quindi fare advocacy, con le autorità, non solamente a livello pubblico, ma anche a livello più diretto con le autorità – afferma Del Pistoia -.” Il 30 ottobre Amnesty International Italia ha infatti condiviso le proprie preoccupazioni in materia di diritti umani con la Questura di Udine al fine di offrire la possibilità di rispondere e commentare prima della pubblicazione. Al momento della diffusione di questa dichiarazione, le autorità non avevano risposto.
Noi continuiamo a denunciare e raccogliere dati su quanto sta accadendo anche a livello nazionale perché, ripeto, si tratta di una tendenza piuttosto diffusa, davanti alla quale non si può tacere”.

























