La Missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza approvato dal governo, tutta dedicata all’inclusione e alla coesione, prevede la destinazione del 10,3 per cento delle risorse complessive, ovvero 19,81 miliardi di euro, divisi per le tre componenti: politiche per il lavoro, infrastrutture sociali, interventi per la coesione territoriale. La parte che riguarda le politiche per il lavoro adotta due obiettivi considerati strategici per il nuovo mercato che andrà profilandosi: il potenziamento delle azioni di politica attiva e il rafforzamento dei centri per l’impiego. A entrambi è connesso anche il rafforzamento della formazione professionale.

“Occorre garantire uno stretto raccordo tra gli interventi delle politiche attive con le previsioni delle azioni di riforma, attualmente in discussione, in materia di ammortizzatori sociali – scrive la Cgil nel documento di valutazione del Pnrr -. La Missione 5 dovrebbe porsi l’obiettivo della buona occupazione, oltre all’auspicata generazione di nuove opportunità di lavoro, a partire da un impegno formale per una riduzione delle tipologie contrattuali, per promuovere l’occupazione a tempo indeterminato, un governo puntuale del ricorso ai contratti a termine con causali e un preciso riferimento all’abuso dei contratti di collaborazione che mascherano la subordinazione”.

Per selezionare le tipologie contrattuali esistenti sarebbe stato inoltre “necessario un forte richiamo alla riduzione delle occasioni di lavoro povero e precario – sostiene la confederazione -, valorizzando forme di ingresso nel mercato del lavoro più tutelanti come l’apprendistato in alternativa al ricorso alle esperienze di stage e tirocini quali forme spurie e non regolate d’ingresso al lavoro”.

Per quanto riguarda il rafforzamento della formazione professionale, pensato per governare il processo di transizione ai fini dell’occupabilità dei disoccupati, il Piano definisce un nuovo “Programma nazionale per la garanzia occupabilità dei lavoratori (Gol)” e interviene sul sistema di formazione professionale inserendola in modo organico nel l “Piano nazionale nuove competenze”. “Nel condividere tale impostazione di revisione – spiega la Cgil -, ci preme sottolineare l’importanza del ruolo pubblico a partire dall’immaginare che le azioni che ne scaturiranno vengano in questo modo garantite, quale condizione di Lep (livelli essenziali di prestazioni, ndr) su tutto il territorio nazionale. Circa il Programma Gol, confermiamo la necessità del coinvolgimento delle parti sociali quali soggetti protagonisti per la sua definizione, prevedendo infatti che con tale Piano si intenda assorbire le diverse misure in essere in materia di politica attiva, assegno di ricollocazione, formazione e gestione degli incentivi”.

Per quanto riguarda i centri per l’impiego, che si vogliono rafforzare per promuovere interventi affinché forniscano servizi innovativi di politica attiva, il sindacato sollecita un’azione incisiva per portare a termine le attività previste dal Piano nazionale straordinario. E cioè chiudere velocemente la previsione delle assunzioni dei 11.600 operatori dei centri.