Il tema della libertà femminile continua a non essere al centro del dibattito politico. O meglio: anche quando sul piano legislativo, contrattuale e sociale si registra un qualche avanzamento, questo arriva sempre grazie a iniziative e mobilitazioni specificamente femminili. Insomma, si stenta a capire che la “questione femminile” riguarda tutti: è cioè il metro con il quale si misura il livello di democrazia e di giustizia di un’intera società, non di una sua metà. In occasione dell’8 marzo, Susanna Camusso, responsabile delle Politiche di genere della Cgil, fa il punto con Rassegna su un tema che la sindacalista giudica decisivo, e non solo ovviamente nel nostro paese: “Non è un caso – argomenta – che in tutta Europa l’offensiva delle destre passa proprio di qui, dal ruolo che si vuole attribuire nella società alle donne. Gli esempi che vengono in mente subito sono Ungheria e Polonia, dove la destra sovranista ha mosso offensive molto decise su questi temi. E credo non sia neanche un caso che in Cile le donne siano state tra le prime a essere oggetto delle recenti violentissime repressioni del dissenso. Direi che alle tante analisi che abbiamo fatto in questi anni sulla relazione che c’è tra modello economico liberista e avanzamento delle destre vada aggiunto questo aspetto”.

Rassegna Concentriamoci sull’Italia. Un anno fa al tema della libertà femminile hai dedicato una parte importante della tua relazione al congresso della Cgil a Bari. In questo anno è cambiato qualcosa?

Camusso Purtroppo, anche se qualche segnale positivo c’è, sul piano culturale e del dibattito pubblico non sono stati fatti passi avanti decisivi. Vedo crescere la distanza tra l’analisi del mondo femminile e femminista e la consuetudine del discorso politico. Poi è ovvio che ci sono delle scadenza topiche, tipo l’8 marzo, in cui tutti si proclamano femministi, ma questo non corrisponde a un’effettiva presa di coscienza.

Rassegna Mi pare però che ad esempio sui femminicidi la sensibilità sia cresciuta...

Camusso Sicuramente è aumentata l’informazione rispetto alla diffusione del fenomeno, ma il linguaggio con cui se ne parla rimane inappropriato, spesso giustificativo.

Rassegna Poi c’è il lavoro, che è uno degli ambiti in cui le discriminazioni rimangono molto forti…

Camusso È così. I tassi di occupazione femminile nel nostro paese gridano vendetta. Oltre ai numeri assoluti, l’elemento sempre più evidente è che anche quando le donne sono impiegate a tempo indeterminato, lavorano meno ore, si moltiplicano i part time involontari e gli appalti assegnati nella logica del taglio alle ore lavorate. Insomma, il lavoro femminile si polarizza sempre più nel versante del lavoro povero. Potremmo dire che si tratta di una vendetta maschile della storia: il part time, nato come strumento di libertà delle donne, si è trasformato in una gabbia, uno strumento di flessibilità selvaggia che viene loro imposto. Il che dà alla questione un sapore ancora più amaro. Tra l’altro il tema del lavoro povero chiama in causa anche le politiche che si fanno. Il giusto taglio del cuneo fiscale – che noi abbiamo rivendicato con forza – non dà però una risposta al lavoro povero che sta nell’incapienza e in cui tante lavoratrici si trovano. E noi sappiamo bene che la mancanza di autonomia e di autosufficienza sono tra i fattori che tengono le donne in stato di assoggettazione e mancanza di libertà.

Rassegna Sul piano delle norme però qualche miglioramento c’è stato, penso all’annuncio dell’imminente ratifica della Convenzione 190 dell’ILO contro la violenza nei confronti delle donne...

Camusso In effetti, in Parlamento alcune cose si muovono. Oltre alla promessa della ratifica della Convenzione ILO che citavi, segnalerei l’attività in Senato della Commissione sul femminicidio che sta discutendo sulla necessità di avere strumenti normativi che definiscano con precisione cosa sono le molestie nei luoghi di lavoro, il che servirebbe anche per applicare meglio la stessa Convenzione 190. Così come va segnalato il fatto che la Commissione lavoro della Camera ha iniziato la discussione su sette progetti di legge che partono dal tema del differenziale salariale tra uomini e donne, ma che poi si occupano più a largo raggio del tema dell’occupazione femminile e denotano una crescita di sensibilità sul tema della discriminazione, non usuale per il nostro ordinamento. Segnalo che, come al solito, molte di queste iniziative vengono dalle donne stesse; quindi continua la solita logica come se questi aspetti non dovessero interessare complessivamente la società, ma solo una parte di essa. Tra le cose già realizzate poi, ovviamente, qualche cosa positiva è stata fatta: penso al congedo nei casi di violenza, al minimo ritocco sul congedo di paternità obbligatorio. Inspiegabile invece perché su alcune cose non si intervenga, penso alla rimodulazione dell’Iva su certi prodotti. Insomma, manca organicità.

Rassegna Hai sottolineato l’importanza, a livello normativo, di concentrarsi sul tema della discriminazione... Perché è così rilevante?

Camusso Si tratta di una categoria giuridica in Italia abbastanza inedita, e che invece comincia ad affiorare in alcune proposte di legge e sentenze. Sottolineo il tema della discriminazione perché uno dei problemi che registriamo nella legislazione italiana degli ultimi anni è che spesso anziché sanzionare le discriminazioni si tende a incentivare la normalità dei comportamenti. È importante che dietro alcuni comportamenti inizi a scorgersi una logica discriminatoria perseguita volontariamente e come tale da sanzionare.

Rassegna Dal Parlamento qualche segnale arriva. Dal governo?

Camusso Direi di no. Le donne si aspettavano un deciso cambio di passo col governo giallo-rosso e invece siamo ancora di fronte a tante promesse, ma non c’è ancora nessuna svolta. Ci ascoltano, non rifiutano il confronto, però passano i mesi e questo ascolto non si traduce in atti concreti.

Rassegna Dopo le leggi, l’altra bussola dell’azione sindacale è quello della contrattazione, che è l’altro importante strumento per ridurre le discriminazioni nei luoghi di lavoro. Nell’Assemblea delle donne dello scorso ottobre – “Belle Ciao” – avete insistito molto sulla piattaforma per la contrattazione elaborata negli ultimi mesi. Sta dando dei risultati?

Camusso Credo che abbia smosso le acque. Certo, molti risultati sono ancora da raggiungere, ma tutte le piattaforme dei rinnovi contrattuali in discussione si stanno misurando con la necessità di correggere il tiro sui temi fondamentali tra cui la conciliazione.

Rassegna In che senso?

Camusso In molti casi la conciliazione è diventata una sorta di trappola per le donne che sembra debbano conciliare con sé stesse, come fosse un problema personale. Non è così: più che di conciliazione, bisognerebbe parlare di condivisione, di responsabilità sociale della maternità e della cura dei figli. Un esempio concreto del comune pensare sulla conciliazione lo abbiamo in queste ore di emergenza e chiusura delle scuole per il Coronavirus. Si dà per scontato che debbano essere le donne a restare a casa a occuparsi dei figli. E non riconoscendo il valore di quel lavoro, non si è pensato fin da subito a dei provvedimenti di tutela della genitorialità. Un altro elemento positivo scaturito dal lavoro fatto con la Piattaforma sta nel fatto che nelle contrattazioni si comincia a ragionare non solo sul tema della conciliazione/condivisione, ma ci si misura anche su come intervenire sul mercato del lavoro, sull’organizzazione del lavoro e sulla contrattazione dei premi. Passi in alcuni casi timidi e in altri più forti, ma indubbiamente i segnali ci sono. D’altra parte sarebbe singolare, per un sindacato che da anni si batte per la contrattazione inclusiva, non includere nella sua azione metà del genere umano.

Rassegna Anche in questo caso, come per le leggi, sono le donne a portare avanti queste rivendicazioni?

Camusso Purtroppo sì. Per questo è fondamentale che nelle delegazioni trattanti le donne siano sempre presenti.

Rassegna C’è una vertenza clamorosa che sta passando quasi sotto silenzio: quella che riguarda il personale degli appalti delle pulizie nelle scuole. A oggi il processo di internalizzazione lascerebbe fuori 4.000 persone e molte altre avranno orari e stipendi ridotti. Si tratta in larga misure di donne...

Camusso È una vertenza significativa per molti aspetti e che ha molto a che fare con il valore che si dà al lavoro delle donne. Alla base di ciò che sta accadendo c’è la sottovalutazione dei luoghi “fisici” dell’istruzione che, ovviamente, dipende dalla sottovalutazione dell’istruzione stessa. La tutela del patrimonio scolastico non è una priorità, ma viene solo considerata in termini di costi. Questa è la matrice politica della vertenza che poi ovviamente ha ricadute enormi sul rispetto per le lavoratrici e i lavoratori. La vertenza purtroppo ci mostra anche i nostri ritardi nella contrattazione inclusiva: ci sono luoghi – in questo caso la scuola – in cui esistono mondi che vivono separatamente pur convivendo negli stessi spazi. Infine, è uno specchio della non discontinuità nei diversi governi che si sono succeduti negli anni nel non avere la forza e la convinzione politica di investire sul pubblico. Non si può affrontare nessuna delle grandi sfide che si hanno davanti se non si ha un sistema pubblico all’altezza. Altrimenti si riproducono e si moltiplicano le diseguaglianze.

Rassegna In questi mesi ci sono due “vertenze sociali” che dicono molto sul valore che nella nostra società si dà al tema della libertà femminile, quelle che riguardano la Casa internazionale delle donne e Lucha y Siesta. Qual è il tuo giudizio su queste vicende?

Camusso La prima cosa che si può dire è che confermano un giudizio molto negativo sull’amministrazione comunale romana. Clamoroso l’annuncio fatto dalla Raggi di una soluzione trovata per la Casa grazie a un emendamento sconfessato il giorno dopo dalla sua stessa componente politica.

Rassegna Credi sia un segno di improvvisazione e incapacità o c’è dell’altro?

Camusso Credo non si tratti solo d’incapacità. È incredibile che solo per conquistare un tavolo di discussione col Comune ci sia voluta una mobilitazione di queste proporzioni alla quale la Cgil ha partecipato. Il fatto che si possa attaccare così la Casa a Roma è il segno che non si è capaci di capire quanto sia importante l’esistenza di luoghi delle donne per l’intera società. Torniamo cioè al punto da cui siamo partiti. Raccontare la storia con tutti i suoi protagonisti, siano uomini o donne, avere spazi plurali per la costruzione di relazioni e per elaborare pensieri politici e culturali che partano dal riconoscimento della diversità come valore aggiunto rappresenta un arricchimento per tutti, non solo per la “parte” femminile. Inoltre, ed è gravissimo che la sindaca sottovaluti questo aspetto, la Casa è un luogo di servizi, di risposta ai bisogni delle persone. Le amministrazioni che non si occupano dei luoghi di aggregazione e di cultura sono già fallite in partenza.

Rassegna Stesso discorso per Lucha y Siesta...

Camusso Certamente, anche se la situazione dal punto di vista giuridico-amministrativo è diversa. Anche in questo caso non si capisce quanto è importante che ci siano luoghi in cui si contrasta la violenza non solo per via giudiziaria e repressiva – che pure è necessaria – ma anche in una logica che guarda alla prospettiva e ai percorsi di ricostruzione psicologica e sociale delle vittime di violenza e dei propri figli. Percorsi complicati, che hanno bisogno di luoghi e attenzioni particolari. E invece spesso nella discussione pubblica le persone che oggi sono in Lucha y Siesta vengono considerate come pacchi che possono essere spostati da una parte all’altra. Purtroppo la vicenda di Lucha y Siesta è diventata per tutte e tutti una sconfitta da cui ripartire.

Rassegna Anche in questo caso la sensazione è che queste battaglie le donne le stiano facendo da sole…

Camusso Sì, ed è intollerabile. Pensare che siano le donne a dover risolvere da sole il problema delle donne significa dimenticare chi è il carnefice, è come se uno dicesse che sono i bambini yemeniti a dover risolvere il problema delle bombe saudite. E qui bisogna fare un appello agli uomini: non basta non avere determinati comportamenti violenti per assolversi dalle responsabilità. Bisogna fare il passo successivo, essere proattivi, battersi e partecipare in prima persona, altrimenti si diventa complici di un ordine costituito che non si vuole mettere in discussione. E quello che dico vale purtroppo anche all’interno della nostra organizzazione.

Rassegna In quest’anno non esaltante, tuttavia, una battaglia importante è stata vinta, quella contro il ddl Pillon...

Camusso Sì, ma bisogna fare attenzione. È vero che il progetto di Pillon non è passato, ma il clima nei tribunali italiani è cambiato, è come se quell’idea già agisse sottotraccia. La politica non sembra rendersi conto che l’offensiva della destra su questi temi procede per pezzettini, piccoli tasselli che pian piano – se non si comprende il disegno – finiranno per produrre mutamenti e arretramenti culturali molto pericolosi. Non ci sarà mai una proposta organica su questi temi, ma questa strategia carsica è molto pericolosa e non basta difendersi sui singoli versanti.

Rassegna E c’è anche l’azione delle Regioni. Penso al progetto di legge regionale piemontese dal titolo inquietante di “Allontanamenti zero”...

Camusso Sì. Alla base di questa legge c’è una concezione preoccupante della famiglia: un luogo chiuso che deve risolversi da sola i problemi anche gravi senza supporto dello Stato e con i minori, come accadeva nel ddl Pillon, trattati come pacchi.