L’avanzata delle destre e delle destre estreme emersa con l’esito elettorale delle recentissime europee ha riproposto il tema della normalizzazione di queste forze, tenute al di fuori delle istituzioni dal dopoguerra e che ora invece trovano seggi negli archi parlamentari europei. I rischi, a medio e lungo tempo, li corre la democrazia proprio perché le suddette forze risultano spesso portatrici di un pensiero e di un’azione antidemocratica.   

Abbiamo voluto confrontarci su questo tema con Guido Calderon, saggista e giornalista studioso delle nuove destre e delle sottoculture giovanili, per il quale “senza dubbio c'è un fenomeno di normalizzazione e banalizzazione, anche se in realtà sotto l'etichetta di estrema destra vi sono fenomeni che hanno ovviamente cause che dipendono dai contesti nazionali nei quali hanno luogo. È però necessario stare attenti al tipo di lettura: le idee dell'estrema destra non suscitano più particolare allarme nell’elettorato delle società europee, in realtà si deve capire di quali idee stiamo parlando, perché la sensazione non è tanto di una sorta di ritorno di moda del fascismo, quanto che da un lato l'estrema destra tende a modificare il proprio linguaggio e le proprie proposte, dall'altro queste proposte si iscrivono in un contesto spesso di lungo corso”.

Per Caldiron ne risulta che alcuni temi come “il recupero dell'identità nazionale rispetto ai processi di globalizzazione, l'integrazione europea e la questione della sicurezza declinata in termini di controlli maggiori nei confronti dei migranti alle frontiere, o anche l'idea di ricostruzione attorno a un nucleo più legato a forme tradizionali di convivenza sono temi che stanno trovando una propria cittadinanza nelle società europee. Sono argomenti che hanno smesso di essere di appannaggio esclusivo delle destre, le quali, oltretutto, hanno fatto delle operazioni di ricostruzione della propria immagine”.

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Tra gli effetti del voto che più hanno colpito c’è quello riscontrato in Francia dove il partito di Marie Le Pen si è imposto con circa il 32% dei consensi inducendo il presidente Emmanuel Macron a sciogliere le Camere. Qui ci soffermiamo nell’analisi: “Già nel passaggio dal Front National, fondato dal padre di Marie Le Pen, al suo Rassemblement National c'era stato un primo elemento di normalizzazione – afferma il saggista –, con un passato che sembrava essere lasciato indietro, sino ad arrivare a scommettere su di un ventottenne, Jordan Bardella, che poi è risultato uno dei politici francesi più votati dai giovani. Questa progressione lenta ma inesorabile, spesso a spese anche del mondo conservatore tradizionale, ha cominciato a conquistare anche il ceto medio”. 

“Sullo sfondo dell’avanzata delle destre c’è la protesta, il malessere e la crisi sociale – prosegue Caldiron – e così c’è un ritorno delle idee di un estrema destra muscolare e il caso più evidente ce l'abbiamo in casa, perché tutti i partiti di cui parliamo sono comunque più distanti da una continuità con il fascismo, diversamente da come è accaduto per la storia del neofascismo e poi del post fascismo italiano incarnato dall’Msi e poi da Fratelli d'Italia. L'ascesa elettorale si situa dentro contraddizioni del tutto attuali”.

Se è necessario fare gli opportuni distinguo tra i diversi Stati membri dell’Unione europea in merito alle cause dell’avanzata delle destre, è utile anche trovare un comune denominatore, che Caldiron individua principalmente nell'incertezza rispetto al futuro. “La semplificazione dell’identificare un nemico, che prima è stata la globalizzazione, poi gli immigrati e così via – ci dice – serve a indicare i responsabili del proprio malessere, a cercare di dare loro un nome per poi offrire un nuovo protagonista ai ceti che non si sentono rappresentati nella politica”.

La stessa dicotomia tra il voto dell'estrema destra nei centri minori e il voto del dei partiti progressisti nelle grandi città “ci segnala la difficoltà di sentirsi rappresentati nel mondo che conta, quello che parla in televisione, quello della politica, del costume, dei giornali conosciamo. E poi ovviamente c’è la mancanza di rappresentanza di una parte del mondo del lavoro, magari dei nuovi lavori, o dei padroncini costretti a fare impresa per poter lavorare, di coloro che non si trovano rappresentati nelle forme tradizionali del sindacato e dei partiti di sinistra”. 

Per arginare il processo di normalizzazione delle destre estreme servono le analisi, ma poi è necessario mettere a punto le strategie affinché non si assista a un fenomeno di implicita inclusione e accettazione. Il nostro interlocutore ci ricorda quindi che “capire le cause sociali, i ceti coinvolti, capire che é un fenomeno che non appartiene più soltanto ad alcuni ambienti o da alcune aree generazionali non si traduce immediatamente nel trovare soluzioni.

"Rispondere parlando del passato ed evocando il fascismo credo serva fino a un certo punto. Le analisi, che probabilmente lasciano il tempo che trovano rispetto agli elettori della destra, possono però aiutare coloro che non hanno votato queste forze politiche a capire, a guardarsi attorno, e gli stessi partiti che non appartengono all’estrema destra a cercare di fare qualcosa per intercettare quei voti e quei settori della società. Mi pare che in alcuni Paesi, tra i quali l’Italia, qualcosa si stia muovendo”.

“Siamo di fronte alla prospettiva che queste forze, un tempo definibili anti-sistema, arrivino invece nel cuore del sistema – conclude Caldiron – e in qualche modo ne diventino, se non i padroni, comunque gli artefici principali. Evidentemente ci siamo detti molte cose, forse non abbiamo ascoltato, o chi avrebbe dovuto non ha ascoltato le analisi che venivano proposte e ha pensato che tutto sommato si potesse andare avanti così come si era fatto fino a quel momento. Questo voto ci dice che evidentemente così non funziona”.