Domanda: l’onda lunga dell’estrema destra in Europa prima o poi si fermerà? Si prosciugherà? Perché sta avanzando da molto tempo, e per ragioni ormai chiare a tutti. Ora che ci avviciniamo al banco di prova delle elezioni per il Parlamento europeo, mettere due o tre informazioni in una prospettiva storica può essere utile. Ci aiuta in questo un’analisi delle destre estreme curata dagli esperti dell’Etui, il think tank del sindacato europeo.

Dallo studio si evince (e ce ne eravamo accorti) che i partiti politici di estrema destra “sono in crescita in tutta Europa a partire dagli anni ’80, con un forte incremento a partire dagli anni 2000”. Ma guardate bene questo grafico qui sotto. Le linee superiori rappresentano i consensi elettorali dei partiti di centro-sinistra e centro-destra dagli anni ‘50 a oggi. Le linee inferiori mostrano l’analogo cammino dell’estrema destra. Le linee si stanno avvicinando: quelli di sopra scivolano, quelli di sotto salgono.

Il voto determinante degli “elettori periferici”

Chi sostiene l’estrema destra, e perché? Si tratta di un elettorato eterogeneo. “La nostra analisi - spiegano gli autori dello studio, Daphne Halikiopoulou e Tim Vlandas - suggerisce che l’economia gioca un ruolo molto più centrale di quanto si creda”.

Certo, c’è uno zoccolo duro che si identifica “pienamente con le posizioni tradizionali dei partiti di estrema destra, in particolare con le piattaforme nazionaliste-xenofobe”. Ma non sono molti, “costituiscono solo una piccola quota” della riserva di voti.

Il gruppo davvero determinante - spiega lo studio Etui - è quello degli “elettori periferici”, meno ideologici, “più opportunisti e meno leali, spesso motivati dal desiderio di esprimere il proprio malcontento e/o di protestare contro i partiti e le istituzioni dominanti. Quest’ultimo gruppo è spesso guidato da considerazioni economiche”. Perché “l’insicurezza economica crea insoddisfazione politica”, e la tappa successiva è votare più a destra che puoi.

Gli sconfitti della globalizzazione

Succede soprattutto ai lavoratori “con un basso livello di istruzione e con scarse prospettive sul mercato del lavoro”. Succede, spiega l’Etui, a tutti “gli individui che vivono nell’emarginazione economica, e hanno maggiori probabilità di votare per partiti di estrema destra perché temono le pressioni salariali e la concorrenza con gli immigrati per posti di lavoro e benefici”.

Sono gli “sconfitti della modernizzazione” e della globalizzazione economica. Sconfitti da tante parole lunghe che abitano le democrazie capitaliste e che abbiamo imparato a maneggiare: liberalizzazione, finanziarizzazione, internazionalizzazione dei mercati, deindustrializzazione. Ma sconfitti, anche, dalle politiche mainstream degli ultimi decenni. Governi guidati anche dalle sinistre non hanno fatto molto per arginare il lavoro povero, precario, atipico, l’emarginazione e la povertà. Grandi assenti: le politiche salariali, assistenziali, sociali. La disuguaglianza è aumentata. La mobilità sociale si è fermata.

Questo secondo grafico (sempre Etui) mostra il tracollo delle politiche di protezione sociale in 36 economie avanzate dal 1985 a oggi. Ogni commento è superfluo.

Si è quindi aperto uno spazio politico enorme per i partiti di estrema destra. Partiti che offrono “posizioni politiche alternative, almeno sul piano retorico”, spiega ancora lo studio Etui. E si aperto un vasto spazio di rancore verso il “tradimento” della sinistra.

Una donna del popolo

Lo scrittore e filosofo francese Didier Eribon ha recentemente dedicato un libro a sua madre (Vita, vecchiaia e morte di una donna del popolo, L’Orma editore 2024). E ha raccontato una traiettoria politica e proletaria che incarna bene quanto stiamo spiegando. Donna delle pulizie a partire dai 15 anni, poi operaia in fabbrica, e moglie di un operaio, ha sempre votato a sinistra, ma poi qualcosa è cambiato. Leggiamo qui di seguito (dalle pagine 189 in poi, nella traduzione di Annalisa Romani):

“Mia madre ha sempre votato. O quasi. E quando si asteneva non era per indifferenza, ma per un gesto deliberato e collettivo di sfiducia e di rifiuto. Un giorno mi disse: ‘Domani non ci vado a votare. Qui non ci va nessuno, si astengono tutti. Siamo stufi’. Rifiutarsi di partecipare era - e il fenomeno da allora non ha fatto che amplificarsi - una maniera di esprimere la propria opinione: non solo non mi riconosco nei candidati tra cui devo scegliere, ma nemmeno nel gioco elettorale. E dunque uscire dal gioco, tenersi fuori”.

Poi ci è tornata, a votare. E ha votato sempre a destra. Prosegue Eribon:

“Va anche detto che era arrivata a un punto tale di odio nei confronti di tutto ciò che poteva evocare la 'sinistra', di tutto ciò che poteva avere a che fare con la 'sinistra', che era pronta a votare per chiunque, purché fosse contro la ‘sinistra’. Così finiva spesso per votare candidati di destra o di estrema destra, alle elezioni comunali, regionali, europee, legislative e presidenziali. L'uomo di cui si era invaghita, anche lui ex operaio di fabbrica, era ancora più a destra di lei”.

Conclude l’autore francese:

“Non avevo forse davanti agli occhi lo spettacolo della disintegrazione di una classe sociale e della 'coscienza di classe' che avrebbe dovuto mostrare? (...) Mi trovavo nel salotto di mia madre, (...) con una donna razzista e un neofascista, magari pure filonazista, entrambi ex operai, che un tempo avevano rappresentato l'elettorato della sinistra, la base sociale dei partiti di sinistra”.

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Fate attenzione a chi votate

Come chi ha letto le puntate precedenti degli articoli che Collettiva sta dedicando alle elezioni europee 2024, il sindacato europeo (la Ces) e la Cgil hanno mostrato da tempo la posta in gioco in questo appuntamento. Il re è nudo, apriamo gli occhi. È interesse di tutti invertire questa tendenza. Chiudere i rubinetti dai quali si abbeverano le destre estreme per costruire consenso. E le ricette per farlo sono palesi.

La destra si batte con le politiche sociali - torna a spiegarci Salvatore Marra, coordinatore dell’Area politiche internazionali della Cgil -. Questo è l'unico vero antidoto. In particolare con politiche sociali autentiche, con la partecipazione dei cittadini, con i diritti civili. L'esclusione, l'isolamento, la frammentazione sono il combustibile dell'estrema destra”.

“Questo è il messaggio che vogliamo comunicare ai cittadini - prosegue Marra -: fate attenzione a chi votate. Non serve fare campagna elettorale, basta vedere come hanno votato negli anni passati i gruppi parlamentari europei su riforme importanti per noi. Chi ha votato contro le direttive sul salario minimo, sulla conciliazione vita-lavoro, sui lavori nelle piattaforme digitali? Chi ha ostacolato la direttiva sul dovere di vigilanza nelle catene di fornitura o sul lavoro forzato? Sono i partiti di estrema destra. Sono stati loro a votare sistematicamente contro e a opporsi a queste iniziative legislative fondamentali, che per noi rappresentano un chiaro progresso sociale”.

La rete internazionale dei sindacati antifascisti

Dopo l’attacco neofascista subìto nell’ottobre del 2021, la Cgil ha promosso una Rete internazionale sindacale, un vero e proprio network antifascista che lavora ormai da qualche anno, e ha un proprio Manifesto. L’ultimo appuntamento è stato lo scorso 21 maggio, in un webinar concentrato proprio sulle elezioni Ue.

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“In tutti i Paesi dove l'estrema destra è al potere - ragiona sempre Marra -, la prima cosa che fa è attaccare la società civile e i sindacati. È una ricetta ben collaudata, ed è a questo che dobbiamo porre rimedio a livello europeo. È il senso di ciò che facciamo con la rete internazionale dei sindacati antifascisti a livello globale. Vogliamo discutere delle ricette, degli antidoti e delle medicine che possiamo mettere in campo come sindacato per contrastare le tendenze dell'estrema destra”.

“Il primo messaggio che vogliamo trasmettere - prosegue il dirigente Cgil - è che anche gli antifascisti si stanno organizzando. Anche loro hanno un programma di resistenza contro i neofascisti, i neonazisti, le dittature, i nazionalisti e gli autoritari. La seconda cosa è la consapevolezza del rischio rappresentato da questi movimenti. Il terzo punto è organizzare la nostra resistenza con azioni concrete, come manifestazioni di solidarietà e webinar seguiti a livello mondiale”.

“In Europa - conclude Marra - abbiamo purtroppo alcuni esempi di Paesi che vedono una deriva autoritaria: dobbiamo lavorare insieme per prevenire e combattere tutto ciò”.