Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, conferma che procederà con l’attacco a Rafah entro l’inizio del Ramadan, vale a dire il 10 marzo, mentre Amnesty International lancia l’allarme di un concreto genocidio.  

L’organizzazione umanitaria ha svolto un’indagine nei siti di quattro attacchi israeliani a Gaza provando l’illegalità dei raid con foto e video delle distruzioni mortali, dimostrando che Tel Aviv continua a ”ignorare il diritto internazionale umanitario, cancellando famiglie intere nella completa impunità”. Si tratta di attacchi avvenuti tra lo scorso dicembre e il gennaio 2024 che hanno ucciso almeno 95 civili, tra i quali 42 bambini.

In tutti e quattro i siti, scrive Amnesty, “non è stata trovata alcuna indicazione che gli edifici colpiti potessero essere considerati legittimi obiettivi militari e ciò ha sollevato preoccupazioni che si sia trattato di attacchi diretti contro civili e obiettivi civili, da indagare come crimini di guerra”.

E ancora: “Anche se le forze israeliane avessero voluto colpire legittimi obiettivi militari nelle vicinanze, è evidente che quegli attacchi non abbiano fatto distinzione tra obiettivi militari e obiettivi civili: in questo caso, si tratterebbe di attacchi indiscriminati, a loro volta crimini di guerra”.

Leggi anche

Italia

Fermare il genocidio a Gaza, fermare la guerra mondiale

Appello di Walter Massa dell’Arci: in piazza il 24 febbraio, a due anni dall’inizio del conflitto in Ucraina, per chiedere all’Italia di agire per la pace

Fermare il genocidio a Gaza, fermare la guerra mondiale
Fermare il genocidio a Gaza, fermare la guerra mondiale

Le prove raccolte da Amnesty International hanno inoltre portato alla conclusione che l’esercito israeliano non abbia dato preavviso degli attacchi o alcun avviso efficace per lo meno alle persone residenti negli edifici colpiti”. Tre delle quattro offensive, infatti, sono state portate a termine dall’esercito di Israele di notte quando intere famiglie sfollate stavano dormendo.

Ai microfoni di Collettiva il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, ci ricorda che il genocidio non è un singolo “fatto”, ma un processo composto di piani operativi e di intenzioni espresse che non rispettano la norma secondo cui il genocidio è “l’eliminazione, del tutto o in parte, di un gruppo protetto per alcune sue caratteristiche”.

Il rischio genocidio è evidente a “Rafah, dove un milione e mezzo di persone si sono ammassate per fuggire dai bombardamenti: dietro di loro hanno il muro egiziano, davanti l’esercito israeliano. Se ci saranno le operazioni di terra, un accanimento contro i civili, sarà un cataclisma”.

Leggi anche

Internazionale

Gaza, la solidarietà è nei fatti

La Cgil si mobilita e apre un conto corrente per inviare aiuti alla popolazione palestinese in grave emergenza per il conflitto in corso

Gaza, la solidarietà è nei fatti
Gaza, la solidarietà è nei fatti

Circa la mozione approvata dal Parlamento italiano che per la prima volta impegna il governo a chiedere il cessate il fuoco nella Striscia, Noury dichiara: “Si sta muovendo qualcosa finalmente ma anche tardivamente. L’opinione pubblica comincia a rendersi conto di quanto anche la comunità internazionale dovrebbe comprendere. Questo è accaduto anche grazie al fatto che personaggi molto popolari hanno usato le espressioni ‘cessate il fuco’ e ‘genocidio’, come accaduto a Sanremo. Parole ascoltate da milioni di persone, il che ha sollecitato un segnale politico. Al quale devono però seguire azioni concrete del governo”. 

Erika Guevara-Rosas, direttrice delle ricerche di Amnesty International, nel rapporto pubblicato afferma che “tra le persone uccise negli attacchi illegali c’erano una neonata di neanche tre settimane di vita, un noto medico di 69 anni in pensione, un giornalista che aveva accolto in casa persone sfollate e una madre che divideva un letto con la figlia di 23 anni. Le dolorose testimonianze dei sopravvissuti dovrebbero ricordarci che questi crimini di atrocità nella Striscia di Gaza rappresentano una macchia sulla coscienza collettiva del mondo”.