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“L’intervento del governo sulla previdenza complementare è grave”. A dirlo sono le segretarie confederali Cgil Lara Ghiglione e Francesca Re David, commentando l’emendamento inserito nella legge di bilancio con cui l’esecutivo interviene sulla previdenza complementare “mettendo in discussione il ruolo della contrattazione collettiva e aprendo alla portabilità del contributo a carico del datore di lavoro, senza aver mai avviato un confronto con le organizzazioni sindacali”.
Ghiglione e Re David evidenziano che “il contributo datoriale alla previdenza complementare non è un beneficio individuale, ma il frutto della contrattazione collettiva. Decidere di renderlo pienamente portabile, cancellando il ruolo degli accordi collettivi, significa scardinare un modello che, in oltre trent’anni, ha garantito tutele, mutualità e governance partecipata”.
Per le dirigenti sindacali “è una scelta grave nel merito e nel metodo, perché viene assunta unilateralmente dal governo, all’interno della legge di bilancio, senza alcuna interlocuzione con il sindacato e senza una valutazione condivisa degli effetti sul sistema dei fondi pensione negoziali”.
Le segretarie confederali Cgil rilevano che “aprire alla portabilità del contributo datoriale verso forme di mercato in nome di una presunta neutralità significa indebolire i fondi pensione negoziali, che hanno dimostrato di saper tutelare gli iscritti, contenere i costi e orientare gli investimenti secondo criteri di responsabilità sociale”.
Secondo Ghiglione e Re David, il quadro è reso “ancora più grave dal fatto che, in una manovra priva di misure strutturali su lavoro, salari e pensioni, l’unico intervento sulla previdenza complementare sia l’innalzamento del limite di deducibilità fiscale dei contributi, portato da 5.164 a 5.300 euro annui. Si tratta di una misura dal costo stimato di circa 30 milioni di euro che non intercetta chi fa più fatica, ma favorisce esclusivamente chi ha redditi medio-alti e già oggi riesce a versare importi significativi”.
Per le due esponenti Cgil “è legittimo chiedersi come si possano trovare risorse per questo tipo di interventi mentre mancano risposte per milioni di lavoratrici e lavoratori. Giovani e precari non riescono a costruire una pensione integrativa non perché il limite di deducibilità sia troppo basso, ma perché salari e carriere sono insufficienti e discontinue. Questo governo continua a non cogliere la realtà sociale ed economica del Paese”.
Ghiglione e Re David così concludono: “La previdenza complementare è un pilastro delicato del sistema previdenziale e sociale. Cambiarne le regole senza confronto, dentro una manovra che non affronta le vere priorità, è una scelta sbagliata. Serve aprire immediatamente un tavolo con le parti sociali e rimettere al centro la contrattazione collettiva, il lavoro stabile e salari adeguati come condizioni indispensabili per garantire pensioni dignitose, oggi e domani”.






















