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La Francia resta nel pieno della tempesta politica. Dopo le dimissioni del premier Sébastien Lecornu, annunciate il 6 ottobre, il presidente Emmanuel Macron ha 48 ore per scegliere un nuovo primo ministro e tentare di ricomporre la crisi. Secondo quanto riportato da Agi e Afp, uno dei nomi che circolano all’Eliseo è quello del centrista Jean-Louis Borloo, ex ministro nei governi Chirac e Sarkozy. Ma Borloo ha smentito: “Non so assolutamente nulla, non ho avuto contatti con l’entourage di Macron”.
Altre ipotesi riguardano una figura di sinistra, sostenuta da parte dei socialisti, ma che rischierebbe di spaccare la maggioranza presidenziale. L’ex premier Élisabeth Borne ha invocato su BFM TV “compromessi tra la destra repubblicana e il Partito socialista per uscire dalla crisi”.
La parola “compromesso” si traduce, soprattutto, in un accordo improbabile sulla riforma delle pensioni. Lo stesso Lecornu, intervenendo a France 2, ha definito la riforma delle pensioni “un punto dolente”, ammettendo che sospenderla “costerebbe almeno 3 miliardi di euro nel 2027”. “Ho compiuto la mia missione”, ha aggiunto, “non correrò di nuovo per Matignon”.
Cgt: “Macron ha scelto il caos invece del cambiamento”
La confederazione del lavoro (Cgt), principale sindacato francese, ha reagito duramente alle dimissioni di Lecornu, definendole il simbolo del fallimento politico e sociale dell’attuale governo. “Cinque primi ministri in due anni: è il risultato della violenza sociale delle loro politiche”, denuncia la Cgt. “Invece di rinunciare ai regressi sociali e rimettere al centro la giustizia fiscale, Lecornu ha mantenuto il bilancio e la linea del suo predecessore. Non ha avuto il coraggio di affrontare i grandi gruppi e i più ricchi, né di rompere con la politica dell’offerta voluta da Macron”.
Il sindacato accusa il presidente Macron di aver trasformato “una crisi sociale e democratica in una crisi di regime” e punta il dito anche contro il Medef, la confederazione degli industriali, “che moltiplica le manovre per impedire ogni forma di giustizia fiscale e sociale”.
“Non ci sarà stabilità senza giustizia sociale”, scrive la confederazione, che invoca un “rassemblement des forces du progrès social”, ossia un fronte progressista per fermare l’avanzata dell’estrema destra e affrontare le emergenze sociali ed ecologiche.
Sophie Binet: “Bloccare la riforma delle pensioni è possibile, basta la volontà politica”
In un’intervista a Franceinfo, la segretaria generale Sophie Binet ha ribadito le posizioni della Cgt e attaccato l’Eliseo per l’immobilismo politico: “Non abbiamo alcuna garanzia di sospensione della riforma delle pensioni – ha detto -. Ma sospendere e abrogare la legge sarebbe un atto di buon senso: è la causa principale della crisi democratica in cui ci troviamo”.
Per Binet, ad ogni modo, la sospensione della riforma non può bastare: “Può essere solo una tappa verso l’abrogazione. Il Parlamento si è già espresso, ora deve poter votare per cancellarla davvero.”
La leader sindacale parla di un quinquennio catastrofico: “Macron è stato eletto nel 2022 per fermare l’estrema destra, ma ha scelto una politica al servizio dei grandi gruppi. Oggi l’estrema destra non è mai stata così forte in Francia”. Sul piano economico, Binet contesta la versione del governo: “Sospendere la riforma non costerebbe molto. Per il 2026 si parla di poche centinaia di milioni di euro, tre miliardi per un’abolizione totale. La Cgt propone di ampliare la base contributiva includendo premi e bonus: così si creano nuovi diritti e si finanzia la misura senza mettere a rischio le finanze pubbliche”.
Insomma, per il sindacato non è possibile nessun compromesso sull’età pensionabile: “Sessantatré anni sono già un arretramento. L’obiettivo resta tornare ai 60 entro il 2035. È realistico, ed è giusto”, ha detto Binet.
“La politica di Macron è un fallimento totale”
Sul piano industriale e occupazionale, il giudizio della Cgt è netto: “Abbiamo censito più di 450 piani di licenziamento in un anno e mezzo. La politica dell’offerta voluta da Macron è un fiasco economico: le fabbriche chiudono ogni giorno, e il governo resta immobile.”
Binet attacca anche il Medef, accusato di essere “il principale beneficiario di otto anni di tagli fiscali alle grandi imprese e ai più ricchi”. Invece “serve una riforma profonda del modello produttivo, concentrando gli aiuti su piccole e medie imprese e sostenendo davvero i lavoratori. I salari non hanno ancora recuperato il livello del 2020. Abbiamo subito quattro riforme della disoccupazione, una del codice del lavoro e una delle pensioni. Ora basta”.
Binet conclude con un avvertimento politico: “Negli ultimi due anni sono caduti cinque governi, tutti travolti dalla violenza sociale delle proprie politiche. È ora di avere un governo al servizio dell’interesse generale, con coraggio e visione”.
Cambiare rotta
Mentre Macron tenta di ricostruire una maggioranza e scegliere un premier in grado di approvare la legge finanziaria, la Cgt rilancia la battaglia sociale: chiede un cambio di rotta, l’abrogazione della riforma delle pensioni e una redistribuzione più equa della ricchezza. La Francia resta così sospesa tra crisi istituzionale e tensione sociale.