La notte tra l’8 e il 9 ottobre 2025 Israele e Hamas hanno accettato la prima fase di un accordo di cessate il fuoco. L’intesa prevede l’apertura di cinque corridoi umanitari verso la Striscia di Gaza, la liberazione di tutti gli ostaggi in vita – israeliani e stranieri – in cambio di prigionieri palestinesi, e un parziale ritiro delle forze israeliane dal territorio. Un passo atteso, ma “crudelmente tardivo” per oltre due milioni di palestinesi che da due anni subiscono bombardamenti, fame e distruzione, come ha denunciato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“Non basta fermare le armi”

Per Callamard, “mettere in pausa o ridurre temporaneamente gli attacchi non è sufficiente”. Amnesty chiede “la totale cessazione delle ostilità, la fine del blocco israeliano e il libero afflusso di aiuti essenziali: cibo, medicine, carburante, materiali per la ricostruzione”. Israele, aggiunge, deve permettere il ripristino dei servizi vitali e garantire che le famiglie sfollate possano tornare nelle proprie case, senza discriminazioni o restrizioni arbitrarie.

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Amnesty chiede la liberazione immediata di tutti gli ostaggi da parte di Hamas e la scarcerazione dei detenuti palestinesi sottoposti a detenzione arbitraria in Israele, inclusi gli operatori sanitari arrestati per aver prestato soccorso. “Solo il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani – afferma Callamard – può rendere duraturo un cessate il fuoco che ponga fine al genocidio e allo stato d’apartheid”.

Un piano di pace senza giustizia

Nel mirino dell’organizzazione anche il cosiddetto “piano di pace Trump”, giudicato “privo di giustizia e riparazione per le vittime”. Secondo Amnesty, “fermare il ciclo di atrocità richiede la fine dell’impunità che da decenni copre crimini di guerra e violazioni sistematiche dei diritti umani”. Gli Stati, incalza Callamard, devono rispettare il diritto internazionale e portare davanti alla giustizia i responsabili di crimini di guerra, contro l’umanità e di genocidio.

Contro l’apartheid e la frammentazione del territorio palestinese

Amnesty mette in guardia anche contro il progetto israeliano di creare una “zona cuscinetto” nella parte più fertile di Gaza, che “rafforzerebbe l’occupazione e l’apartheid”. Ogni piano di affidare a potenze terze il controllo della Striscia – senza garantire libertà di movimento e autodeterminazione ai palestinesi – aggraverebbe la frammentazione territoriale che alimenta l’ingiustizia. “È tempo – conclude Callamard – di porre fine a un orrore trasmesso in diretta mondiale, di rimediare agli errori del passato e di salvare ciò che resta della nostra comune umanità”.