Col taglio dei fondi Pnrr, il governo ha sottratto 16 miliardi di euro e la Sicilia perde infrastrutture e interventi per un miliardo e mezzo di euro. Gli ambiti più colpiti sono l’efficienza energetica, la rigenerazione urbana, i Piani urbani integrati (Pui) delle città. Anche se il Governo nazionale conta di recuperare le risorse attraverso altre misure riconducibili ai fondi europei, non si sa bene in che modo questo dovrebbe avvenire. Come Cgil Sicilia abbiamo subito espresso forti dubbi, dopo aver fatto una ricognizione analitica dei settori che verranno maggiormente penalizzati dai tagli.

Tra questi, ci sono anche l’infrastrutturazione sociale delle aree interne, la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità mafiosa, il finanziamento dedicato alla forestazione urbana che in Sicilia riguarda le tre aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Preoccupa anche il nuovo assetto della sanità si stima che si possano perdere 75 strutture, tra case di comunità, ospedali di comunità e centrali operative territoriali, rispetto alle 234 inizialmente previste.

Nell’analisi dell’Osservatorio Pnrr di Spi Cgil Sicilia, emerge che i tagli maggiori – si raggiunge il miliardo di euro – investono Palermo, Catania e Messina. Grave e inaccettabile che questo stia avvenendo soprattutto per alcune misure che erano già in fase di progettazione e proprio dove si poteva dare una mano ai soggetti più deboli. Penso alla qualità della vita delle aree interne e delle aree urbane, come Librino a Catania o lo Zen a Palermo. Era l’occasione per migliorare la qualità dei servizi proprio nei territori più fragili della Sicilia. Per i progetti generali dei Pui, per esempio, la Sicilia perde oltre 500 milioni di euro, 200 solo a Palermo. Oltre 400 milioni vengono tagliati dalla misura relativa a emarginazione e degrado sociale, 86 di questi solo a Catania.

Inaccettabile che il Governo pensi di rifinanziarle usando i fondi europei Fsc e Fesr. Quelle erano risorse che sarebbero dovute arrivare comunque alla Sicilia e se le utilizziamo per recuperare l’ex Pnrr, mancheranno ad altri progetti. C’è anche da capire se le misure del Pnrr siano compatibili con altri canali di finanziamento europei. C’è il rischio che l’Europa ci dica che quella nuova spesa non è coerente e rischiamo così di non poter impegnare le somme. Una confusione grave. Tutto questo non è l’unico motivo di allarme.

L’estate non è stata tragica solo dal punto di vista metereologico perché oltre alle risorse per quasi un miliardo e mezzo di euro del Pnrr, dall’ultima riunione della scorsa settimana sui fondi strutturali, la Sicilia rischia di avere definanziate risorse Ue per un miliardo e 74 milioni di euro.

È mancata fin dall’inizio la regia del governo della Regione. L’avevamo chiesta già nella precedente legislatura. Sapevamo che i Comuni da soli non ce l’avrebbero fatta. Ma la regia non c’è mai stata, mentre c’è stata una parcellizzazione delle risorse. Ad oggi, la Regione Siciliana ha avuto 1,2 miliardi di euro di risorse, i Comuni nel complesso circa cinque miliardi. C’è però la beffa per quegli enti che avevano già avviato la progettazione di un’opera. Non la possono più realizzare perché sono stati tolti i soldi e per giunta rischiano il contenzioso con il progettista. Se  da una parte la rimodulazione è stata fatta perché si rischiava di non completare i progetti e spendere i fondi nei tempi (entro il 2026), dall’altra il governo nazionale ha perso dieci mesi per cambiare la governance del Pnrr, che è passata dal dipartimento Sviluppo e coesione economica alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Alfio Mannino è segretario generale Cgil Sicilia