Alla fine i nodi vengono al pettine. Le cose sono due, o dalle parti di Palazzo Chigi hanno problemi a far di conto e la calcolatrice non funziona a dovere, o con una sorta di gioco delle tre carte mescolano i dati per nascondere ritardi e mancanze.

A lanciare l’allarme è il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari che nota: “L’incoerenza dei dati pubblicati sulla piattaforma ReGis con quelli forniti dal governo pone pesanti interrogativi sull’attendibilità e la trasparenza delle informazioni su cui si basa il confronto pubblico e si prendono decisioni cruciali per il nostro Paese”.

Il fatto è questo: nella manovra di bilancio all’esame del Senato è scritto nero su bianco che una parte di risorse necessarie per le coperture della manovra saranno prese dai fondi del Pnrr, frutto dell’ennesima revisione del Piano. E allora, ligio al dovere, il ministro Foti ha illustrato al Parlamento, dettagliando la “revisione”, il bilancio del Pnrr fin qui. Il ministro ha sostenuto che “il 96% dei progetti attualmente finanziati (428.939 su 447.065) risulta concluso, in via di conclusione e in corso di esecuzione, per un valore complessivo di circa 148 miliardi di euro”.

Ma la Cgil fa notare che “come risulta dall’aggiornamento del 7 novembre scorso, pubblicato sulla piattaforma ReGis e relativo allo stato di attuazione del Pnrr al 14 ottobre 2025 sono 306.346 i progetti censiti, 157.688 dei quali conclusi; i progetti non conclusi sono invece 148.658, di cui 134.568 in corso di esecuzione. Al 31 agosto 2025 (ultimo dato disponibile), sono stati validati 86 miliardi di euro di spesa (pari al 44,22% del totale), sempre attraverso il sistema di monitoraggio ReGiS”.

È evidente che i numeri non tornano, e di molto. Da qualche parte c’è errore o dolo. “Questi dati, incoerenti con quelli del governo - ribadisce Ferrari - sollevano dubbi sulla trasparenza e sull’attendibilità delle informazioni alla base delle decisioni pubbliche. È previsto a breve il varo dell’ulteriore, e probabilmente ultima, rimodulazione del Pnrr”.

"Una rimodulazione - prosegue il segretario confederale - che avrà significative conseguenze sia sul disegno di legge di bilancio, visto che una parte rilevantissima delle coperture della manovra deriva dalle risorse del Piano; sia perché comporterà l’emanazione di uno o più provvedimenti attuativi che avranno una dimensione di molto superiore alla manovra stessa”.

Una delle questioni sul tavolo della discussione è che Meloni non ha mai condiviso fino in fondo il Pnrr che, ricordiamo, è stato firmato da Mario Draghi, e nel corso dei tre anni di governo di destra-centro il disegno originario è stato “corretto”, sarebbe meglio dire stravolto. Basti pensare che Nex Generation Eu nasceva come risposta allo sconquasso economico ereditato dalla pandemia e che aveva come obiettivo quello della riduzione dei divari e delle disuguaglianze. Rispetto ad allora le diseguaglianze in Italia sono aumentate, la sanità sta peggio ma Meloni ha ridotto che case e gli ospedali di comunità, così come ha ridotto la creazione di posi in asilo nido di ben 100 mila sui 250 mila previsti. E potremmo proseguire a lungo.

La richiesta di Ferrari è netta: “Per fare chiarezza sul reale stato delle cose, chiediamo un'urgente convocazione della Cabina di regia, con la partecipazione delle parti sociali. Le decisioni che saranno assunte sul Piano - che, tra l’altro, rappresenta al momento la principale fonte degli investimenti pubblici per il nostro Paese - devono essere trasparenti e frutto di una larga condivisione”.

“Non è accettabile - conclude il segretario confederale - che, per ragioni contingenti, si snaturino gli obiettivi di riduzione delle diseguaglianze sociali e dei divari territoriali per cui il Pnrr è stato varato; né che ritardi e inefficienze riducano il suo potenziale impatto sull’economia nazionale (già sull’orlo della recessione) e sulle condizioni materiali di vita e di lavoro delle persone”. Anche questa è questione di democrazia.

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