Quante volte si è passati distrattamente in una via, si è entrati in un palazzo o in una scuola, ignari di quanto può esservi accaduto? Colmare le lacune e ricordare quanto accadde a Savona tra il 1974 e il 1975 è l’obiettivo del Museo Diffuso della Memoria di Savona. È il 30 aprile del 1974 quando la prima bomba esplode in pieno centro città nel palazzo dove abita il senatore Dc Franco Varaldo e sarà la prima di 12 ordigni che provocheranno due morti e circa venti feriti. Gli attentati, rivendicati dall’organizzazione neofascista Ordine Nero e per i quali non è stata raggiunta alcuna verità giudiziaria, colpiscono luoghi pubblici come la Prefettura e una scuola.

La reazione della città e del mondo del lavoro è immediata: tra l’aprile del 1974 e il febbraio del 1975 si svolgeranno sette manifestazioni e in ogni quartiere nasce quella che verrà definita “vigilanza democratica di massa”: circa 10 mila volontari che per mesi controlleranno, luoghi pubblici, fabbriche.

Sabato scorso in Comune a Savona la presentazione del Museo diffuso della Memoria: dieci postazioni interattive poste su colonnine situate in prossimità dei luoghi degli attentati per tenere viva la memoria collettiva.

Il compito del Museo è quello di parlare a chi oggi attraversa i luoghi degli attentati, ma non è solo un esercizio di memoria per ricordare quelle vicende, è soprattutto una testimonianza della reazione che ebbe caratteristiche uniche nel panorama del secondo dopoguerra, quella di provocare una grande reazione popolare che coinvolse il mondo del lavoro, dell’associazionismo, la politica, la scuola e centinaia di cittadine e cittadini che decisero di proteggere la loro città e i suoi abitanti dando l’avvio ad una maxi mobilitazione collettiva per una gigantesca operazione di controllo del territorio.

Così Marcello Zinola, giornalista e allora giovane cronista de il Lavoro, ricorda quei giorni: “Si può dire che mezzo secolo dopo quegli attentati la città e la sua gente sono rimasti senza giustizia e senza verità. O meglio, verità parziali, emerse nel corso degli anni con molti ritardi e omissioni da parte della magistratura degli anni Settanta e, anche qui, dopo gli impegni della società civile, di diversi giornalisti e il fondamentale impulso dato e voluto da Sandro Pertini allora presidente della Camera che riuscì a fare unificare le indagini con un intervento della Procura generale di Genova sulla, per così dire, leggerezza investigativa savonese. Erano gli anni del dopo piazza Fontana, degli attentati sui treni, delle bombe in piazza con decine di morti. Savona – sottolinea ancora Zinola – fu scelta perché Genova era impraticabile a causa delle indagini sulle prime azioni del terrorismo rosso e anche per la sua specificità di città operaia, la forte presenza dei partiti della sinistra e dei sindacati, la tradizione resistenziale. La reazione non fu però il chiudersi in casa ma “uscire” e la vigilanza popolare antifascista coinvolse migliaia di persone, con sedi dalle parrocchie alle “croci” (le sedi di Croce Rossa e Croce bianca) alle società di mutuo soccorso, scuole, luoghi di lavoro”.

Il Museo Diffuso della Memoria è suddiviso in dieci tappe formate da dieci totem dove attraverso un Qr code si esplorano i principali luoghi della memoria di quella stagione, dai siti delle principali esplosioni alle grandi manifestazioni di massa.

Pasa, Cgil Savona: “Il Museo non serve solo a ‘fare memoria’, ma anche a conoscere la storia’”

Per Andrea Pasa, segretario generale Cgil Savona, “la creazione del Museo Diffuso, al quale la Cgil ha dato impulso e un importante sostegno, è il frutto di un lavoro straordinario fatto da una rete di associazioni, organizzazioni sindacali, giornalisti, ricercatori, professori che non solo serve a ‘fare memoria’ ma a ‘conoscere la storia’ e quindi il presente della città di Savona insieme al contributo straordinario delle lavoratrici e dei lavoratori e del movimento sindacale savonese”.

Il progetto è realizzato nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola, promosso da ministero della Cultura e ministero Istruzione e Merito e vede la collaborazione di studenti, storici e professionisti per creare un percorso storico e multimediale.

Il progetto del Museo è stato voluto dal Comune di Savona, dal Liceo Scientifico O. Grassi di Savona e ha visto il patrocinio ed il co-finanziamento di: Mim, Mic, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea, Centro educazione al digitale, Anpi, Fivl, Aned, Cgil, Cisl, Uil, Auser, Acli, Arci, Fondazione Cento Fiori, con il supporto di: Disfor - Università di Genova, Archivio di Stato, Biblioteca Civica di Savona, Aamod - Archivio Audiovisivo del movimento operaio e democratico con la collaborazione di Mauro Cerulli, Giorgio Preteni.