A casa conservo un pezzo del Muro di Berlino riportato da mio padre, che appena ricevuta la notizia di quanto stava accadendo partì in fretta e furia verso la capitale tedesca, per accertarsi delle condizioni e del futuro che poteva aprirsi per un altro figlio, di sei anni, avuto con una donna della parte Est. “Questo è un pezzo di storia”, mi disse di ritorno, porgendomelo in un involucro di plastica. “Una storia che da adesso cambierà”. Oggi, a 36 anni da quel giorno, in effetti le cose sono cambiate, ma non come credeva e sperava mio padre, che poco prima di morire, guardando Good Bye, Lenin!, consumò le sue ultime lacrime.

Come ben spiegato in un volume dell’economista Vladimiro Giacché ormai pubblicato da una decina d’anni per l’editore Imprimatur, dal titolo Anschluss-L’Annessione, la riunificazione delle due Germanie ha in realtà determinato la quasi completa deindustrializzazione dell'ex Germania Est, con la perdita di milioni di posti di lavoro e una conseguente e massiccia emigrazione verso la parte Ovest del Paese, spopolando intere città. Giacché la definiva “un’unione che divide”, e ancora oggi questa sua analisi parla al presente.

La decisione di attuare prima di tutto un'unione di carattere monetario, invece di lavorare sul delicato incontro tra le economie dell’Ovest e dell’Est, ha certamente favorito i tempi della politica, causando però un pesante collasso economico della parte orientale della Germania. Un divario che in queste ore di celebrazione dei 35 anni dalla riunificazione ufficiale si sente ancora forte, in virtù di alcuni dettagli che dettagli non sono.

Basti pensare alla continua mancanza di figure provenienti dall’Est nelle università e nelle aziende tedesche, o agli stipendi e le pensioni ancora oggi decisamente più bassi rispetto al lato occidentale, comprese le disparità di Pil o nei tassi di interesse sui prestiti. Insomma, vivere al di qua o al di là di quello che era il Muro fa ancora una certa differenza. E non soltanto in senso economico.

Alcuni osservatori si sono ad esempio soffermati sulla scelta dei relatori per celebrare questi 35 anni dall’unità tedesca organizzate dal Saarland, uno dei sedici Stati federali della Germania, che attualmente detiene la presidenza del Bundesrat, tra i cinque organi costituzionali della Repubblica federale di Germania: tra tutti gli oratori chiamati a intervenire, non ne è stato previsto nemmeno uno appartenente all’ex Germania Est.

Eppure i nomi ci sarebbero; per farne soltanto uno, quello di Matthias Platzeck, già primo ministro del Brandeburgo, da anni impegnato nello studio e la realizzazione del periodo post-riunificazione, dunque ben qualificato nel descrivere come si sia svolto e dove sia giunto il viaggio verso l’unità tra Est e Ovest. Al suo può aggiungersi quello di Joachim Gauck, attivista dei diritti civili nell’ex DDR; e ancora, in ambito culturale, degli scrittori Clemens Meyer, autore del libro-culto Eravamo dei grandissimi, tradotto in Italia dall’editore Keller, ambientato negli anni pre-caduta del Muro; della giornalista Jana Hensel, di cui Mimesis edizioni ha proposto nel 2009 il saggio Zonenkinder. I figli della Germania scomparsa; oppure, in ambito cinematografico, gli attori Jan-Josef Liegers, Katrin Sass, e Anna Loos, diversamente interpreti e testimoni di un percorso generazionale complesso e articolato, come lo sono i rapper e cantanti Clueso e Marteria. Nessuno di loro, ancora una volta, è stato invitato alla celebrazione dei 35 anni dall’unificazione tedesca, sintomo di una distanza mai veramente colmata.

Quando viene a trovarmi, ogni tanto il fratello tedesco racconta di quel bambino che attraversava magicamente il Muro grazie al passaporto paterno, per andare a comprare il cioccolato da condividere la mattina dopo in classe, con i suoi compagni di Berlino Est.

Gli sembrano tempi a volte lontanissimi, altre volte meno.