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Molte registe sono approdate al Lido di Venezia, nell’edizione numero 82 della Mostra del Cinema. Già nei primi giorni, infatti, si sono visti film diretti da donne che, va detto subito, non vengono presentati per una questione di “quote rosa” ma per l’effettiva qualità delle opere. L’unico neo è la scarsa presenza in concorso: comunque deve ancora arrivare il titolo più atteso, The Voice of Hind Rajab della tunisina Kaouther ben Hania, la ricostruzione della tragedia della bimba uccisa a Gaza attraverso le chiamate ai soccorritori.
IN PIAZZA PER LA PALESTINA, GRANDE PARTECIPAZIONE
L’inizio del Festival è stato dominato proprio dalla mobilitazione in sostegno della Palestina, lanciata dal movimento Venice4Palestine: venerdì 30 agosto alle 17 è andata in onda la manifestazione al Lido di Venezia, in piazzale Santa Maria Elisabetta, cioè all’imbarco dei traghetti dove tutti prima o poi devono passare. Il corteo ha attraversato il Gran Viale del Lido per poi arrivare nella zone delle sale. Un’iniziativa molto partecipata, per ribadire la ferma condanna verso la politica di Israele e il genocidio messo in atto nella Striscia di Gaza.
LA FIGURA COMPLESSA DI MADRE TERESA
Poi spazio ai film, naturalmente. E quindi agli sguardi femminili. A cominciare da Mother della regista macedone Teona Strugar Mitevska, l’atteso film su Madre Teresa nella sezione Orizzonti. L’autrice, già molto abile a raccontare le figure femminili e i dilemmi delle donne, respinge l’agiografia e sceglie un approccio non tradizionale, raccontando la santa prima della santità: Teresa, interpretata da Noomi Rapace, ha 37 anni e assistiamo a sette giorni nella sua vita.
Siamo a un punto di svolta, visto che le è stata concessa l’autorizzazione a fondere un suo nuovo ordine, insomma a “diventare” il personaggio che conosciamo. Non mancano però dilemmi etici, morali, dubbi. Mitevska non aggira l’elefante nella stanza e parla apertamente della contrarietà all’aborto: “La sua posizione sull’aborto è un ostacolo sul suo cammino – ha affermato -, difficile da comprendere dalla nostra prospettiva odierna”.
DONNE CHE RACCONTANO UOMINI
Sempre nella sezione Orizzonti si è visto Otec (Padre) di Tereza Nvotová, direttamente dalla Slovacchia. Per una volta non abbiamo un uomo che racconta una donna, ma il contrario: la regista mette in scena un padre che compie un tragico errore avvitandosi in una spirale di dolore, con grave ricaduta sul suo matrimonio. L’autrice costruisce con abilità un protagonista maschile, l’attore Milan Ondrík, con un dramma intimista che diventa una lezione di sguardo, sensibile e profondo, in grado di toccare le corde dell’animo.
LA REGISTA IN FUGA DALLA GUERRA
Grande emozione ha suscitato Memory di Vladlena Sandu, il film che ha aperto la sezione parallela Giornate degli autori. La regista, nata in Crimea nel 1982, si trasferisce a Grozny e incontra la guerra in Cecenia: dopo quattro anni di conflitto è costretta a scappare in Russia, dove diventa una sfollata. Nel suo titolo significativo, memoria, racconta tutto ciò partendo dall’infanzia: il divorzio dei genitori, il trasferimento in Cecenia, il crollo dell’Unione Sovietica e lo scoppio della guerra. Grozny diventa campo di battaglia.
Il film è un’autobiografia metaforica e poetica, che riscrive i ricordi da bambina all’insegna dell’incontro prematuro che ha segnato tutta la sua vita, quello con la violenza. Vladlena preferisce le tormentate domande alle facili risposte: “Memory mi ha aiutato a capire come il meccanismo della violenza si muova attraverso le generazioni – ha detto - e mi ha portato a pormi una domanda fondamentale: cosa possiamo fare per fermarlo?”.
LAURA POITRAS E LA VIOLENZA DELLE ISTITUZIONI
Laura Poitras è un nome che conoscono bene i frequentatori del Lido: vinse un clamoroso Leone d’oro a Venezia 2022 con All the beauty and the bloodshed, documentario sulla lobby americana degli oppiacei che ha ridotto molte persone alla dipendenza, e alla morte, in nome del profitto. Fu un trionfo contro ogni pronostico. La documentarista di Boston è tornata ora fuori concorso con Cover-Up, girato insieme al collega Mark Obenhaus. Il risultato non è meno politico e sociale: film che ripercorre la carriera del grande giornalista investigativo Seymour Hersh, già premio Pulitzer, e ne approfitta per riprendere le verità emerse dalle sue inchieste.
Al centro stavolta c’è la violenza delle istituzioni, delle forze dell’ordine e dell’intelligence statunitensi, ai danni di cittadini e cittadine comuni, il leitmotiv che Hersh ha sempre indagato. Ancora una volta, dunque, Poitras si mette allo specchio con qualcuno – nel film premiato era la fotografa Nan Goldin – per costruire una mobilitazione e sottolineare i limiti della democrazia americana.
DALL’ITALIA ARABELLA
Va segnalato il film italiano di una regista, Il rapimento di Arabella di Carolina Cavalli, ancora nella sezione Orizzonti. È la storia di una ragazza di 28 anni, interpretata da Benedetta Porcaroli, che realizza il rapimento del titolo: sottrae una bimba di nome Arabella, convinta che sia la se stessa di un tempo, la sua versione passata. In forma di commedia, il film parla di una giovane “che trova un modo per risolvere il suo passato, superare i rimpianti, calmare l’ansia del futuro e dimenticare le aspettative fallite”, così l’autrice.
Insomma, i film delle donne esistono ed è il caso di diffonderli il più possibile. Anche questo è compito di un grande festival internazionale, andando a cercare negli angoli del mondo, con un rovesciamento di campo - si direbbe in regia - rispetto alla maggioranza del cinema ancora a dominanza maschile. Sarebbe giusto far competere più registe per il Leone d’oro, proprio come i colleghi maschi, ma questa è un’altra storia.