Rosa voleva cambiare il mondo, e vuole cambiarlo ancora. Ma continua a scontrarsi con le piccole querelle quotidiane sul niente, con le questioni di principio, con i litigi sulla scelta di un nome – o di un pronome – che da sempre impediscono anche ai più puri di fare, davvero, la rivoluzione.

Robert Guédiguian arriva al cinema, anche in Italia con E la festa continua!, il suo ultimo film, forse non il migliore di tutti, ma tuttavia sempre fedele all’idea di fotografare una complessità che non sempre il cinema, soprattutto quello italiano, riesce a mettere a fuoco. Il cinema di Guédiguian è un cinema del dettaglio narrativo, in cui il pubblico è privato e viceversa, non solo per quello che riguarda la filosofia di vita dei suoi personaggi. Ma anche nella costruzione di fili narrativi che si intrecciano costantemente, accostando la dimensione sentimentale a quella sociale senza mai farle stridere, o sembrare scollate.

E succede, anche in quest’ultimo film, affidato a due dei suoi attori feticcio, Arianne Ascaride e Jean-Pierre Darroussin, coppia matura ne “Le nevi del Kilimangiaro” e coppia che sboccia in età matura in questa nuova storia. In entrambi i film, gli innamorati si scontrano con i grandi temi esistenziali del lavoro, della politica e di quanto entrambi contribuiscano a definire la nostra identità come singoli e come parte di una collettività. A Rosa, infermiera vicina alla pensione, da sempre pasionaria della sinistra, viene proposta una candidatura alle comunali con i Verdi, che però non riescono a decidersi sulle “quisquilie”.

Leggi anche

Culture

La zona d’interesse, non vedere è peggio di vedere

Glazer lascia lo sterminio fuori campo e così lo rende ancora più devastante. La questione della visione nella rappresentazione dell’Olocausto

La zona d’interesse, non vedere è peggio di vedere
La zona d’interesse, non vedere è peggio di vedere

Giocando per un attimo a isolare i dettagli dell’ambientazione francese e concentrandosi solo sui dialoghi, non si fa fatica a pensarsi in Italia. O forse, più correttamente, a riconoscere quell’universale difetto della militanza che resta troppo spesso impigliata nelle questioni di lana caprina. Un eterno – e purtroppo sempre attuale – dibattito senza fine, in cui il confronto passa da essere l’anima della politica a ciò che ne decreta la definitiva morte. Quello che seguiamo, insieme a Rosa, è un percorso intimo di riflessione, dai tempi della sua educazione sentimentale e politica, di parte paterna, fino a un presente di stanchezza che porta con sé la domanda: chi me lo fa fare? Non sarebbe dunque meglio pensare solo a sé stessi, salire in macchina con un nuovo amore – quello di Henri – e dimenticare tutto ciò che non si può cambiare? Ma sarà proprio questo inaspettato amore a dare nuova linfa a tutto quello che in fondo Rosa non può – e non vuole - smettere di essere.

Sullo sfondo, anzi, come sempre protagonista muta ma eloquente, la città di Marsiglia. Con il suo mare, il suo porto, la sua quotidianità a colori vividi e multiculturali, dove generazioni del passato e del presente si confrontano, sospesi tra la necessità di restare ancorati alle proprie radici armene e quella, altrettanto viscerale, di allentare i nodi della tradizione, per poter vivere autenticamente liberi. Accanto a Rosa, in questo film, c’è tutta la sua famiglia, in un racconto in cui l’eroina principale dice la sua, senza rubare mai la scena ai suoi corifei.

Non il migliore dei film di Gédiguian, e però una storia da assaporare, per poi riflettere sui propri, personalissimi, dilemmi esistenziali. Su tutte quelle volte in cui si è stanchi di andare avanti. Ma si va.

Leggi anche

Culture

“11 giorni”, il mondo dentro

I detenuti del carcere di Brescia si raccontano in una web-serie per la regia di Nicola Zambelli: “Qui neanche la vita è più tua”

“11 giorni”, il mondo dentro
“11 giorni”, il mondo dentro