“L’angoscia della pandemia non ha facilitato la lettura. Durante il lockdown non è che non si sia letto, ma la mia impressione è che lo si è fatto in modo limitato. Il libro non è stata la risorsa principale”. Questa intervista con Gino Roncaglia inizia con una nota di scetticismo rispetto ai dati sulla lettura degli italiani, confermata peraltro dalle stime dell’Aie. Roncaglia è filosofo ed è uno tra i massimi esperti italiani di lettura ed editoria digitale applicate alla formazione e alla didattica. Laterza ha da poco pubblicato un suo ebook dal titolo eloquente: Cosa succede a settembre? Scuola e didattica a distanza ai tempi del COVID-19, e sta per ristampare una edizione aggiornata de L'età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale, testo di Roncaglia uscito nel 2018.

A cosa è dovuto il suo pessimismo?

La ripresa di questi ultimi mesi è stata in qualche modo ‘naturale’ per il mondo del libro, così come è avvenuto per altri consumi rimasti fermi durante la chiusura. Probabilmente c’è da considerare un fattore. Il lavoro dipendente, se lo stipendio continuava ad arrivare, ha goduto di più risparmi e di meno occasioni per spendere, mentre il lavoro autonomo è andato incontro a enormi problemi economici sin dall’inizio della pandemia. Finito il lockdown, la ripresa è ripartita in modo ineguale nella popolazione. Soldi da spendere li ha chi ha uno stipendio fisso, e categorie sociali abituate ad acquistare volumi. Questo fa sì che il mondo del libro non abbia risentito immediatamente della crisi economica. Ma solo per ora.

Cosa pensa che accadrà nei prossimi mesi?

La situazione ‘squilibrata’ del periodo immediatamente post-lockdown progressivamente andrà uniformandosi. Gli effetti della crisi si ripartiranno in modo più distribuito tra la popolazione e, di conseguenza, sul mondo del libro. Per questo non sono ottimista. La crisi di marzo-aprile, quando le librerie erano chiuse e gli editori in difficoltà, non è stata una parentesi, continuerà a farsi sentire e ce ne accorgeremo in autunno. Non sono ottimista anche perché la nostra capacità di presentare il libro come un bene anticiclico, come una risorsa che permette di passare il tempo piacevolmente con una piccola spesa, resta molto limitata.

L’editoria scolastica è un settore che potrebbe aiutare le piccole e medie case editrici, se non altro garantendo fatturati certi, o bisogna prepararsi al peggio?

In realtà rispetto alle medie e piccole case editrici, relativamente alla scolastica, c’è un altro fattore da considerare, ossia che il loro spazio si sta riducendo in maniera del tutto indipendente dal Covid-19. E’ il risultato di un processo di aggregazione attorno ai grandi gruppi editoriali legato soprattutto agli alti costi di qualità. Il digitale rafforza in parte i costi di produzione e certo non aiuta da questo punto di vista. Ormai esistono pochi grandi gruppi: quello nato dalla fusione tra Mondadori e Rizzoli Education, Zanichelli e Pearson, che è entrato da qualche anno nel mercato italiano uniformando testi di materie scientifiche a livello internazionale, come ad esempio i manuali di fisica o chimica per la scuola, ed è il gruppo in ascesa più evidente. Gli altri editori italiani che pubblicano volumi di scolastica hanno spazi limitati, e una copertura ridotta quasi esclusivamente alle superiori.

Da questi mesi di didattica a distanza rudimentale, eppure di spinta alla digitalizzazione delle abitudini di studio e di lettura, il libro di testo esce modificato? Il suo ruolo nella scuola post-Covid è destinato a cambiare?

Rispetto al libro di testo in sé, non credo ci siano grandi cambiamenti nella situazione post-Covid. Le risorse online sono preziose e vanno usate, ma nella maggior parte dei casi non soddisfano quell’aspetto di copertura curricolare e strutturata propria del libro di testo. Sono convinto che in tempi medio-lunghi il libro di testo andrà incontro a un lento processo di digitalizzazione. Ma stiamo parlando di una prospettiva di dieci anni, non di due o tre. Probabilmente l'epidemia ha dato un impulso in questa direzione, aumentando la facilità d’uso delle risorse digitali, ma è stato un impulso lieve, perché le risorse usate non sono quelle di cui ci sarà bisogno. Durante il lockdown sono stati usati strumenti ‘tradizionali’, legati all’esigenza di proseguire la didattica seppure a distanza. La Dad paradossalmente ha rafforzato la trasmissione frontale, traslocandola online, mentre andrebbe usata per organizzare lavori di gruppo e collaborativi.

Al riguardo, nei suoi ultimi libri, lei racconta progetti ed esperienze molto interessanti che hanno a che fare non tanto, o non solo, con la didattica, ma con l’esperienza della lettura in sé, tra nuove tecnologie e appunto collaborazione. Potrebbe riassumerli?

Tra le varie forme di lavoro collaborativo, in presenza o a distanza, c’è naturalmente quella sulla lettura. Un primo tema che abbiamo affrontato nel Forum del libro è stato quello della lettura aumentata, lanciando il progetto Living Book. Ciascuno di noi legge in un ambiente che gli permette di approfondire i temi del libro navigando in rete, andando su Wikipedia o altrove. La lettura, che avvenga su carta o digitale, è circondata da un ecosistema che consente di sviluppare online quella che in altri tempi avremmo definito ‘intertestualità’. Abbiamo sempre un ‘secondo schermo’ che usiamo per approfondire il testo che stiamo leggendo.

Chiuso Living Book, l’abbiamo sviluppato in un nuovo progetto, ReadTwinning (inserito nel sistema europeo Erasmus), che punta a rafforzare la lettura ‘per interesse’ nei giovani e giovanissimi. Un gruppo di lettura largo nasce sempre da un compromesso tra i partecipanti, e ne sono capaci i lettori forti, mentre ne sono meno capaci i lettori giovani e poco abituati alla lettura: per loro bisogna organizzare gruppi di lettura ristretti, partendo dall’idea del tandem, e individuare interessi specifici e personali. L’obiettivo è far capire che la lettura è lo strumento migliore, o comunque è uno strumento molto importante, per approfondire i propri interessi. Il progetto è quello di mettere una infrastruttura a disposizione di due persone anche fisicamente lontane, non necessariamente nella stessa classe o scuola, che però hanno passioni comuni. Una infrastruttura che li aiuti nella scelta di libri specifici e consenta un’attività di lettura a coppie o piccoli gruppi di massimo quattro persone.

Leggo dal suo libro: “ReadTwinning propone in particolare l’uso di un diario di lettura condivisa, articolato in sezioni che possano essere riempite da ogni partecipante (non solo con impressioni o giudizi sul libro, ma inserendo anche l’immagine del proprio avatar, link a materiali reperiti in rete durante la lettura, immagini delle situazioni in cui concretamente si è letto il libro, playlist musicali considerate ‘adatte’ ad accompagnare la lettura, e così via). Il progetto si propone di realizzare una piattaforma online che possa fornire strumenti diretti di collaborazione e ospitare i diari di lettura condivisa”. Com’è andata?

E’ andata che è scoppiata una pandemia. Questo era il progetto prima del Covid-19. Quando è esplosa l’emergenza del coronavirus abbiamo cercato di adeguarlo alla situazione ed essere utili, senza interromperlo. Le scuole partner che siamo riusciti a raggiungere hanno lavorato sull’idea di piccoli gruppi di lettura. Anche piccoli gruppi familiari, soprattutto per i bambini più piccoli. Ossia situazioni in cui i bambini leggono con i genitori o gli amici. Ha funzionato: hanno partecipato otto scuole a livello europeo (tra cui Cipro e Portogallo, oltre all’Italia), che hanno lavorato con buoni riscontri. Durante il lockdown abbiamo capito che strumenti del genere possono essere molto utili, ad esempio integrando la piattaforma di lettura con ‘stanze’ virtuali dove i partecipanti si possono incontrare. Più in generale, quello che ci insegnano i mesi di emergenza che abbiamo, spero, alle spalle, è che il libro e la lettura possono essere armi molto importanti per affrontare con ‘resilienza’ le difficoltà, sia sul piano personale che su quello collettivo.