“Il mondo è cambiato, e il nostro lavoro è diventato più difficile, oltreché per le azioni degli avversari, per il mutare delle condizioni del lavoro stesso. Qui sta il fondamento della contrattazione inclusiva e della sua ‘necessità oggettiva’, e qui stanno anche – credo – le timidezze, le pigrizie e i ritardi che giustamente il documento ‘Il lavoro è’ segnala. Ora è giunto il momento di una grande battaglia per la stabilizzazione, spero a valle della firma del contratto nazionale”. È uno dei passaggi cruciali della relazione con la quale il segretario generale di Nidil Cgil, Claudio Treves, ha aperto il congresso nazionale che si svolge a Napoli (10-12 dicembre). Al centro del dibattito, i cambiamenti legati all’innovazione tecnologica che crea nuove precarietà – dagli e-commerce come Amazon ai riders – insieme alle criticità storiche del mercato del lavoro italiano, con due parole chiave: inclusione e riscatto. Una sfida enorme per la categoria che da vent’anni in Cgil rappresenta e tutela i lavoratori atipici: somministrati, collaboratori e autonomi, da cui giungono al sindacato richieste sempre più pressanti.

Nidil si presenta al congresso forte di 104.368 iscritti – ben 40 mila in più rispetto al precedente – dopo quasi 400 assemblee, molte delle quali svolte insieme alle categorie. “È la dimostrazione – osserva Treves – che non è vero quanto pontificano i mitici ‘esperti di sindacato’, a volte ex sindacalisti, secondo i quali noi saremmo inesorabilmente novecenteschi e pertanto incapaci e inadeguati a rappresentare il cosiddetto nuovo che avanza. Balle, per dirla in modo spiccio. Con fatica, perché niente ci è regalato, ma è proseguito in tutti questi anni un lavoro di estensione e consolidamento della nostra rappresentanza, dimostrata da oltre cento Rsa e Rsu che operano nella somministrazione”. In effetti non è banale ricordare che le categorie che hanno chiuso il tesseramento 2017 col segno positivo sono Nidil, Filcams e Flc, ossia le antenne della Cgil nei settori dove maggiore è il ricorso al lavoro precario e temporaneo. “Siamo nelle condizioni di misurarci con l’evoluzione dei tempi; che non lo facciamo ancora adeguatamente è chiaro a noi per primi, e dovrebbe essere oggetto di questo congresso interrogarsi su come farlo”.

Un segno positivo, sottolinea il dirigente sindacale, “è il superamento tra noi di antiche discussioni sui titolari di partite Iva, che molto prosaicamente possiamo considerare lavoratori il più delle volte deboli, ma comunque bisognosi di essere in primis informati, molto spesso sostenuti riguardo agli adempimenti. Là dove si riesce contrattualmente, dobbiamo includerli nei sistemi di tutela esistenti”. Ma al di là di questo, aggiunge Treves, “non possiamo più permetterci di navigare ogni categoria come se fossimo in universi paralleli, inconsapevoli degli effetti di sistema delle nostre firme. Il vecchio criterio di definizione ‘merceologica’ delle sfere d’applicazione dei contratti nazionali va ripensato. E dato che i patti si firmano in due, occorre rilanciare con determinazione l’idea della verifica e certificazione della rappresentanza dei datori di lavoro come delle organizzazioni dei lavoratori: è un’esigenza “di sistema” e non una fisima di qualcuno. Confindustria lo ha convenuto, Confcommercio lo sostiene da tempo, non resterebbe che farlo promuovere dalla politica”. 


Un momento della relazione introduttiva di Claudio Treves

A tal proposito, il giudizio sul governo è molto duro. “Dobbiamo inchiodarlo a rendere conto di quanto sta facendo, costruire su questo lo spazio per far scattare le mobilitazioni”, incalza il dirigente sindacale. Perché a suo giudizio i tre nodi più cari alla Cgil – decreto dignità, quota 100 e reddito di cittadinanza – tradiscono completamente le aspettative. Manca, poi, “un’azione normativa di salvaguardia dall’invasività della tecnologia, non solo rispetto al lavoro, ma alla vita stessa, che valga a monte della distinzione tra lavoro dipendente e non, superando in questo modo le sentenze di Torino e Milano sui riders di Foodora, la quale assorbita da Glovo può tranquillamente eludere i vincoli comunitari di informazione e salvaguardia dell’occupazione”. Sempre a proposito dell’esecutivo, sono da stigmatizzare sia le politiche sull’immigrazione (“qui il governo mostra il suo lato peggiore, siamo oltre il livello di guardia”) sia quelle sul Mezzogiorno legate alla legge di bilancio e al dilagare delle richieste di autonomia, nelle quali si giunge persino a ipotizzare contratti collettivi regionali: “Si dimostra una volta di più l’importanza della piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil, che rappresenta davvero un’alternativa progettuale al disegno governativo”.

Una parte importante della relazione, si diceva, è dedicata al prossimo rinnovo contrattuale. “Innanzitutto va rimarcata la costruzione della piattaforma e la conduzione del negoziato, svolte entrambe in modo unitario fino alla fine. Va invece ascritto alla miopia delle controparti se il negoziato si è trascinato per due anni”. Ora comunque, sottolinea Treves, “si profila un rinnovo che ha al centro la continuità occupazionale da conseguire da un lato rideclinando le tutele dei rapporti a tempo determinato e dall’altro rafforzando quelle dei tempi indeterminati, promuovendo la possibilità per le nostre strutture di costituire accordi in cui la continuità occupazionale si realizzi anche con il sostegno della bilateralità contrattuale. Nelle prossime settimane – annuncia l’esponente della Cgil – contiamo di concludere il negoziato: dobbiamo lanciare una grande campagna a livello nazionale sulla stabilizzazione dei lavoratori in somministrazione, anche per evidenziare il valore pratico, oltreché politico, del futuro augurabile rinnovo”.

In conclusione, il passaggio sul congresso Cgil. Per quel che riguarda i voti, l’andamento della categoria rispecchia quello generale: il documento “Il lavoro è” ha raccolto il 98,34 per cento dei consensi, a fronte dell’1,66 per cento di “Riconquistiamo tutto”. Treves ne parla da segretario uscente, precisando alla platea che si chiude qui il suo percorso sindacale lungo 46 anni, per raggiunti limiti d’età, secondo le disposizioni statutarie. Oltre quattro decenni di impegno nella Cgil, i primi tre da esterno, poi ininterrottamente nell’organizzazione dal dicembre del 1976. “Confermo qui – precisa – che nel direttivo confederale ho sostenuto con convinzione la proposta di Maurizio Landini e dell’attuale segreteria, salvo le uscite statuariamente previste, quale futuro segretario generale e segreteria per questa Cgil e per questi tempi”. Ma il suo commiato vuole essere soprattutto un richiamo all’unità: “Ciò che la Cgil non potrà mai smarrire è la sua natura di casa comune plurale di visioni, esperienze e sensibilità: il punto, perdute le affiliazioni di partito sempre meno presenti anche tra i nostri iscritti, è come saper far comunicare queste diversità in una ricerca costante della sintesi. Questo è ciò che è mancato in queste settimane, ed è questo che va testardamente ricercato, non nel senso banale di distribuzione di posti, ma nel senso alto di sentirsi un collettivo, in cui a ciascuno è richiesto di esprimere i propri convincimenti senza mai farli diventare monolitici, ma sempre aperti agli avanzamenti di una discussione collettiva. Se vogliamo rifarci ai nostri padri nobili, questo è l’insegnamento di Bruno Trentin, e sta, starà a tutti noi, a tutti voi esserne degni”. 

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