Ieri l’Istat ci ha spiegato che il tasso di occupazione continua a crescere. Più 457 mila nuove unità rispetto allo stesso periodo del 2017, con la disoccupazione che è scesa ai livelli del 2012, al 10,7%. Aumentano le donne che lavorano, i giovani e soprattutto gli ultra cinquantenni. Dati così positivi, anche se sempre da penultimi della classe nel panorama europeo, che in molti li hanno commentati festosamente, attribuendo al Jobs Act il merito di aver fatto aumentare il lavoro.

Ma cosa vuol dire esattamente che il lavoro è aumentato? 1 ) Che aumenta il numero degli occupati, definizione che per l’Istat corrisponde a coloro che hanno più di 15 anni e che nella settimana di riferimento abbiano svolto almeno un’ora – un’ora! – in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura; 2) che aumentano le persone che lavorano per un numero di ore e con un reddito che consenta loro la sopravvivenza.

Per molti c’è una relazione diretta tra l’aumento dell’occupazione e l’aumento del lavoro. Per altri la relazione è meno diretta di quanto sembri. Di certo c’è che, come ha evidenziato di recente la Fondazione Di Vittorio in un suo studio realizzato con Tecnè, in questi ultimi trimestri l’occupazione è tornata ai livelli pre-crisi, ma sono crollate le ore di lavoro, con un saldo negativo di ben 693 milioni di ore per trimestre di riferimento.

Quindi, più occupati che però lavorano molte meno ore, tanto che, sempre secondo la Di Vittorio, a parità di occupati, mancano all’appello oltre un milione e 200 mila unità di lavoro equivalenti a tempo pieno. Tante. Altri fanno notare che ogni 100 nuovi occupati, ben 95 sono precari, quattro autonomi e solo uno a tempo indeterminato. Senza contare che la crescita riguarda ancora una volta, e in particolar modo, gli ultracinquantenni. Un dato che non si può scollegare agli effetti della legge Fornero.

In un Paese sempre più sfiduciato e con i giovani che non riescono a crearsi un futuro, non basta guardare all’occupazione Istat per dire che tutto va bene e che siamo fuori dalla crisi, perché con un’ora di lavoro la settimana, anche se ben retribuita, il problema della disoccupazione non è davvero risolto.